Tuesday 15 October 2013

L"'insegnamento" non mi basta! E.Morin



“mi piacerebbe davvero proseguire la mia educazione puramente umana, ma il sapere non ci rende né migliori né più felici. Ah, se fossimo capaci di capire la coerenza di tutte le cose! Ma l’inizio e la fine di tutte le scienze non sono forse avvolti di oscurità? O devo utilizzare tutte queste facoltà, queste forze, quasta intera vita per conoscere tale specie d’insetto, per saper classificare tale pianta nel regno vegetale? (Kleist, Lettera a un’amica)


Il mio cammino degli ultimi dici anni mi conduceva verso questo libro. Sempre più convnto della necessità di una riforma di pensiero, quindi di una riforma dell’insegnamento, approfittavo di diverse occasioni per riflettervi. Avevo pronunciato, su suggerimento dell’allora ministro dell’educazione Jak Lang, “qualche nota per un Emilio contemporaneo”. Avevo pensato a un “manuale per insegnanti e cittadini”, progetto che non ho abbandonato. In occasione dei diversi convegni e lauree honoris causa in Università estere, inserivo nei miei discorsi le idee in formazione. 
Chiamato da Le Monde de l’Education, nell’estate 1997, a curare un numero dedicato all’università, ho cominciato a formulare il mio punto di vista. In dicembre, il ministro Claude Allègre mi chiese di presiedere un consiglio scientifico formato per riflettere sulla riforma dei saperi nei licei. Grazie al sostegno di Didier Dacunha-Castelle, organizzai delle giornate a tema che consentirono di mostrare la praticabilità delle mie idee. Ma queste idee sollevarono tali e tante resistenze che la relazione che le conteneva affondò. 
Tuttavia la mia riflessione si era messa irrimediabilmente in marcia, e l’ho proseguita in questo lavoro che ne è il risultato. 
Ho voluto partire dai problemi che ritengo essere allo stesso tempo più urgenti e importanti e ho voluto indicare la via per trattarli. 
Ho voluto partire dalle finalità e mostrare che l’insegnamento (primario, secondario, superiore) poteva perseguire queste finalità. 
Ho voluto mostrare come la soluzione dei problemi e il perseguimento delle finalità debbano necessariamente comportare una riforma di pensiero e delle istituzioni. 
Coloro che non mi hanno letto e mi giudicano secondo i pettegolezzi del microcosmo mi attribuiscono l’idea bizzarra secondo la quale io proporrei una pozione magica, chiamata complessità, coem rimedio di tutti i mali dello spirito. Al contrario, la complessità è per me una sfida che ho sempre proposto di raccogliere. 
Questo libro è in realtà dedicato all’educazione e all’insegnamento. Questi due termini coincidono e nello stesso tempo si differenziano. 
L’”educazione” è una parola forte: “Messa in opera dei mezzi atti ad assicurare la formazione e lo sviluppo di un essere umano: questi mezzi stessi” (Le Robert). Il termine “formazione”, con le sue connotazioni di lavorazione e di conformazione, ha il difetto di ignorare che la missione della didattica è di incoraggiare l’auto-didattica, destando, suscitando, favorendo l’autonomia dello spirito. L’”insegnamento”, arte o azione di trasmettere conoscenze a un allievo in modo che egli le comprenda e le assimili, ha un senso più restrittivo perché solamente cognitivo. 
A dire il vero la parola “insegnamento” non mi basta, ma la parola “educazione” comporta un troppo e una mancanza. In questo libro farò lo slalom tra i due termini, avendo in mente un insegnamento educativo. 
La missione di questo insegnamento è di trasmettere non del puro piacere, ma una cultura che permetta di comprendere la nostra condizione e di aiutarci a vivere; essa è nello stesso tempo una maniera di pensare in modo aperto e libero. 
Kleist ha proprio ragione: “il sapere non ci rende migliori né più felici” 
Ma l’educazione può aiutare a diventare migliori e, se non più felici, ci insegna ad accettare la parte prosaica e a vivere la parte poetica delle nostre vite.

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