Il ruolo del
docente è oggi una sfida, a mio avviso, possibile. Freud sosteneva che ci sono “tre
mestieri impossibili: governare, educare e curare”. Io non mi trovo d’accordo.
Per quanto riguarda il mio campo, l’educazione, essa costituisce, sì, una sfida
in questo mondo globalizzato e che, allo stesso tempo, tende alla
frammentazione, ma “una scuola oggi non può essere distratta di fronte al
contesto mondiale. Non so se il prossimo secolo, quello in cui vivranno coloro
che voi avete la responsabilità di educare, i vostri giovani e i vostri figli,
sarà come certi intellettuali preconizzano, quello del dominio incontrastato
degli Stati Uniti, oppure se sarà, come disse David Maria Turoldo sul letto di
morte ad alcuni di voi, il secolo della nuova barbarie.
Potrebbe anche darsi che le due profezie si congiungano, poiché, dando la cultura e il destino dell’umanità in mano agli informatori, ai comunicatori o ai leaders del settore del divertimento e favorendolo contemporaneamente il trionfo del mercato e del consumismo, l’impero americano statunitense, come già quello romano con il “panem et circenses”, potrebbe creare un deserto di umanità che chiamerà pace.” [1]
Potrebbe anche darsi che le due profezie si congiungano, poiché, dando la cultura e il destino dell’umanità in mano agli informatori, ai comunicatori o ai leaders del settore del divertimento e favorendolo contemporaneamente il trionfo del mercato e del consumismo, l’impero americano statunitense, come già quello romano con il “panem et circenses”, potrebbe creare un deserto di umanità che chiamerà pace.” [1]
Ma, come
sostiene E.Morin, e da quello che ho potuto io stessa verificare in classe, “è la riforma di pensiero che consentirebbe il pieno impiego
dell’intelligenza per rispondere a queste sfide e che permetterebbe il legame
delle due culture disgiunte. Si tratta di una riforma non programmatica ma
paradigmatica, che concerne la nostra attitudine a organizzare la conoscenza.
Tutte le riforme concepite fino ad ora hanno girato intorno a questo buco nero
nel quel si trova il bisogno profondo delle nostre menti, della nostra società,
del nostro tempo e anche del nostro insegnamento. Le riforme non hanno
percepito l’esistenza di questo buco nero poiché derivano da quel tipo di
intelligenze che si tratta di riformare.” [2]
E in questo 2015
in cui tanto si è parlato, in Italia, di riforma della scuola, probabilmente si
tratta proprio di concentrare gli sforzi su una riforma del pensiero: è questa
la sfida delle sfide che si trova oggi ad affrontare chiunque si cimenti nel
mestiere dell’insegnante.
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