Sunday 27 September 2015

Punti e Spunti

a cura di The Great Teachers

1. Come si fa a non essere neutrali nel mondo, nella società di oggi? La responsabilità è quella di trasmettere un’umanità diversa che, per noi, è Gesù: come posso, io, con la mia persona, trasmettere Gesù? Con tutto quello che sono, il mio modo di essere e di pormi davanti ai ragazzi che mi sono affidati? Perfino i bambini piccoli recepiscono, anche nei piccoli gesti, come uno è.
2. Tutti i professori sono educatori: come si fa a superare il particolare dei bisogni che la tua classe ha (anche a livello didattico) per tenere presente tutto, con la coscienza che hai in mano il futuro dei ragazzi che ti sono affidati? C’è il rischio di “non sentirsi educatori”, perché il compito è troppo grande. Infatti è molto più facile fare la propria lezione e poi uscire tranquilli. Però il rapporto con l’altro è obbligatorio. Hai in mano il futuro di queste persone e la cosa spaventa, perché qualsiasi cosa tu dica o faccia, rimane in loro un segno. Io sono compagnia quando sono in quella classe lì? Può passare nel modo con cui li tratto o con cui insegno loro la mia materia?
3. Come si fa ad educare anche al fatto che tutto non si esaurisce a quello che si dice e avviene in classe, ma che c’è tutto un mondo, fuori, che li aspetta? Bisogna essere anche educatori all’amore alle altre persone, ma: come fai a rimanere in questo amore anche se devi fare discorsi che ti feriscono, che non ti piacciono o che potrebbero dispiacere? Devi, infatti, portare esempi concreti.
4. Cosa vuol dire che “essere compagnia investe una rete di rapporti nuovi”?
5. Nel cercare di raccontare la compagnia ai ragazzi più grandi (che è raccontare la tua vita), si corre il rischio di passare più per loro “amica”, perché cerchi di andare “più in là” della semplice disciplina. Il problema è quello del proprio io e non tanto di fare brutta figura; dare ragione di quello che stai dicendo. Come si può spiegare concretamente che Gesù oggi è presente?
6. C’è un problema, nell’educazione, legato alla società in cui viviamo: soprattutto nel rapporto con i genitori (per i bambini), poi con quelli che condividono il tuo “stile” educativo. Come si può arrivare al cuore di queste persone? Si è missione anche per loro? Come creare, allora, una comunità educativa quando, non sempre, la linea è la medesima tra educatori, insegnanti, genitori? Si deve andare anche contro a una tendenza individualista e egoistica.
7. Mettere nell’educare l’esistenza della vita comune come esperienza cristiana e offrire a tutti la possibilità di verificarla. Di bravi professori in giro ce ne sono tanti, e sanno anche fare appassionare i ragazzi a quello che spiegano e a quello che gli propongono. Noi cosa abbiamo in più, avendo incontrato la compagnia?
8. Come coinvolgere i ragazzi nella vita della compagnia (tgc) senza che questo rimanga solo un tuo sforzo volontaristico?
9. Per essere davvero un “educatore” basta volerlo e per questo arrivi a scuola con tante domande e risposte: il luogo dove essere davvero così c’è, ma spesso non ne vedi l’importanza. Per questo dovremmo avere come problema l’aiutare i ragazzi del tgc a farsi conoscere agli altri. Non è che la loro missione finisce a scuola. Come possiamo, noi, aiutare nell’annuncio e nell’invito a quel luogo che già esiste e che è il tgc? I ragazzi devono vedere in te l’invito?
10. Dove non ci sono i ragazzi della compagnia, da dove si può partire? Cosa si può proporre come prima cosa?
11. Quando tra alcuni professori si vive la compagnia quotidianamente, cosa puoi fare con gli altri colleghi? Forse coinvolgere gli altri professori è più difficile che coinvolgere i giovani.

1 comment:

  1. Sono domande molto importanti quelle che qui vengono poste, una specie di "schiaffo amoroso".
    Nella mia esperienza, ci sono due cose, anzi tre, che, senza volerle, per distrazione (siamo tanto ingrati e delinquenti che Dio puó entrare solo quando siamo distratti, ci dicevano da piccoli), hanno dato una certa pace nell'andare in classe:
    1. sapere, alla fine di ogni lezione, che hai detto e fatto delle sciocchezze e chiederne perdono;
    2. guardare l'alunno come qualcuno con cui eternamente avrai un rapporto;
    3. lasciarsi educare da quel che si sente e si vede nei ragazzi: il problema educativo infatti é sempre verso se stessi. Interrogarsi non nei loro confronti ma nei tuoi.

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