Educare è non mettere in quarantena il cuore
The Great Teachers è un’associazione internazionale presente in El Salvador, Honduras, Guatemala, Messico, Giappone, Italia e Francia. È formata da educatori che lavorano dell’ambito dell’educazione formale e non formale. Partendo dal nostro interesse e dalla nostra preoccupazione per il tema dell’educazione, cerchiamo di dare un giudizio e di aiutarci reciprocamente nella nostra professione.
Ciò che ci ha spinto a iniziare questo lavoro insieme è stato il renderci conto che, davanti a un giovane o a un bambino, non basta trasmettere le conoscenze richieste dalle materie e dai programmi di studio o avere tecniche perfette; educare è trasmettere una umanità differente, risvegliare nel giovane le domande che porta in sé, che ognuno ha dentro, nel suo desiderio di felicità e nella ricerca di un senso per la sua vita.
Per aiutarci in questo compito, abbiamo deciso di lavorare insieme come una comunità educante –come la chiamiamo tra di noi-; ma, in primo luogo, è nata un’amicizia tra noi che ci dedichiamo all’educazione.
Stiamo vivendo un momento difficile in tutto il mondo e noi non siamo esenti dagli avvenimenti e dalle lotte umane che tutti stanno affrontando. Molte sono le domande che ci assalgono e la circostanza ci mette in discussione; lo vediamo tra noi adulti, ma soprattutto nei nostri studenti, che in questa quarantena si sentono piuttosto “smarriti” e, a volte, addirittura inutili perché possono fare poco o niente; non riescono neppure ad organizzare le loro giornate: sembra che si tratti di tenerli “occupati” e “intrattenerli”, riempiendoli di materiali, compiti, verifiche, lezioni; e forse così sono pieni di cose da fare, ma viene zittita la domanda che hanno al fondo e non sono aiutati a scoprire la voce del loro cuore.
Alla fine, scelgono di restarsene comodi in casa, aspettando che tutto passi.
E se non era già abbastanza complesso il tema dell’educazione, specialmente in quest’era globalizzata in cui la mentalità dominante strumentalizza i suoi protagonisti (studenti, docenti, genitori), con la pandemia noi docenti affrontiamo un’altra difficoltà imprevista: le lezioni online, dall’infanzia all’università! Tutto con la scusa di “salvare” l’anno scolastico e tenere “occupati” (o intrattenere) i docenti e gli studenti (pensiamo anche ai nostri studenti che non avevano nessuna familiarità con questa nuova forma di ricevere le lezioni o fare i compiti). Allora, ci sono sorte queste domande: come non perdere la coscienza, la responsabilità e il desiderio di continuare ad accompagnare i nostri bambini e i nostri giovani, in questa grave situazione, verso alcune delle scelte più importanti della loro vita? (e, in questo senso, anche i genitori sono per natura educatori) Come far sì che questo periodo non sia tempo perso, per loro e per noi?
Nonostante la reclusione fisica in cui siamo obbligati a stare, il nostro essere educatori non va in quarantena; ciò che abbiamo imparato e vissuto lungo la nostra esperienza, vogliamo continuare a trasmetterlo ai nostri studenti, desideriamo continuare a viverlo con loro, ricordando loro che quello che ci definisce come esseri umani non risiede nel fare molte attività, ma nel vivere insieme un’esperienza educativa per la vita.
In questo momento eccezionale, singolare e delicato che stiamo vivendo tutti, cerchiamo di aiutarci ad affrontare questa problematica nel nostro compito di educatori, perché questa responsabilità straordinaria non può stare in quarantena e, pertanto, neppure la nostra umanità né tantomeno quella dei nostri studenti.
Per questo motivo, oggi più che mai sentiamo l’urgenza di ricevere aiuto, di essere accompagnati, e di poter anche noi accompagnare i nostri studenti, riconoscendo che non siamo autosufficienti. Preparare materiali e guide di studio per i nostri alunni, organizzare e tenere lezioni virtuali, registrare video e spiegazioni, imparare ad utilizzare queste piattaforme tanto sconosciute fino a poco più di un mese fa, ha portato con sé un lavoro che richiede una buona dose di impegno e stanchezza. Forse la responsabilità dell’educatore non implica già abbastanza sforzo?
Questo sforzo e questo lavoro, che comportano molta fatica, sono necessari dato che la mentalità comune ci distrae e ci fa perdere di vista il fattore umano, ma in questa circostanza si corre anche il rischio di rendere snaturato il lavoro educativo; per questo, diventa urgente prendere coscienza della necessità dell’educazione come accompagnamento reciproco, che si possa trasformare in una passione che attraversi e impregni il nostro lavoro concreto con i giovani. È importante ricordare che lo sforzo non sta solo nell’apprendere nuovi strumenti tecnologici per poter arrivare agli altri, ma che il nostro compito indica una visione che va più in là, verso un senso umano vero, è il desiderio di costruire e creare spazi di incontro, senza perdere di vista la nostra umanità e quella dei nostri alunni.
Dentro alle difficoltà, troviamo anche il fatto che abbiamo una percentuale significativa di bambini e adolescenti che non hanno accesso alle lezioni online (che non hanno neanche da mangiare!). In quanto educatori che non solo istruiscono ma che accompagnano, nasce la preoccupazione di come poter continuare a far uscire la loro umanità piena di curiosità, quelle virtù, quelle capacità e che non restino addormentati davanti alla tv o ad un video… Di nuovo ci chiediamo: cosa facciamo? Come si fa per poter continuare ad accompagnarli nel loro cammino di vita? Davanti a queste domande, esistono risposte quasi immediate: nella condivisione con altri educatori, che si contraddistinguono per la loro creatività e collaborazione, si formano idee e modi accessibili.
Un educatore non si limita a quello che ha a portata di mano e che raggiunge facilmente ma va più in là; e, in unità e comunione, questi educatori avanzano proposte, ipotesi di lavoro, video corti, audio, tra le tante altre iniziative. Sappiamo che la maggior parte delle famiglie può contare con almeno uno smartphone in casa, allora si presenta l’opzione di continuare in questo accompagnamento, con un messaggio, una chiamata, mandando video e immagini.
Non è la risposta a tutto, però è il modo che abbiamo per accompagnarci oggi; e per noi diventa ricerca e proposta di un “muoversi” verso l’altro, di incontrarlo, di vivere un’esperienza autentica che ci permetta di avere presente l’unità –e quindi la comunità- come risposta alle situazioni che affrontiamo.
In questo modo, è nato tra noi, per aiutarci in questa difficile circostanza, il desiderio e la necessità di continuare a vederci, incontrandoci, dialogando tra noi e con altri docenti amici, condividendo esperienze e difficoltà, perché ora più che mai sentiamo che è necessaria e urgente questa comunità educante, per non mettere distanze, per essere vicini gli uni agli altri.
Desideriamo essere aiutati come docenti e, allo stesso tempo, aiutare i nostri studenti a non mettere in quarantena il cuore.
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