Sunday, 13 February 2011

IL GIOVANE


La persona vivente è in ogni fase della sua vita, un uomo, a condizione che la singola fase sia autenticamente e pienamente vissuta secondo il suo senso profondo (il vero bambino non è meno uomo del vero adulto). Sia per la storia generale, sia per la storia individuale, è sbagliato fare di una precisa fase della vita lo scopo delle fasi precedenti. Il bambino, qualora sia visto solo nella prospettiva di diventare adulto e venga influenzato in tal senso, non può nemmeno diventare un vero adulto.
La crescita è un cammino, un cammino nel divenire. La forma di vita di una crescita protetta da ogni parte non ritornerà mai più. Tuttavia, nella totalità della vita, essa è necessaria. In questa fase si costituisce lo strato dell’inconscio, che in seguito sosterrà tutto. L’uomo non vedrà mai più il mondo come lo vedeva da bambino. Il mondo, che gli si presenta più tardi realistico, acquista chiarezza solo sulla base dell’unità dell’esistenza sperimentata da bambino.

 
Poiché tuttavia il bambino, per la sua stessa natura, è un individuo in fase di crescita il crescere in modo coretto è affidato in misura decisiva alla responsabilità di chi gli è già adulto (madre, padre, fratelli e sorelle maggiori, maestri ed educatori). L’importanza dell’educatore è tanto maggiore, quanto più piccolo è il bambino.
Che cosa deve dunque fare l’educatore?
L’educatore deve avere cura che il bambino impari ad inserirsi, a disciplinare slanci ed istinti ma, contemporaneamente, deve preoccuparsi che possa vivere la propria vita e che gli si conceda spazio per i suoi giochi.
La parola “gioco” denota tutta l’attività spontanea del bambino. Il gioco è simbolo in quanto si impadronisce della realtà interpretandola ed è cerimoniale che realizza il mondo infantile nella sua unità. Per questo l’educatore deve fare spazio alla spontaneità infantile aiutando il bambino ad acquistare il coraggio di essere se stesso. Egli si deve impegnare affinché la sorveglianza che circonda il bambino si allenti poco a poco e il bambino abbia sì coscienza del sostegno fornitogli, ma, d’altra parte, anche la consapevolezza che si sta creando il distacco dall’ambiente famigliare.
I valori dei quali il giovane che acquista consapevolezza di sé ha particolarmente bisogno stanno in quello che viene detto “carattere” (esigenza di amore per la verità, di senso dell’onore, di fedeltà, di coraggio, e di costanza). Realizzando tali valori si ha la vera a propria costruzione dell’uomo morale. L’educatore mediocre tende spesso facilmente a scoraggiare questi valori e ad esigere invece un comportamento garbato, correttezza, docilità, eccetera.
L’educatore deve avere ben chiaro al riguardo che la massima efficacia non viene da come egli parla, bensì da ciò che egli stesso è e fa. La moralità di questo compito è straordinariamente impegnativa poiché può contribuire ad alleggerire la crisi della pubertà.
La difficoltà di questa crisi stanno nell’incertezza interiore, nel voler essere se stessi e nel non esserne ancora capaci. Ne nasce la ribellione per cui l’iniziativa personale vuole affrancarsi, ma allo stesso tempo è inerme (es.: andare contro la volontà dei genitori o degli educatori). Quanto più il bambino viene guidato verso una tranquilla autonomia, tanto più fiducioso affronterà la crisi e più facilmente la supererà.
da: Romano Guardini, Le età della vita

i documenti del passato sono una fonte inestinguibile di attualità e di passione per l'educazione dei giovani che in tutte le generazioni vogliono, amano, cercano le stesse identiche cose. Grazie a chi ha fatto questo prezioso lavoro di conservazione dei testi che ci hanno accompagnato.
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