Wednesday, 27 January 2016

Az ikh broykh nisim! (Ho bisogno di un miracolo!) - Giorno della memoria 2016

Titolo: La memoria dei fiori
Autrice: Rywka Lipszyc
Pagine: 196 pp.
Editore: Garzanti

È l'aprile del 1944, l'ultima neve del lungo inverno polacco attanaglia ancora le vie del ghetto di Lódz: i fiocchi candidi scendono sulle nere e informi divise degli operai ebrei che lavorano per i nazisti. Ma c'è un fragile fiore che, in questo paesaggio desolato, con tutta la forza cerca di sbocciare. Rywka Lipszyc ha solo quattordici anni. Ogni giorno deve farsi strada tra le recinzioni di filo spinato, incalzata dalle armi dei soldati e dagli ululati laceranti dei cani. Dopo la morte dei genitori, è lei a prendersi cura della sorellina Cipka. La sua città, la casa che tanto amava, gli amici di scuola, sono ormai un pallido ricordo; al loro posto ci sono il lavoro, il freddo, la fame, gli orrori del ghetto e della segregazione. In mano Rywka stringe l'unica cosa che è rimasta veramente sua: il suo diario, l'unica illusione di speranza e di salvezza da un nemico che, semplicemente, vuole che il suo popolo smetta di esistere. In queste commoventi pagine prende vita il ritratto di una bambina costretta ad affrontare l'impossibile compito di crescere in un mondo dominato dalla violenza e dall'ingiustizia. Ma Rywka deve resistere. Per sé, per la sua famiglia, per le tante persone che, a rischio della loro stessa vita, ogni giorno le offrono aiuto. E l'unico modo per resistere è non smettere di sperare: la libertà per sé e per Cipka, una casa, un piccolo studio avvolto dall'ombra della sera, una penna, qualche foglio bianco per coltivare la sua più grande passione, la scrittura.

Chi è Rywka quindi? E' una ragazzina grintosa che, nonostante abbia perso prima i genitori, poi gli zii e i fratelli, resiste con la sorella minore e tre cugine maggiori nella lotta quotidiana per la sopravvivenza. Rywka non viene deportata subito, a differenza dei due fratellini, perché viene impiegata tramite conoscenti, lavora per molte ore al giorno in un laboratorio tessile per poter provvedere almeno in parte a sé e alla sorellina Cipka, sebbene la fame sia un pensiero ricorrente che rende quasi disumani anche i rapporti con le giovani cugine.
Rywka è una fervente giovane ebrea che trova forza e rifugio in Dio, nonostante le avversità si appassiona alla religione e ai dibattiti delle ragazze più grandi, guidate da una giovane insegnante. Si sente impotente di fronte a quanto le capita di vedere e la vita nel ghetto, dopo anni, la annienta.
Il diario si interrompe nella primavera del 1944 e si sa che Rywka verrà deportata ad agosto con il resto della famiglia. Cosa le è successo dopo?

Ricerche condotte da diversi studiosi e membri della comunità ebraica sono riuscite a ricostruire il contesto nel ghetto di Lodz prima e i primi spostamenti di Rywka e le sue cugine dopo la deportazione. Ad un certo punto, però, le tracce di Rywka si perdono, non risulta tra i deceduti e quindi non si può che sperare che sia sopravvissuta.
Ancora un libro per non dimenticare e magari per sperare ancora. Le ultime parole lasciateci dalla giovane Rywka, infatti, sono di speranza, anche solo perché la primavera era finalmente giunta dopo il gelo e la neve. “Ieri c’era nell’aria profumo di primavera. Ora è tempo di vivere. Vivere!”.

Quello che impressiona sono le descrizioni che Rywka fa della sua città, che contava 175.000 abitanti nel solo ghetto ebraico nel 1940, di cui 1000 morti di fame nel 1941, 2000 nel 1942 e gli altri deportati tanto che dopo la guerra i sopravvissuti erano 800 persone circa. Le sue parole richiamano alla memoria il racconto sentito la scorsa estate da un giovane siriano, arrivato da 4 anni in Italia, fuggito dalla sua città, un piccolo paesino fuori Damasco. Mi ha mostrato le foto della sua via, della sua casa, fino a poco prima normalissima, una casa come tante, come quelle di tanti quartieri europei; poco dopo, improvvisamente, la devastazione. Così per Rywka, che viveva in un borgo normale, benestante, una vita quasi agiata, poi, da un giorno all'altro tutto viene stravolto. E continua così ancora oggi.
Poi, scorgo nelle pagine del diario qualche pensiero rivolto a una amica particolare e a quel gruppetto di giovani ragazze come lei sulle quali pesava la vita di tanti fratelli e sorelle più piccole; queste ragazze si riunivano per parlare, per consolarsi, per studiare insieme, confrontarsi etc. L'unica consolazione alla disperazione umana è l'amicizia, una compagnia.

Si tratta, ovviamente, di un' ulteriore punto di vista di chi ha vissuto quel periodo storico e le sofferenze imposte in primis dalla politica di antisemitismo. Ricordiamo Auschwitz, certo, ma qui ricordiamo anche la ghettizzazione, la segregazione che oggi, in tante situazioni particolari, stiamo vedendo in sempre più parti del mondo.

“Vorrei essere immune dagli sbalzi d’umore, ma la serenità richiede una forza interiore che al momento non ho. […]Se almeno non avessero sospeso le assemblee, potrei imparare dalle altre. Invece mi sento così sola, così indifesa…az ikh broykh nisim! ( Ho bisogno di un miracolo!)".

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