Wednesday, 28 October 2015

da Lettera a una professoressa (Scuola di Barbiana)

“Gianni fu il più difficile. Dalla vostra scuola era uscito analfabeta e con l’odio per i libri.
Noi per lui si fecero acrobazie. Si riuscì a fargli amare non dico tutto, ma almeno qualche materia. Ci occorreva solo che lo riempiste di lodi e lo passaste in terza.  Ci avremmo pensato noi, in seguito a farmi amare anche il resto.
Ma gli esami una professoressa gli disse:
“Perché via a una scuola privata? Lo vedi che no ti sai esprimere?” “…”.
Lo so anch’io che Gianni non si sa esprimere.
Battiamoci il petto tutti quanti. Ma prima voi che l’avevate buttato fuori di scuola l’anno prima.
Bella cura la vostra.

Del resto bisognerebbe intendersi su cosa sia la lingua corretta. Le lingue le creano i poveri e poi seguitano a rinnovarle all’infinito. I ricchi le cristallizzano per poter sfottere chi non parla come loro. O per bocciarlo.
Voi dite che Pierino del dottore scrive bene. Per forza, parla come voi. Appartiene alla ditta.
Invece la lingua che parla e scrive Gianni è quella del so babbo. Quando Giani era piccino chiamava la radio lalla. E il babbo serio: “non si dice lalla, si dice aradio”.
Ora, se è possibile, è bene che Gianni impari a dire anche radio. La vostra lingua potrebbe fargli comodo. Ma intanto non potete cacciarlo dalla scuola.
“Tutti i cittadini sono eguali, senza distinzione di lingua” l’ha detto la Costituzione pensando a lui.
Ma voi avete più in onore la grammatica che la Costituzione. E Gianni non è più tornato neanche da noi.
Noi non ce ne diamo pace. Lo seguiamo di lontano. S’è saputo che non va più in chiesa, né alla sezione di nessun partito. Va in officina e spazza. Nelle ore libere segue le mode come un burattino obbediente. Il sabato a ballare, la domenica allo stadio.
Voi di lui non sapete neanche che esiste.
Così è stato il nostro primo incontro con voi. Attraverso i ragazzi che non volete.
L’abbiamo visto anche noi che non loro la scuola diventa più difficile. Qualche volta viene la tentazione di levarseli di torno. Ma se si perde loro, la scuola non è più scuola. È un ospedale che cura i sani e respinge i malati. Diventa uno strumento di differenziazione sempre più irrimediabile.
E voi ve la sentite di fare questa parte nel mondo? Allora chiamateli, insistete, ricominciate tutto da capo all’infinito a costo di passare da pazzi.

Meglio passare da pazzi che essere strumento di razzismo.”

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