Monday, 19 April 2021

Scuola è una presenza che colma la distanza

La scuola, oggi, non può essere distratta di fronte al contesto mondiale. C’è, invece, chi è rimasto, non solo distratto, ma ha volutamente chiuso gli occhi, ormai da troppo tempo, di fronte alla scuola, agli alunni, agli insegnanti e alle famiglie.

Partiamo dall’ultimo e più eclatante esempio: per il nostro governo, l’atto di chiudere o riaprire le scuole è stato solo una conseguenza della decisione di aprire o chiudere le attività produttive, come se l’educazione non avesse nessuna priorità o, meglio, nessun guadagno immediato. Davvero ci siamo lasciati convincere che la chiusura delle scuole sia a costo zero? Non abbiamo sperimentato già abbastanza quanto abbiamo perso in termini di umanità, relazioni, conoscenza e condivisione, solo per citarne alcuni? Non abbiamo visto accentuarsi e incrementarsi le disuguaglianze che già troviamo sui banchi?

Ancora una volta, uno Stato inefficace ha costretto i suoi cittadini a dover scegliere tra due dei diritti fondamentali della persona, che sembrava non potessero coesistere al medesimo tempo: il diritto alla salute o il diritto allo studio?

Una volta assodato che, nelle scuole, le disposizioni per fare fronte a questa pandemia sono state messe in atto in modo efficace, era forse necessario che la scuola si preoccupasse anche di colmare la distanza con azioni educative, doposcuola, proposte di lavoro didattico in strutture e luoghi di incontro, ovviamente nei limiti consentiti. 

Ancora una volta, con la didattica a distanza è stata sacrificata la scuola, come se questa importante decisione non abbia avuto alcuna conseguenza. Certo sì è ritornati alla vecchia “lezione frontale”, al nozionismo, abbiamo “dato una lezione” ai nostri studenti, ma non abbiamo “fatto scuola”. 

La scuola (quella italiana, per lo meno) continua ad avere due problemi fondamentali: è, innanzitutto, e inverosimilmente, una scuola non democratica, che boccia ed esclude i poveri. È, infatti, una scuola che allarga le disuguaglianze e che è diventata terreno di competizione, invece che di cooperazione. Le bocciature e gli elevati tassi di dispersione scolastica, che riguardano in larga misura studenti di bassa estrazione sociale, costituiscono la punta di un iceberg fatto di disinteresse per gli studenti e di apprendimenti che non rispondono alla domanda di realizzazione di un giovane.

In secondo luogo, la scuola vive ancora di un tipo di insegnamento che si concentra sul nozionismo e prescinde dalla persona. La scuola non deve soltanto istruire, ma anche e soprattutto educare, cioè avere a che fare con la vita dei bambini e ragazzi, delle loro famiglie e del loro rapporto con il mondo. Non può essere staccata dalla loro vita!

Crediamo, quindi, che l’educazione non possa prescindere da una presenza, da un rapporto, perché è la trasmissione di un’esperienza di una persona a un’altra. È una trasmissione di umanità, che coinvolge in primis l’educatore (sia esso l’insegnante, il dirigente, l’educatore, il genitore).

Occorre dare, perciò, maggior credito all’educatore, riqualificare il suo lavoro; occorre valorizzare il modo di lavorare di quegli insegnanti che riescono ad essere per i ragazzi “un’autorità”, cioè una persona la cui vicinanza faccia sentire il giovane più grande, più adulto e più libero. Occorre sostenere quegli educatori che lavorano per rendere le conoscenze dei giovani significative e critiche. Occorre promuovere quelle azioni educative che aiutino i giovani a prendere scelte libere: scambi culturali, progetti comuni che educhino al lavoro in comunità, momenti di dialogo sul senso della realtà che i ragazzi osservano e studiano. Queste sono solo alcune delle esperienze che devono essere sostenute e tutelate, oggi più che mai!

La scuola non è una start-up. La conoscenza non può essere ridotta a delle competenze da attivare sul mercato del lavoro. Non dimentichiamolo: la conoscenza è, prima di tutto, un incontro.



 

Thursday, 12 November 2020

Feliz cumpleaños ICTE!

Oggi festeggiamo il 30^anniversario dell'Università ICTE, istituto científico técnico y educativo, fondato nel 1990 dal professor Giovanni Riva a Città del Messico. Auguri!

Friday, 10 July 2020

Il cristianesimo in Giappone di Angela Volpe per l'Urbaniana University Press

E' possibile vedere la presentazione del libro della professoressa Angela Volpe, edito da Urbaniana University Press, con la società Dante Alighieri, a questo link:

Il cristianesimo in Giappone. Storie di coraggio e dolore


"Nel 1981, mentre frequentavo l'Istituto Universitario Orientale di Napoli, mi imbattei in un testo dello storico inglese Ch.R. Boxer, The Christian Century in Japan, del 1951. Fu la scoperta di un mondo totalmente sconosciuto, perché nessuno, fino ad allora, mi aveva parlato della storia del cristianesimo del Giappone e dei martiri, innumerevoli, - a tutt'oggi non si sa con precisione quanti siano stati - che ci furono dal XVI al XX secolo" (da La Missione in Giappone. Gli inizi, p. 11).



Angelina Volpe è nata ad Agropoli nel 1959. Dopo aver conseguito nel 1983 la laurea in Lettere e Filosofia (indirizzo orientale) all'Istituto Universitario Orientale di Napoli, ha ottenuto il dottorato in Missiologia nel 1989 alla Pontificia Università Gregoriana, con una tesi sui cristiani "nascosti" del Giappone (Kakure Kirishitan). Vive in Giappone da 26 anni, dove insegna, all'università cattolica Nanzan, materie come: Studi cristiani, Religioni e civiltà, Antropologia cristiana e Dignità della persona. E' membro dell'associazione internazionale di fedeli Opera di Nàzaret, riconosciuta da Giovanni Paolo II nel 1999. Tra le sue pubblicazioni: I Kakure, Nososha, Tokyo, 1994; Koe, ningen to sono tamashii (La voce: l'uomo e la sua anima), Don Bosco, Tokyo, 1996; 20 seiki no seija (i santi del ventesimo secolo), Don Bosco, Tokyo 2010; Quattro cristiani, Officina delle 11, Agropoli 2014. Tra le traduzioni: Giovanni Riva, Iesu wo shiru tame ni (Per conoscere Gesù), Don Bosco, Tokyo 1999. Dello stesso autore Chiisana kirisu-tokyo ningengaku (Piccola antropologia cristiana), Don Bosco, Tokyo, 2001. 

Tuesday, 30 June 2020

#maicosìvicini con le Biblioteche di condominio

Biblioteche di condominio

Venerdì 17 aprile 2020, dopo circa un mese dal'inizio della quarantena, un gruppo di volontari dell'associazione ISI - I Sant'innocenti, per lo più insegnanti, educatori, studenti universitari, giovani desiderosi di potersi rendere utili nelle necessità che la circostanza chiedeva, hanno cominciato questa semplice, ma entusiasmante attività delle "Biblioteche di Condominio". #maicosìvicini# è stato lo slogan e il titolo che abbiamo voluto dare a tutte le iniziative messe in campo da ISI nell'emergenza covid-19, quando la necessità, doverosa, della distanza sociale sembrava aver sostituito l'interesse per il "mio vicino", per chi è meno fortunato di me, per chi sta vivendo questo lockdown con estrema difficoltà.  Davanti all'invito "io resto a casa" tanto proclamato dai media, e sicuramente giusto per la sicurezza di tutti in questo periodo, abbiamo pensato che cosa potesse significare un tale invito per bambini e anziani, per chi vive in case di pochi metri quadrati (e magari pure in una famiglia numerosa), per chi a "casa" non ci sta bene per gravi motivi e situazioni spesso precarie e disagiate, sia a livello economico che a livello sociale.

E allora organizziamoci per farci "vicini" di casa davvero a tante situazioni di bisogno! per condividere la situazione drammatica di tanti, per far sentire meno soli e annoiati i bambini, meno soli e non ascoltati gli anziani e, perchè no, perchè la "distanza sociale" non diventi "menefreghismo".

 

Questo è il racconto di un lavoro concreto, fatto di tanti aspetti e necessità concrete, che hanno richiesto una seria organizzazione, una suddivisione dei compiti, un impegno del proprio tempo e una gratuita e lieta disponibilità. 

Dopo aver verificato la possibilità di poterci muovere, conformemente alla normativa e con il supporto del Centro Servizi per il Volontariato Emilia DarVoce, che ci ha fornito anche mascherine, disinfettante e autorizzazioni alla circolazione, abbiamo cominciato la diffusione del volantino sia sui social media che nei luoghi interessati (supermercati, studi medici, farmacie e ospedale, nei pochi negozi aperti, ecc). 

La prima necessità, da "buoni vicini" di casa, è stata quella di offrirsi per andare a fare la spesa ad anziani timorosi di uscire, a prelevare ricette mediche e ritirare medicine in farmacia etc. 

Fortunatamente nel comune di Reggio Emilia, per il servizio di spesa a domicilio, si sono via via attivate anche molte altre associazioni e quindi, coordinandoci con loro, abbiamo avuto la possibilità di dedicarci in modo particolare ai bambini e alle famiglie delle zone più "disagiate" della città.

Come andare incontro alle necessità dei bambini e ragazzi che, in certe zone di Reggio Emilia, vivono in grandi palazzi/condomini e che hanno poche possibilità sociali, economiche e culturali? Come “alimentare” la loro umanità, umanità che, a maggior ragione nei giovani, è totalmente protesa a accogliere ogni provocazione e ogni esperienza gli si propone? Molti di noi, insegnanti, stavamo vivendo in prima persona il peso della didattica online e ben consce del disorientamento sociale e della perdita di approcci educativi che questo avrebbe significato per tanti bambini e ragazzi in difficoltà, abbiamo pensato ai libri: bookcrossing, prestito sospeso, biblioteche chiuse, impossibilitati economicamente agli acquisti online, ripiegati sui tablet e smartphone... perchè non fare arrivare in tutte le case dei libri per i bambini più piccoli, romanzi e racconti per i più grandi, storie per tutti?

 

Inizialmente ci siamo impegnati a fare chiamate tra amici e conoscenti per raccogliere libri e giornalini; settimanalmente abbiamo selezionato i libri, che sono stati disinfettati e suddivisi in cassette, tenendo presente le varie fasce di età, e consegnati nei condomini, preoccupandosi di cambiarli e disinfettarli ogni settimana. I libri, suddivisi in buste di plastica disinfettate, nelle cassette, erano corredati di segnalibro che indicava le istruzioni della "Biblioteca di Condominio" e indicava la data del ritiro/cambio della stessa.

Per potere svolgere questo lavoro è stato di grande aiuto l'appoggio prestato da ACC.QUA (Accademia di Quartiere) associazione, rinnovata dallo scorso settembre, che ha dei bellissimi locali in via Paradisi e che ci ha messo a disposizione per permettere la raccolta delle cassette, la sanificazione dei nuovi libri, la ridistribuzione e che ha coinvolto anche altri amici che si sono resi disponibili a lavorare con noi come volontari.

 

Il lavoro è iniziato in pieno lockdown: si respirava tra i volontari la felicità di poter uscire per impegnarsi in un lavoro rivolto all’altro, che valorizzi la lettura, come strumento non solo per uno sviluppo didattico, ma anche per una crescita personale; la felicità di incontrarsi con colleghi insegnanti, giovani universitari e volontari, per mettersi a disposizione delle necessità, organizzandoci in piccoli gruppi per poter portare la cassetta con i libri in più palazzi possibile.

 

Il giornaliero confronto, per poter migliorare il nostro lavoro e per affrontare le criticità che si presentavano, ci ha permesso di mantenere vivo il desiderio di offrire un servizio il più possibile utile e facilmente usufruibile dai giovani e dalle famiglie con bambini.

Il libro è una grande risorsa "sociale"; ha staccato bambini e ragazzi per un po' da marchingegni elettronici, ha aiutato mamme a dare qualche spunto educativo ai bambini e, alle volte, ha aiutato anche un po' la mamma stessa a imparare meglio l'italiano, ha dato interesse anche agli anziani che, un po' come i bambini, sono ancora curiosi di conoscere, di leggere, di sapere un po' di tutto...

 

 Nel giro di qualche settimana è stata "coperta" la zona di via Turri, via Paradisi, via Monte san Michele. Poi, un pomeriggio, consegnando cassette in via Turri, una signora ci ha chiesto perchè non portavamo i libri anche a casa sua, per i suoi bambini e i suoi vicini: e allora abbiamo "allargato il giro" con alcuni civici di via Emilia Ospizio e di via Cellini.

Dopo la prima raccolta di libri, aggiungendosi più condomini e volendo anche dare "ricambio" ai libri delle cassette, perché potessero usufruirne sempre più persone, abbiamo nuovamente dialogato con le altre associazioni e enti che in questo momento erano impegnate sull'emergenza; grazie a Dar Voce, Re Mida ci ha donato una cassetta di libri, la Cooperativa DORA ci ha donato tanti altri libri; i genitori della scuola materna Miro si sono organizzati per raccogliere, tramite una volontaria, altri libri.

L' attività ha visto tante belle e importanti donazioni e aiuti da parte di tutti: una famiglia ci ha richiesto una cassetta vuota, questa volta non per fornire libri al suo condominio, ma per raccoglierne da donare ad altri. Hanno spiegato ai condomini la loro iniziativa e hanno messo la cassetta all'ingresso del palazzo in modo che tutti potessero dare libri.

 

La "distanza sociale" ha, quindi, dato il via a una rete di nuovi rapporti tra volontari e famiglie, tra famiglie dello stesso condominio, tra volontari di diverse associazioni, tra amici che hanno coinvolto altri amici nella raccolta di libri, nella distribuzione delle cassette, nella sanificazione, nella pubblicità.

Con la fine del lockdown e la chiusura delle scuole abbiamo deciso di non sospendere questa attività, ma di evolverla: per invitare la gente a riprendere l'attività nella normalità (o quasi), in collaborazione con ACC.QUA abbiamo allestito una biblioteca presso il centro di via Paradisi dove i libri sono consultabili da tutti e a disposizione di tutti. La storia quindi continua…


a cura di The Great Teachers


Monday, 29 June 2020

Andrea Romani a ICTE: Educación como Desarrollo Humano (quarta parte)

“EDUCERE”


La palabra educación deriva de “ex” (que quiere decir “de” o “desde”) y de “ducere” (que quiere decir “conducir” o “guiar”). El sentido sería él de “conducir afuera, sacándolo desde adentro”, o de “sacar afuera”. Por lo tanto, educar al hombre sería “sacar afuera el hombre”, hacerlo crecer: hacer surgir el hombre total, que ya está presente, come germen. 


Nuestros antepasados, utilizando este término seguramente ya habían entendido cuales podían ser los errores más graves de una falsa educación. Los hemos visto: el escepticismo (la duda sistemática), el individualismo (la ausencia de relaciones estables), la imposición (poner arriba una carga) y la oposición (poner algo en contra). Con esta inteligente y visual palabra (“sacar afuera”), se eliminan todas estas posturas erróneas, porque se elimina el hecho de que el adulto pueda “poner adentro” algo en el joven. 


La educación no es un llenar al joven de nociones, un “poner adentro”, sino un “sacar afuera”. El máximo error, que sintetiza los errores de todas las falsas educaciones, es el “poner adentro”; y, muchas veces, con el auxilio de fuerzas impositivas de distinto tipo. Se pretende poner, adentro del corazón, de la mente y de la consciencia del joven, algo que nos parezca importante y necesario. 


El “poner adentro” incluye oposición, siendo que el joven ser humano no está hecho para que se le ponga adentro algo, sino porque se le saque lo que él tiene que ser. El “poner adentro” incluye también imposición, porque el joven será “llenado” según lo que dicen algunos programas o algunas ideologías ya hechas. El “poner adentro” incluye escepticismo, siendo que un maestro pone adentro su idea y otro maestro una contraria, así que el joven duda de cuál sea la verdad. El “poner adentro” incluye individualismo, porque es un nocionismo en el cual reina el desinterés del maestro por la humanidad del alumno. 


Nosotros, la mayoría de las veces, no tomamos en cuenta el hecho que el joven ya tiene en sí mismo las semillas de todas las verdades. Nosotros, seamos padres o profesores, no somos los dueños de la consciencia y de las verdades conocidas por un hombre. 


Por lo tanto, para traducir la palabra “educación” en el contexto de hoy, yo tendría que utilizar un término sintético que exprese la compañía de ayuda desinteresada que pueda establecerse entre un hombre adulto y un hombre más joven. El hombre adulto (que habíamos llamado “provocador”) acompaña al joven hacia su personal destino y su propia realización. La palabra “acompañar” (o “acompañamiento”) podría ser la que mejor substituya, para entendernos, la palabra “educación”, identificando la relación educativa en su esencia. 



AUTORIDAD y ALUMNO


El proceso educativo que, por todo lo que hemos visto, es una relación humana se compone de dos factores: la autoridad y el alumno. 

 

El provocador, presencia importantísima para la educación, se llama, tradicionalmente, “autoridad”: y seriamos nosotros adultos, padres y maestros. Sé que la palabra “autoridad” conlleva consigo muchas falsas interpretaciones y muchos abusos. Pero, la raíz latina de esta palabra es muy hermosa: se deriva del verbo “augeo”, que significa “aumentar”, “hacer más grande”, “hacer crecer”. Por lo tanto, esta palabra se une magníficamente con la otra (“educación”): la autoridad no es aquél que impone o pone a fuerzas algo adentro, sino es aquél que hace crecer el germen que hay adentro. 


Podríamos substituir la palabra autoridad, si a ustedes les parece, con la palabra “provocación” o con la palabra “compañía”, que tal vez se ven menos deturpadas en la historia de sus utilizaciones. Podríamos decir que la educación es un acompañamiento provocativo. Una compañía es algo vivo y viviente, algo comprometido contigo, algo que se interesa por ti, algo plenamente humano, y, por lo tanto, algo provocativo. Una compañía provocativa saca lo que está adentro, lo que no llegaría a su madurez si nada de externo lo provocara.


Hablo del alumno por segundo, pero él tiene el primer lugar. El alumno es el centro del proceso educativo: es alrededor del joven que se mueve este humilde trabajo. Espero que ustedes no pongan jamás su persona o su cabeza al centro en algo educativo. La guía consiste en el servicio desinteresado, que no quiere ni recompensas ni agradecimientos. Cuando un joven se vuelve grande y hace su propia vida, deberíamos poder decir: “somos siervos inútiles”. 


La palabra “alumno” se deriva también del latín: de “álere”, que significa “respirar”; de aquí, entendemos también la palabra “aliento”. El aliento era, para los antiguos, el signo propio de la vida; el temblar de una vela encendida bajo la nariz daba el signo de la presencia de un cuerpo todavía viviente. El alumno es aquél que desea la vida, que busca la vida, que está en vías de desarrollar siempre más su vida, su personalidad, su libertad. 


Si el alumno es el centro de la relación maestro-alumno, el fin de toda educación es que se desarrolle en él la vida en su plenitud. La vida en su plenitud es la libertad. El fin de la educación es que maduren hombres libres. Esta perspectiva hace cambiar la manera de ver una escuela y pone una cierta sombra de sacrificio en nuestras tareas de educadores, siempre en peligro de ser posesivos y de manipular. 


PROPUESTA 


En la edad evolutiva hay muchos y repentinos cambios y llega el momento en el cual el padre o el maestro tienen que dejar que el joven se aleje siempre un poco más de ellos, para que pueda averiguar lo que aprendió, para que pueda darse cuenta de la realidad, para que pueda aplicar las verdades conocidas, para que pueda ponerlas a la confrontación con los demás. Esta lejanía es, en realidad, una apariencia de lejanía: el joven se va a sentir, si lo dejamos libre (siguiéndolo como con la cola del ojo y siempre estando disponibles a él y queriéndolo), más unido con nosotros, más amigo, más ligado también afectivamente. 


Los dos factores (autoridad y alumno) están en relación entre sí. Esta relación es un camino en el cual, a la vez, como hemos visto, progresan los dos y, en particular, el joven logra su libertad de hombre adulto. En este camino, se necesita mucho ánimo por parte de la autoridad: el joven es un ser en acción, necesita que le usemos paciencia; que le dediquemos tiempo; que nos apliquemos a los problemas de su vida; que seamos al mismo tiempo exigentes e indulgentes. Necesita, sobre todo, que confiemos en su responsabilidad y en su libertad. 


En la edad en que, crecido el niño, se despierta la libertad del adolescente, él encuentra, en su relación con el educador, no únicamente verdades científicas, sino también valores (o sea verdades que valen para la existencia humana como tal). El niño pequeño no se hacía problemas sobre ellas: le pasaban como por ósmosis del contacto con sus papás y sus maestros; el adolescente, al contrario, empieza a ponerlas en duda, a meterse en problemas, a confrontar, a buscar afuera, a ver si hay un camino verdadero. Es aquí en donde más vale todo lo que hemos dicho hasta ahora.


La mejor postura (siendo que yo, padre o maestro, no podría no ser lo que soy, ni mostrarme a él como “neutro” y sin valores) es la de la “propuesta”. Se trata de una propuesta a la libertad. Hay momentos en que el joven pondrá en crisis todo lo que le hemos dado; y, si le hemos impuesto algo, se rebelará. Si le hemos propuesto lo que somos en libertad, apreciará y amará quien le dejo la libertad de elegir, aun si él se ira por un camino de valores distinto de lo que le habíamos propuesto. La gran lucha de un educador es que él trabaja para la libertad.


Los educadores realizan la tarea más grande de la vida, es una aventura y un arte al mismo tiempo. Ser una compañía provocativa hacia una humanidad libre y responsable. No deserten su tarea; la necesitamos. Por mi parte, creo que, para un hombre, haber cumplido esta tarea sea su más rica herencia y su más grato testamento para sus hijos, alumnos y todos.


Thursday, 25 June 2020

Andrea Romani a ICTE: Educación como Desarrollo Humano

LOS DESERTORES


En la historia que les conté, los dos ancianos, padres o abuelos que fueran, eran incapaces de ejercer una tarea de provocadores, mudos y enfermos como eran. Tomándolos como hipótesis de trabajo, la niña no se desarrollaba. A partir de este triste caso negativo, se prueba la verdad de lo que hemos descrito. 


Lastimosamente hoy hay padres que no son como los dos de la novela y, sin embargo, desertan sus responsables tareas de provocadores. Hay padres que prefieren desertar su tarea de responsabilidad educativa, tomando la fácil y cómoda excusa de no ser capaces. Sin embargo, la regla natural según la cual se entiende adhiriendo vale también para los papás; la provocación es reciproca. 


Hay otros que, en la tarea educativa, esperan siglos, mientras que el tiempo es ahora. No es posible que el niño vea y entienda antes de hacer o de adherir. Tampoco es posible que el joven actúe de manera correcta únicamente actuando por su cuenta. A veces, hay genitores y nada más, o sea hay unos que engendraron únicamente los hijos, sin interesarse ni de darles de comer. Otros les dan de comer y mucho más, pero a condición de que no molesten con sus muchos problemas. Algunos, los dejan muy libres, pero de una libertad que los hijos mismos interpretan, en los momentos de sus crisis de adolescentes, como desinterés. Otros les dan carro y dinero, y les consiguen una buena carrera profesional, pero sin darle un sentido para la vida. La verdad es que es muy incómodo, para unos padres (y también para unos maestros), tomar en serio su tarea educativa, porque tendrían que ponerse a revisar su propia vida, ya instalada y bien fija. 


No se confundan: la provocación educativa de los padres no tiene que coincidir, a parte unos casos muy graves y a parte la primera edad, con una cercanía física constante, la cual puede a veces demostrar una actitud muy negativa y obsesiva.  


La provocación educativa inscrita en la naturaleza tiene su punto de partida en un amor gratuito. Es un amor desinteresado, que ofrece su servicio sin nada pretender, que ofrece ayuda, que pone remedios donde se necesiten, que no es movido por interés o por una correspondencia celosa, que sabe expresarse en formas distintas según las edades y los distintos caminos. Sobre todo, diría yo, es el estar “enamorado” del destino bueno de la vida del otro, de su preciosa libertad y de su responsabilidad delante de la historia y de la humanidad. 


Todo esto implica el misterio del ser humano; y pone delante del adulto su tarea primera, la de revisar su propia existencia y, en todo lo necesario, cambiar manera de actuar, para no desertar de ser provocadores a la vida: esto nos dice la misma naturaleza. 



LA LIBERTAD


Estamos viendo lo que nos dice la naturaleza sobre nuestro tema educativo. No hay nada que pueda mejor sugerirnos criterios. La experiencia de la naturaleza, que es parte de la experiencia personal de todos, es algo común a los hombres de cualquier época y de cualquier raza. 


Otra cosa que nos sugiere la naturaleza es que la provocación no puede ser oposición (poner algo contrario), ni puede ser imposición (poner algo arriba, como un peso o una carga. La provocación verdadera es un amor; por lo tanto, no puede ser oposición, no puede ser ponerse en contra de algo que hay en el otro. 


Todos recordarán con mucha lástima aquellos maestros que, con sus palabras, los mortificaron, por como le costaba escucharlos, los temían, no tenían ganas de seguirles. Al mismo tiempo, permanece en los recuerdos la cara de aquella maestra de la que nos dábamos cuenta que nos quería y de ella, de su sonrisa y de sus miradas, habríamos podido aprender todo. Creo que sea experiencia de todo alumno la de no lograr aprender bien una materia impartida por un profesor “antipático” (en latín, quiere decir “contrario a mis sentimientos”). 


Tampoco ha de existir imposición: la provocación es una propuesta, no se puede imponer. Hay casos, raros, en los cuales puede darse un gesto excepcional y necesario, como lo es él de intentar las formas para obligar el niño a tomarse la medicina que no le gusta o alejarlo mientras pondría los dedos en una toma de corriente eléctrica (es el caso de daños graves para el joven mismo o los demás). Un gesto impositivo de este tipo, sin embargo, no puede ponerse jamás para satisfacer un deseo de afirmación de un poder, es algo que puede darse únicamente dentro de un contexto ya existente de relaciones de amor. Afuera de estos casos límites, la imposición contradice la naturaleza y la misma experiencia razonable de cualquier hombre. 


Lo que desearía que quedara claro es que una verdadera provocación educativa hacia el desarrollo de una persona no puede existir si hay oposición o imposición. Ambas provocan un rechazo, porque la consciencia del joven no participa al proceso de madurez. Hasta cuándo estará obligado, aceptará. Pero, llegado el momento en que podrá moverse por su cuenta, se rebelará a todo lo que había aceptado sin querer, por imposición u oposición. La naturaleza del proceso educativo exige un clima de libertad.