Saturday 8 March 2014

V.Andreoli - Lettera a un insegnante (part 1)

…Ma ora io voglio entrare nella tua classe e chiederti: che senso ha punire il singolo, se la classe è il vero soggetto dell’insegnamento, e quindi l’obiettivo?
Una classe non la si boccia o non la si promuove, ma la si può condurre a un livello di apprendimento, in termini di sapere ma soprattutto di saper vivere, che potrà variare da quello di un’altra classe, e da zona a zona, da regione a regione sulla base di molte determinanti sociali.
Come ti ho già accennato, la classe non richiede una omogeneizzazione e una sorta di anonimato che azzera talenti, propensioni e impegno. Questa stessa preoccupazione risente dell’ossessione del giudizio, delle valutazioni da olimpiadi e da gare di qualificazione scolastiche, a svantaggio di componenti che non si misurano con un metro fisso, ma che includono elementi di grande rilievo e che solitamente scompaiono in un insegnamento centrato sui singoli, come la partecipazione, la capacità di aiutare l’altro, il senso della appartenenza alla classe e non invece la tendenza a separarsi.

La scuola dell’obbligo, deve essere un ambiente in cui si esperimenta il gruppo e come si vive in gruppo.
Un gruppo che ha la supervisione di un direttore, o addirittura di più conduttori.
Se la classe divenisse il centro dell’insegnamento della scuola dell’obbligo, permetterebbe di dotare i singoli della capacità anche critica, ma soprattutto esperienziale, di come stare nel gruppo, di come fare gruppo senza opposizioni e conflitti che possono di fatto escludere o rendere succubi.
La classe al centro, al posto del singolo, è una strategia che farebbe della scuola un’istituzione che insegna a vivere, e trasformerebbe la cultura e il sapere in strumenti per vivere.
Sono dunque contro la competitività, il solipsismo che la società del tempo presente ha promosso persino negli asili, come se la vita fosse lotta e il successo fosse quello sancito da Darwin, fondato sulla eliminazione dei perdenti da parte di chi si è imposto, e non importa con quali maniere.
Credo invece che la educazione si fondi sul gruppo, sulla collaborazione, sulla solidarietà e sull’aiuto reciproco che, lo ripeterò all’infinito, non escludono il talento, che semplicemente si sviluppa e si esprime dentro il gruppo, per il gruppo e non per il proprio Io.
La scuola risente ormai della tendenza sociale a delirare sull’Io…

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