Song of the Sea, di T.Moore film di animazione del 2014. Candidato all'Oscar come miglior film di animazione
Il titolo e la grafica fanno pensare unicamente a un pubblico bambino: è una fiaba, ci sono animali parlanti e i protagonisti sono Ben, la sorellina Saoirse e il cane Cu. In questo quadro “bamboleggiante” si inseriscono, però, personaggi della tradizione celtica come le selkie, creature mitologiche sacre capaci di trasformarsi da foche in esseri umani. Partiamo proprio dalle Selkie: spesso sono protagoniste di storie allegoriche sul dolore, il dolore della perdita tra le acque di una persona amata.
Perché guardarlo proprio ora?
Questo film parla di resilienza, di capacità di rielaborare un lutto attraverso un viaggio reale, ma, al contempo, interiore. I protagonisti sono bambini, perché solo attraverso gli occhi dei bambini si può parlare al cuore.
Questo film mi porta immancabilmente a pensare a Francie Brolly, con quella eco irlandese nel suo parlare, gli occhi dolci di chi ha vissuto tanto dolore, ma lo ha superato senza acredine: lui è il mio esempio di resilienza, la dolcezza e l'amore di condivisione anche dopo aver vissuto sulla propria pelle la segregazione e la disuguaglianza sociale. La Compagnia è il più alto esempio di resileinza.
“Se qualcuno ti dicesse che può portarti via tutto il tuo dolore, glielo permetteresti?”
Questa è la domanda di fondo.
Se qualcuno ci dicesse che possiamo allontanare con un colpo di spugna tutto il dolore di questi mesi, glielo premetteremmo?
Cosa possiamo imparare da questi mesi di quarantena, di paura, di insicurezza? Il dolore va accettato, accolto e rielaborato per poterlo superare: il dolore di abbandonare false credenze di sicurezza e invulnerabilità (economica e di potere) possono portarci a una nuova amicizia tra popoli.
Ecco perchè questo film merita di essere visto ...
LM
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