Thursday 5 November 2015

Diario #2

Sabato, noi quattro o cinque giovani educatrici, abbiamo iniziato ad andare ad aiutare Lilli, una studentessa universitaria di origini albanesi, nel centro che con le sue sorelle, alcune amiche e collaboratrici, ha iniziato ad animare, qualche anno fa, in fondo a via Turri, in mezzo a tutti i palazzoni e le case popolari. Qualche settimana fa, incontrandola, le ho chiesto come era nata l’idea. Lei, sempre allegra, pimpante e coraggiosa, mi dice che hanno iniziato lei e le sue sorelle ad andare a suonare ai campanelli delle case lì intorno per radunare i bambini a giocare e a fare i compiti. 

Via Turri, per chi non la conosce, è un quartiere difficile della nostra città; zona stazione, tra chinatown e il degrado. Case popolari dalle quali molti italiani se ne sono andati via: al centro della via una piazza, a fianco del supermercato con un piccolo chiosco autogestito: in alcuni pomeriggi di primavera sembra di essere a piazza Tahir. Nordafricani che si rilassano dopo il lavoro, anziani cinesi che portano il kit seggiolina+ventaglio e si godono l’aria aperta. Spesso mi capita di assistere a veri e propri tornei di scacchi interculturali, lì, nella locale piazza Tahir. Proseguendo sulla strada le case diventano sempre più anonime e scalcinate, si turnano i negozietti e drugstore africani, cinesi, kebab e sartorie arabe. Poi in fondo alla via, prima del ponte, un edificio basso, un grande stanzone, fuori una scritta mal-dipinta “circolo reggio est” in tutte le lingue. 
Lì, la famiglia di Lilli gestisce il circolo sociale, il bar e la struttura che oggi è un luogo speciale per tutti i bambini e ragazzi del quartiere.
Al bar gli stessi personaggi che prima giocavano a scacchi, ma anche africani con catenoni d’oro e carpentieri dell’est Europa appena usciti dal lavoro. 
Pare che abbiano avuto da ridire quelli del Comune sull’ambiente e i locali.. “ma i bambini non possono andare lì, davanti ci sono le prostitute! (…) Ma i bambini non possono passare da quel corridoio, ci sono sdraiati in terra i barboni” e i disoccupati occupati a dimenticare nell’alcol. Ma questa è la realtà, questo è il quartiere di via Turri. E i bambini non si scandalizzano di vedere la loro mamma in strada a parlare con sconosciuti che si fermano in macchina, o il loro vicino di casa che stufo di stare in casa a bere, scende giù al bar, a bere. Questo è il quotidiano di via Turri. 
E quella super esperta del Comune da dieci anni si strugge per trovare una forma di conversione/destrutturalizzazione/valorizzazione/rivalutazione (ovviamente tutta stra-documentabile e meta-spendibile) dell’area via Turri; ma alla domanda di Lilli se avesse visto gli spazi del Circolo “Reggio Est” la risposta fu tragicamente: “no, ancora no, non sono ancora venuta in via Turri”! ma da dieci anni finanziano i progetti da te ideati sull’area via Turri…
Lasciamo perdere. A noi non interessano i giochi di sponsorizzazione territoriale. A noi interessano i bambini.
Dietro al circolo hanno aperto, qualche anno fa, un centro dopo-scuola, gestito dal Comune, per sollevare Lilli dell’incombenza di seguire tutti i bambini (si arriva a 70-80 bambini): i ragazzi che andavano lo chiamavano “Hotel a cinque stelle”. Il dopo scuola del comune ammetteva 10 ragazzi ad usufruire del servizio dopo scuola (evidentemente carenza di educatori che non amano essere ripiegati in un doposcuola di serie b, in via Turri). Poi si sono lamentati dei barboni che dormivano lì davanti: pur di non sentire quelle del comune strillare, i barboni ora si spostano nei giorni in cui sanno che i bambini sono lì. E prima di andarsene puliscono a terra e non lasciano le loro cose in giro.
Al circolo invece possono andare in bagno e usufruire del “comfort” di un po’ di acqua la mattina, perché il padre di Lilli apre il circolo anche la mattina presto per permettere loro di avere un bagno a disposizione.
I locali del circolo sono belli, un grande stanzone, grandi vetrate, tendoni pesanti che separano il mondo dei ragazzi dal mondo degli adulti. Ci sono poi altre salette adiacenti per attività con adulti. Le nostre famiglie potrebbero aiutare anche gli adulti con corsi di lingua italiana. Ovviamente Lilli era contentissima della proposta di cominciare anche corsi di italiano per stranieri; hanno anche le sale, hanno bisogno di corsi di italiano per i bambini, per i ragazzi, per gli adulti e per gli anziani (a tutti i livelli). In effetti stavano pensando di organizzare corsi di italiano dal titolo "mamme a scuola", cioè per le donne del quartiere (dato che chi insegnerebbe in questi corsi sarebbero donne, è meglio che le studentesse del corso siano donne e non accettano uomini ai corsi tenuti da donne, perché, se no, i mariti non mandano le altre donne/mogli e si crea una dinamica ingestibile). Lo scopo di questo corso di italiano per le donne non sarebbe tanto quello di insegnare loro a leggere Dante o di studiarsi la Costituzione italiana, ma di affrontare la realtà oggettiva che queste donne vivono; la maggior parte di loro sono a casa, casalinghe (perché i mariti nordafricani o albanesi non le mandano a lavorare, avendo da accudire i figli) ma hanno bisogno di imparare le cose base per cavarsela se vanno a fare la spesa, in questura per il permesso di soggiorno, in posta o al cup a prenotare le visite per sé o per i figli o a scuola a parlare con le maestre. Dice Lilli che di più non possono uscire, quindi l'italiano che serve loro è praticamente per questo (non è cattiveria, ma la realtà delle loro culture!). Ci sono tante dinamiche e tante cosa da imparare di questo quartiere e di questo mondo.
Abbiamo appreso che noi educatrici, anche nell’ostentare jeans e maglietta, quando ci presentiamo lì, a maggior ragione se frequentiamo le donne del quartiere, dobbiamo prestare molta attenzione a come vestirci, perché i mariti non vogliono che le loro moglie siano viste in giro con donne “dai costumi equivoci” o poco rispettosi della loro persona.
Noi ci siamo proposte, come inizio (da qualcosa bisogna pur cominciare) ad andare lì il sabato pomeriggio, gratuitamente, solo per educarci ad usare il tempo che ci è concesso. Lei è contentissima della nostra proposta e ne ha assolutamente bisogno. Il sabato pomeriggio è perfetto, perché hanno in programma le attività di animazione (il doposcuola lo fanno durante la settimana) con i bambini e sarebbero libere le altre "educatrici" anche, così se vogliamo aiutarle con un po' di "formazione" (basterebbe leggere insieme i documenti della compagnia sull'educazione e parlare delle nostre esperienze a scuola!!!!)

Quindi cominciamo un sabato pomeriggio, pensando INSIEME a loro una piccola idea da portare avanti settimanalmente (lavorare su un libro, canto, disegno, hip hop, teatro, quello che vogliamo!) e una volta al mese trovarci con le "educatrici", tutte insieme e studiare dei testi, dare loro delle linee didattiche, lavorare sui problemi legati all'educazione, etc. Così, lavoreremmo anche con adulti, con altri educatori.
Sabato scorso ci siamo trovate tutte lì, una cinquantina di bambini, dai 3 ai 15 anni. La musica all’interno del salone è assordante, si stanno preparando alle attività pomeridiane, ballando hip hop. Sul divanetto, vicino alla finestre, quattro o cinque donne velate che osservano i loro piccoli. I piccoli osservano i grandi ballare hip hop. 
Arriviamo con i nostri libri, raccolti da amici, a scuola, dai nostri studenti, etc. Abbiamo infatti pensato, insieme a Lilli, di proporre loro una gara di “lettura”, o una attività di biblioteca, comunque finalizzata a invogliarli a leggere un po’ di più.
Quindi su un grande cartellone ciascuno “creerà” la pila di libri che leggerà (e ovviamente, tanto per metterla sulla competizione che a loro piace tanto) chi più legge vince un premio! Ma promettiamo anche che, basandoci sui libri che hanno letto, tra un mese ci sarà una caccia al tesoro. Aggiungiamo altra carne al fuoco del gareggiare tra di loro. I libri sono belli e dipende sempre come prepari l’attività. Non è che se vai in via Turri prepari tanto per fare; se tutto è curato, bei cartelloni, belle attività, ci si sente curati e amati e tutto funziona.
Ci chiamano tutte prof, prof Piera, prof Maria, prof Ada, prof Tina. 
Distribuiamo i libri, tutti ci tengono ad avere la tessera della biblioteca di via Turri che la Prof. Piera ha appositamente preparato, ben stampata, con cura. Tutti si siedono a leggere e devo obbligarli a mettere giù i libri per fare i giochi insieme…
Ci organizziamo in tre gruppi; con le “tate” stanno i bimbi della materna, poi prima, seconda e terza elementare e infine il “gruppo” dei più grandi: quarta e quinta, medie e primi anni delle superiori. Una cinquantina di bambini dai 4 ai 15 anni, tutti insieme, nello stesso stanzone, non sono proprio quella che si può definire una “perfetta armonia”, ma ciascuno nella sua particolarità ti ascolta se gli vai vicino, se provi a parlarci. Un cicciotto ragazzino con una stella “intagliata” nel taglio di capelli accetta addirittura di farmi da “segretario”, io che pensavo fosse più adatto a seminare cenni di rissa tra i coetanei!
Con i più grandi è più difficile giocare perché loro non sono “piccoli”! e con i piccoli non ci vogliono stare! E allora aspettano lì, in piedi, che scatti l’ora x: alle 17.30 cominciano a fare giravolte sul pavimento, salti e ruote, come veri street dancer (tutti autodidatti). Mi spiace non essere preparata in hip hop! Ma anche da quello potrà nascere qualcosa di interessante che non sia performance personale, ma amicizia.

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