Tuesday, 4 December 2012

Andare a scuola in Corea - part IV

Un leader maestro

E’ all’interno del contesto socio-culturale sopra descritto che viene educato Kim Il Sung, ed è all’interno di questo contesto che matura la sua figura di leader rivoluzionario per questo popolo che egli guiderà nella lotta ventennale contro i giapponesi.

Ma la sua figura di leader non matura automaticamente, in breve tempo, anche se oggi i suoi biografi hanno la tendenza a descriverlo come un leader “di sempre”. All’origine l’unico presupposto è la sua storia, la storia della sua famiglia, la lotta del suo popolo che egli conosce così concretamente attraverso vicende e fatti che lo toccano da vicino: nel padre perseguitato dai giapponesi, nella sua famiglia costretta a rifugiarsi come tanti altri profughi, in Manciuria.



E’ un’istanza di liberazione vissuta che lo mobilita, un’istanza che genera una lotta, un certo modo di far politica. Egli è già leader quando, a partire da questa stessa istanza, intuisce che la lotta della sua famiglia, la sua, è la lotta di un popolo, è il desiderio di liberazione dall’oppressione fisica e culturale cui il suo popolo è sottoposto. Intuisce che il suo compito è aiutare i coreani a organizzare la resistenza, la lotta contro i giapponesi.

Ma ancora prima di questo intuisce che il suo primo compito è di iniziare un lavoro educativo presso il popolo. A Kirin, in Manciuria, fonda l’ “Associazione della gioventù” di Kirin che, oltre a momenti ricreativi, prevede momenti di studio, di lettura e di discussione comune.

Imprigionato per attività sovversive e successivamente liberato si stabilisce a Kulun, in una zona agricola dove organizza una scuola gratuita per i bambini, di giorno, e per gli adulti di sera. In questa egli usa gran parte del suo tempo; capisce che il problema fondamentale è stare con i contadini ed educare dei quadri rivoluzionari. Così nel 1932, quando fonda la prima unità di guerriglia, essa ha come uno dei suoi compiti fondamentali, quello di dare, a chi vi partecipa, una rigorosa educazione politica.

Il leader diventa maestro: Kim Il Sung, ormai a capo della rivoluzione coreana, diventa per il suo popolo padre e maestro. Ancora oggi, a distanza di decenni, il popolo lo riconosce come tale.



Le zone liberate della Manciuria sono le prime scuole della Corea 

Dalle unità di guerriglia si arriva ben presto alle zone liberate. La prima è nell’est della Manciuria: esercito e popolo costruiscono le case, si pensa alla difesa del villaggio, viene fatta la riforma agraria, vengono edificate officine tessili, fabbriche e ospedali per curare i feriti e i malati. “La guerriglia deve lavorare per il popolo e il popolo per la guerriglia. Chi ha denaro dia denaro, chi ha studiato metta a disposizione delle masse ciò che sa…”. Viene introdotta l’educazione obbligatoria e gratuita; ma non si impara solo a leggere e scrivere: soprattutto ci si educa alla coscienza nazionale, alla coscienza di classe. Spettacoli teatrali e canti rivoluzionari aiutano l’educazione di tutti.

E’ conoscendo la vita delle zone liberate che si può incominciare a capire che cosa Kim Il Sung e i coreani intendono per educazione, per scuola.

Le zone liberate sono state per i coreani la loro prima scuola, il luogo dove per loro è stato subito possibile incominciare a vivere da comunisti, incominciare a fare un’esperienza di vita libera, di lavoro non alienante, non oppressivo, di espressione della loro cultura e della loro tradizione. E’ qui che i coreani hanno fatto esperienza del juchè, dello spirito del popolo, della sua capacità di autodeterminarsi, della volontà del popolo di lottare per la sua liberazione, per la costruzione di una nuova società.

Le zone liberate sono state al loro interno esperienza di una società già liberata, di rapporti sociali già rinnovati, di lavoro politico generato da una qualità di vita diversa, e in questo esse hanno costituito, per i coreani, delle radicali strutture educative, anche quando la vita al loro interno e per la pressione dei giapponesi, e per le difficoltà di una guerriglia che esigeva continui spostamenti, è stata estremamente dura, mettendo alla prova tutti, soldati e contadini.

Durante le pause della guerriglia Kim il Sung inviava i guerriglieri nei villaggi più vicini perché si incontrassero con il popolo, perché parlassero ai contadini delle ragioni della guerra, perché spiegassero loro il pensiero di Kim Il Sung. E a questo lavoro Kim Il Sung non dà un’importanza secondaria rispetto alle azioni belliche; la guerra non può ridursi ad attaccare un nemico, a individuarlo e a sconfiggerlo. Che cosa sarebbe stato della Corea nel periodo post-bellico se la lotta di liberazione si fosse ridotta a questo?

Combattere è costruire, lottare è educarsi, fare esperienza di un’unità di popolo. Se è vero che un nemico comune rende più solida questa unità, essa tuttavia verrebbe meno se non fosse sostenuta da un’esperienza di società nuova, subito vissuta.

Nel 1941, Kim Il Sung parlando dello stato maggiore ospedaliero dell’Armata Rivoluzionaria afferma “… anche dopo la caduta dell’imperialismo giapponese e dopo la conquista della libertà per la nostra patria, la rivoluzione continuerà, fino al suo compimento. (…) non è un compito facile. Sarebbe un errore se noi comunisti pensassimo, essendo riusciti ad edificare una società giusta, che la rivoluzione è finita. La nostra rivoluzione continuerà fino a che non sia stato annientato l’ultimo sfruttatore …”.

No comments:

Post a Comment