Thursday, 3 October 2013

Neutralismo impossibile: la Carte de la Laicité


“I professori ci spiegano tutte le possibili teorie e pensieri, senza mai dare un giudizio, dicono che tutte le teorie sono vere. Noi, alla fine, non sappiamo più cosa pensare, e infine ce ne disinteressiamo, tanto una cosa vale l’altra.” È stato questo intervento di uno dei miei studenti all’università che mi ha fatto ripensare alla cosiddetta “Carta della Laicità” che, pochi giorni prima dell’inizio dei corsi universitari, il ministro dell’educazione nazionale, Vincent Peillon, ha affisso in tutte le scuole elementari, medie e superiori. Si tratta di una serie di 15 articoli elaborati per il personale, gli allievi e “tutto l’insieme della comunità educante”.  Il disorientamento di questo studente, francese, nato in seno alla Repubblica, mi ha spinto a leggere e studiare questa carta. 


Eccone il testo completo:
“La Francia è une Repubblica indivisibile, laica, democratica e sociale. Essa assicura l’uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge, nell’insieme del suo territorio. Essa rispetta tutti i credi.
La Repubblica laica organizza la separazione tra religioni e Stato. Lo Stato è neutro per quanto riguarda le convinzioni religiose o spirituali. Non esiste une religione di Stato.
La laicità garantisce a tutti la libertà di coscienza. Ognuno è libero di credere o non credere. La laicità permette di esprimere liberamente le proprie convinzioni, nel rispetto delle convinzioni altrui e nei limiti dell’ordine pubblico.
La laicità permette l’esercizio della cittadinanza, conciliando la libertà di ciascuno con l’uguaglianza e la fratellanza di tutti, nella preoccupazione dell’interesse generale.
La Repubblica assicura il rispetto di ognuno di questi principi negli edifici scolastici. La scuola è laica.
La laicità della scuola offre agli studenti le condizioni per forgiare la loro personalità, esercitare il loro libero arbitrio e apprendere a esercitare la loro cittadinanza. Essa li protegge da ogni forma di proselitismo e ogni sorta di pressione che impedirebbero di fare una scelta personale.
La laictià assicura a tutti gli allievi l’accesso a una cultura comune e condivisa.
La laicità permette agli studenti l’esercizio della libertà di espressione nel limite del buon funzionamento della scuola e del rispetto dei valori repubblicani e del pluralismo di convinzioni.
La laicità implica il rifiuto di ogni violenza e discriminazione, garantisce l’uguaglianza tra ragazzi e ragazze e riposa sulla cultura del rispetto e della comprensione dell’altro.
È compito di tutto il personale di trasmettere agli studenti il senso e il valore della laicità, cosi come altri principi fondamentali della Repubblica. Essi vigilano affinché essi siano applicati in ambito scolastico. È loro compito far conoscere la presente carta ai genitori degli scolari.
Il personale ha il dovere di mantenere une rigida neutralità: non deve manifestare le proprie convinzioni politiche o religiose nell’esercizio delle proprie funzioni.
Gli insegnanti sono laici. Al fine di garantire agli scolari un’apertura, il più possibile oggettiva, alla diversità di visioni del mondo e all’ampiezza e alla precisione dei saperi, nessun argomento è escluso a priori dallo studio scientifico e pedagogico. Nessuno scolaro può invocare una convinzione religiosa o politica per contestare ad un insegnante il diritto di trattare una tematica del programma.
Nessuno può avvalersi della propria appartenenza religiosa per rifiutare di conformarsi alle regole applicabili nella scuola della Repubblica.
Negli edifici scolastici pubblici, le regole di vita dei diversi spazi, precisate nel regolamento interno, sono rispettose della laicità. Portare segni o tenute che manifestino ostentatamente un’appartenenza religiosa è vietato.
Attraverso la loro riflessione e le loro attività, gli allievi contribuiscono a far vivere la laicità in seno alla scuola.”
Spero di aver trovato le parole giuste per la traduzione, le parole sono fondamentali. Il ministro Peillon ha, infatti, precisato che il testo è redatto in modo che tutti possano capirlo.
Gli articoli dall’1 al 4 non riguardano la scuola, bensì le basi dello stato. Dopo un primo articolo che rispecchia la realtà di questo paese, asilo per tante persone (realtà che si può sperimentare uscendo semplicemente in strada), il secondo articolo pone già come valore fondamentale la neutralità. Si nega poi l’esistenza di una religione di stato.
Nota. Lo Stato non può essere confessionale. In quanto cristiana sono pienamente d’accordo. Lo Stato non può essere, per esempio, né cristiano né anticristiano. Lo stato non deve essere nemmeno ideologico. L’affermazione “non esiste una religione di Stato”, dovrebbe poter essere sostituita anche con l’affermazione “non esiste un’ideologia di stato”. Questo mi fa osservare che alla parola “repubblica”, sempre nel secondo articolo, è stata avvicinata la parola “laica”: “ la Repubblica laica”. Quando si decide di mettere un aggettivo dopo la parola “repubblica” o dopo “stato” non si vuole forse indicare un’ideologia fondatrice o una religione fondante? Non si dice forse “republica islamica” per Iran, Pakistan, Afghanistan e Mauritania ? Non si diceva forse lo Stato Fascista?  (“islamica” e “fascista” sono due aggettivi proprio come “laica”).
Ma se il termine “laico”, applicato a uno stato o a una forma di governo, significa che lo stato o la forma di governo in questione non solo non devono imporre, ma neppure devono avere un’ideologia propria, l’articolo è approvabile in pieno.
Dall’articolo 5 in poi si applica il concetto di “laicità” alla scuola, e lo si fa anche graficamente, mettendo in grassetto la frase “la scuola è laica”.
 Dall’articolo 6 all’articolo 15 questo concetto viene declinato nei vari aspetti della vita di quella che il Ministro chiama la “comunità educante”.
Si parla, dapprima, di condizioni per “forgiare la propria personalità”, verbo che certo a voi italiani ricorderà una antica dialettica di piazza di cui ricevete ancora oggi l’eco. L’articolo 6 poi avverte di un pericolo dal quale occorre “proteggere” i ragazzi. Il pericolo del proselitismo e quello di “pressioni” che verrebbero a interferire con una scelta personale del ragazzo. Il Ministro avverte dunque un pericolo grave nella società, quello dell’accaparrarsi la coscienza dei giovani, quello del lavaggio del cervello, pericolo che esiste, visto il vuoto di valori e di senso che molti dei nostri ragazzi si trovano costretti a vivere. Come mai? Non ce lo si chiede mai. Come mai ragazzi intelligenti e sani seguono ideali estremisti che propongono loro un ideale per cui vivere? Forse perché essi sono una risposta violenta, imparziale e ingiusta a un loro giusto desiderio.
La Repubblica laica però assicura all’articolo 7 una cultura “comune e condivisa” e garantisce, nell’articolo successivo, la libertà di espressione. Quale cultura “comune e condivisa”? Chi ne stabilisce i contenuti, i modi di espressione, i giudizi? Cultura non vuole forse dire “modo di rapportarsi alla realtà che ci circonda”? La Repubblica ci garantisce dunque un “modo di rapportarsi alla realtà” suggerito e imposto (dato che dobbiamo “condividerlo”) dalla Repubblica stessa?
Inoltre: l’articolo 9, che ha fatto colare molto inchiostro sui giornali, parla di rifiuto di ogni tipo di violenza e di ogni discriminazione tra uomo e donna. Perché parlare di differenze tra uomo e donna nella società francese dove le donne sono da molto tempo uguali nei diritti e nei doveri agli uomini? A chi parla il Ministro? Forse a una fascia della società francese in particolare? A una fascia in cui le donne sono velate? Risposta non si trova nel testo. Ma mi chiedo: “rifiuto di ogni tipo di violenza” riguarda anche la violenza del professore che impone a una ragazzina di 15 anni che liberamente sceglie di appartenere a un popolo, di togliersi il segno di riconoscimento di quel popolo? (“Non ci si deve preoccupare troppo”, mi sono sentita dire, “una volta fuori da scuola la ragazzina potrà rimettersi il velo”, in una sorta di schizofrenia da luogo pubblico).
Negli articoli successivi sono elencati i doveri della “comunità educante”, dal bidello al preside (certo, l’uguaglianza). Una comunità si riunisce intorno a qualcosa. Intorno a chi e a cosa si riunisce questa comunità educante? Il Ministro non lo dice.
Ma ci dice quello che dobbiamo fare per appartenere a questa, direi, “comunità scomunicata”, cioè senza centro: vegliare all’applicazione degli articoli enumerati, istruire i genitori ignari, essere rigidamente neutri, cioè non manifestare convinzioni né politiche né religiose.
Ora la radice della parola “politica” significa “che riguarda la polis” e indica perciò il desiderio di collaborare alla dimensione storica di una polis. La radice della parola “religiosa” inoltre significa “che rilega al significato ultimo”  e indica perciò un senso per la vita, una concezione del valore. Sono due aggettivi identitari dell’uomo. Senza la dimensione politica e la dimensione religiosa (la dimensione non del culto in sé, ma del senso religioso, del ricercare una realizzazione e un bene che non finiscano) non si è uomini, ma bestie.
Noi insegnanti, insomma, dobbiamo astenerci dall’esprimere una nostra dimensione umana. Ebbene, insegnando, so che, anche volendolo, questo “neutralismo” è impossibile da mettere in pratica. Attraverso la materia che insegno, i libri che leggo, i soggetti che tratto, il mio dialogo con i ragazzi, si esprime il mio significato dell’esistere. Non avviene lo stesso anche per i colleghi rigidamente obbedienti alla Repubblica laica? Non esprimono anche loro una visione del mondo, un significato dell’esistere? È certo, in ogni caso, che la ragazzina a cui chiedono di togliere il velo in classe, penserà che questo gesto esprime tutt’altro che una neutralità.
Non può esistere un’istruzione senza educazione. Non finché i professori saranno uomini e non macchine. Di tutti questi dogmi non mi interessava gran che, finché quello studente non ha espresso la sua perplessità riguardo al relativismo del professore che afferma che tutte le strade sono giuste. L’incontro con questo ragazzo è un problema, cioè è qualcosa che è messo sul mio cammino, qualcosa che mi cambia. Nel suo intervento quello studente mi ha fatto capire che è innaturale e criminale non rispondere a quell’esigenza che egli sente non solo di istruzione, ma soprattutto di educazione. L’istruzione non può eliminare il rapporto, l’incontro umano, la trasmissione di un significato che il professore già vive, non può eliminare l’educazione. Nell’incontro con l’insegnante il ragazzo viene allora chiamato a valutare e verificare con la propria libertà quanto gli viene proposto. L’insegnante è un autorità per il ragazzo, non possiamo evadere nel neutralismo. Autorità viene da “augeo”, “rendere più grande”. L’autorità è colui stando vicino al quale il giovane si sente diventare più grande, più adulto e più capace di cultura, cioè di una propria visione critica e sistematica della realtà.
Ma se noi disertiamo questa responsabilità educativa, in nome di un neutralismo inapplicabile, avremo sempre più seminari, attività ricreative, stages anche per i bimbi, che nascondono solo la volontà di creare dei funzionari, dimenticando di far crescere dei ragazzi.
Gli articoli 12 e 13 sono interessanti perché, senza alcun dubbio, vengono da un’esperienza diretta degli insegnanti; raccontano di alunni che in nome della loro appartenenza rifiutano un certo argomento del professore e di alunni che “rifiutano di conformarsi alle regole” (linguaggio che ancora una volta ricorderà agli italiani un certo discorso di piazza). Strana tendenza dei giovani al volere capire le regole invece che ubbidirvi senza batter ciglio!
Dell’articolo 14 ho già accennato, e non è che la prefazione all’articolo 15. Quest’ultimo non è altro che un insulto all’intelligenza di chi legge e non vale la pensa soffermarcisi.
Suggerirei dunque al Ministro di andare fino in fondo, di parlare chiaro e di affiggere nelle scuola la sua “carta del laicismo”. La Repubblica infatti non è laica, ma laicista e dunque confessionale, poiché elimina e non prende in considerazione nel patrimonio di valori comune, ciò che “puzza” di appartenenza religiosa o politica. È laicista perché lavora a costruire un uomo svuotato di ogni identità e perfettamente formattato al ruolo che lo Stato ha progettato per lui. Un paese di cloni, la cui sola appartenenza identitaria sia quella allo Stato francese. 



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