Thursday, 4 November 2010

Simone Weil

Simone Weil è un personaggio molto interessante, da conoscere, perché è tra uno di questi santi definiti come “chi ha denunciato l’ingiustizia”, chi ha cercato di realizzare questo nella sua vita.

“Ella fu tutta la vita ossessionata dai mille schiavi crocifissi prima di Gesù, ossessionata da questo immenso bosco di patiboli nei quali furono inchiodai molti precursori di Gesù di cui nessun centurione fa memoria dopo aver udito l’ultimo grido come invece fece il centurione con Gesù. E io sono ossessionata per le tante croci che sono state levate dopo Gesù Cristo da parte di una cristianità cieca e sorda che nei loro poveri corpi sottometteva anche la tortura. Non ha mai riconosciuto colui i cui piedi e le cui mani furono trapassate il giorno del venerdì santo”. Diceva “così succede anche nelle nostre città e nelle nostre case”. Questo aspetto della storia che, nelle varie vicissitudini storiche che ci sono state, ha visto come tante volte ci si è dimenticati di Gesù, nel senso che l’uomo dimenticandosi di Gesù è stato capace solo di fare del male. Personaggi come Simone Weil sono interessanti perché vissero totalmente la loro storia, le circostanze che erano chiamati a vivere.

Simone Weil morì giovanissima, nasce nel 1909 e muore nel 1943.
Muore di inedia; aveva smesso di mangiare, si era abbandonata alla morte. Questo come scelta che lei fece. Gabriele Marcel, filosofo cristiano del primo ‘900 la definisce “la testimone dell’assoluto”. Mentre Charles De Gaulle –amico di Simone Weil, lei è francese- durante l’occupazione nazista si avvicinò a Simon e lei, che era già attiva politica della resistenza e della rivoluzione, aveva proposto di portare avanti la rivoluzione partigiana francese grazie all’aiuto delle donne straniere al fronte. Naturalmente Charles De Gaulle reagì a questa sua idea delle infermiere in prima linea pensando che fosse pazza. E così la mandò via e non prese in considerazione le idea che aveva da proporre.
La vita di Simone Weil sembra apparentemente tutta una sconfitta: niente ebbe successo di tutto quello che lei prese in mano. Però in tutte le cose lei aveva scelto di dedicare il suo tempo a quelli che lei chiama “schiavi” che sono quelli che sono vittime dell’oppressione che può essere la società, la fame, la guerra. Quindi lei decide di condividere come scelta la condizione di tutte queste persone, i più emarginati della terra, dei più disagiati, ecc.. e lo fa non solo dal punto di vista intellettuale -lei era donna di cultura- ma proprio sul campo.
Simone Weil è di origini ebraiche; questo spiega tanto della sua vita e soprattutto questa sua caparbietà nel non voler accettare completamente la sua identità ebrea. Era ebrea da entrambe le parti. Il padre era un ebreo tedesco, la madre invece era russa. La madre le da una formazione molto rigida; sia lei che suo fratello ebbero, però, la fortuna di poter studiare. Suo padre è medico; sono borghesi, messi bene economicamente per la Francia degli inizi del ‘900. Studia filosofia all’università in cui hanno studiato tutti i più grandi luminari del tempo e in quanto a ricerca speculativa di filosofia è paragonata a Edith Stein o Hannah Arendt, che sono fra le filosofe di spicco del 900. Quindi una figura molto colta che non seppe mai accettare la sua identità ebraica, un po’ per la posizione della legge ebraica, un po’ perché, leggendo il Vecchio testamento, non riuscì mai ad accettare il fatto che il popolo ebraico fece tanti mali.

Man mano che la sua vita va avanti e si avvicina al cristianesimo, per lei è inaccettabile che Gesù sia stato messo a morte proprio dagli Ebrei. Per questo non volere accettare la propria origine, non riuscì mai ad ottenere il battesimo, perché i preti la rifiutarono più volte; tutti i preti a cui si rivolse non accettarono mai di battezzarla nonostante la sua grande fede. Per chi ha visto la fiction “Santa Teresa d’Avila”, ci sono tanti aspetti, nella mistica di Simone Weil, del suo rapporto personale con Dio, che la ricordano. Paolo VI disse che era addirittura da far santa. Però per questa sua non accettazione dell’Antico testamento non venne mai battezzata, nonostante avesse rapporti con alcuni degli intellettuali più importanti del 900, come Bernanos, Schumann, Albert Camus, con il quale combattè nella resistenza.

Insomma, fu cristiana in tutto e per tutto tranne che per il “bollino” dalla Chiesa. Per lei si può parlare veramente di battesimo di desiderio. Ci sono diversi tipi di battesimo: quello d’acqua, quello di fuoco e quello di desiderio. Quello d’acqua è quello che avete fatto tutti alla nascita, ma quello più vero, tra tutti, è quello di desiderio, cioè quello che hanno gli adulti che magari non appartengono alla fede cristiana per tradizione, ma vogliono farne parte, perché sentono di appartenervici, e per alcuni dei quali viene poi a coincidere anche quello di acqua. Per lei, invece, fu sempre il caso di battesimo di desiderio, se non di battesimo di fuoco, che è quello dei martiri, cioè di quelli che morirono non battezzati, e che non si avvicinarono mai a Dio, ma furono riconosciuti come cristiani, perché non volevano solo appartenere alla Chiesa, ma totalmente a Dio.

Guardiamo tutte le tappe della sua vita: la sua vita si può dividere in tappe, perché lei volle provare diverse cose, ma in tutte ci fu il fallimento. Le condizioni di miseria o difficoltà che lei volle condividere con la gente non ebbero mai buon esito, perché per un motivo o per l’altro andò sempre male. Infatti una volta disse, con ironia: “Sono una fallita: vado a fare l’operaia e mi ammalo, vado a fare la guerra e torno bruciata, non mi resta che il marciapiede”. Ma un suo amico le disse che avrebbe fallito anche lì, perché “Guarda come sei messa”, umoristicamente parlando. Perché lei era molto deperita. Dopo tutte queste esperienze che farà…

La formazione che ha è molto importante. Il fratello, Andrè, diventerà un matematico molto importante, famosissimo, e lei in tutta la sua vita venne spesso paragonata a una figura o a quell’altra, a seconda della vicissitudine in cui si trovava. Un esempio è quello di Don Milani, paragonato a lei per l’impegno sociale. Anche Madelaine Delbrêl venne paragonata a lei per i rapporti con i Marxisti, ma anche questi la deludono profondamente. Nella scelta finale che fa, di condividere la fame e la povertà della gente fino alla morte, da tanti è stata paragonata a San Francesco, che è il personaggio che la ispira alla conversione cristiana.

È una donna molto attiva, è del tutto fuori dalle righe, perché va anche a fare la guerra, nel senso che partecipa alla Resistenza. Anche per questo è poco accettabile dalla Chiesa. Durante gli studi ha diversi incontri con alcuni professori, tra il 1925-28, all’università e al liceo, che hanno un impatto molto importante su di lei, e le provocano una riflessione religiosa. In particolare, un professore che si chiamava Emile Chartier, che, pare, sia famosissimo, era uno dei filosofi francesi più importanti. Anche se lei non ha mai amato né il surrealismo né il dadaismo, che erano le correnti artistiche più in voga, amava profondamente l’arte, in particolare l’arte antica. Aveva un fidanzato, che tenne sempre nascosto, che fece maturare in lei la scelta di dire: “L’amore prima di tutto, ma non deve essere un amore personale, terreno, ma un amore, terreno se vogliamo, ma rivolto all’assoluto, cioè a tutti gli uomini”. Quindi questo grande amore per questo giovane scompare velocemente. Alla fine della guerra comincia a bazzicare in ambenti socialisti e marxisti. Conosce Trotsky, diventa sua amica tanto da, più avanti, ospitarlo in casa per proteggerlo quando quando si trova a dover nascondersi e fuggire. Suo padre, ebreo, cominciò ad avere qualche noia, e si dovette trasferire in periferia.

Nel ’31 diventa insegnante e le viene assegnato come posto un paesino vicino a Parigi, cosa che lei odiò, perché avrebbe preferito una grande città come Parigi o Marsiglia. Invece è proprio lì che comincia la sua attività politica vera e propria, perché come insegnante si avvicinò ai sindacati del paesino. Diventa guida del sindacato e la tacciano di essere una rivoluzionaria, addirittura il giornale del paesino scrive articoli contro di lei per screditarla, additandola come “perturbatrice sociale”. Lei definisce questi anni, soprattutto il ’31, come quelli “della croce” intesa come croce fisica, perché soffriva di fortissima emicrania. Solo alla fine della sua vita si accorgeranno che i suoi mal di testa sono provocati dalla tubercolosi.

L’anno della croce anche perché comincia a vedere come tutti i grandi ideali marxisti non portavano a niente; la rivoluzione era riservata ai partiti e non teneva conto degli uomini, critica Stalin e si avvicina ad altri ambienti, ma poi il suo pensiero diventa più netto quando si accorge di essere stata usata dal partito comunista. Inizia a disperare e anche con Trotsky il rapporti si allentano, fino al 33, anno della disperazione più totale, quando lei decide di andare in Germania, durante la salita al potere di Hitler: va là per vedere la condizione degli operai, in questa Germania che si diceva “risollevata” dopo il primo conflitto mondiale e trova l’industria molto sviluppata, ma la condizione degli operai pessima, unita all’incapacità del partito comunista che non si oppone più a nulla. Torna indietro delusa e arrabbiata con tutti i partiti marxisti e trostkisti fino al suo abbandono totale della prima linea, perché secondo lei non è così che si porta avanti la rivoluzione; lei desiderava condividere tutto con i poveri che vivevano la croce, doveva scendere in campo con la gente. L’unica cosa che fa a livello politico è nascondere i comunisti tedeschi in fuga. Lei a questo punto dice: “Ciò non esclude in me, nel modo più assoluto, la partecipazione a un grande movimento di massa spontaneo nei ranghi, come soldato, ma non voglio nessuna responsabilità, per quanto piccola, nemmeno indiretta perché sono sicura che tutto il sangue che verrà versato verrà versato invano e che si è battuti in partenza”. Questo fatto di condividere con i ranghi nei livelli più basso lo metterà in pratica, più avanti nella storia, con la Resistenza, lavorando con De Grulle e Camus; adesso lo fa chiedendo un anno di congedo dall’insegnamento per studi, ma in realtà va a lavorare in fabbrica come metalmeccanico, prima per sei mesi nella prima fabbrica (poi deve smettere, perché fa da tornitrice e si ferisce e non può più lavorare) e poi in diverse altre fabbriche ove lavora per un anno e mezzo. Nel dicembre del ‘36 viene assunta alle officina Alston di Parigi dove vive la lotta in solitudine condividendo tutto con questi schiavi sociali; la sua vocazione capisce essere quella di partecipare alla vita dei poveri del suo tempo.

Tutti questi racconti sono racchiusi nel “Giornale di fabbrica”.

Sempre in questo periodo si avvicina al cristianesimo perché si accorge che l’unica speranza cui si possono attaccarsi gli operai è quella che Gesù ha prospettato e, visto che vuole condividere tutto con loro, comincia a conoscere il cristianesimo e comincia a intendere il suo lavoro come il lavoro che Gesù faceva a Nazaret con i suo genitori. È la sua formazione.

Dopo questi due anni di lavoro nelle fabbriche deve abbandonare perché non è capace, e la famiglia la riaccoglie in casa per farla curare. Finito il riposo torna a fare l’insegnate e capisce che è quello il luogo a lei destinato. Continua però a interessarsi di problemi sociali, ma come giornalista, denunciando e polemizzando contro lo sfruttamento dei lavoratori. Durante l’inverno per circa di un mese prova anche il lavoro agricolo (d’inverno nelle fattorie non si fa nulla). Lei aveva bisogno di una prova fisica: con gli intellettuali si scambiava idee, ma se questo non aveva riscontro con la vita pratica per lei non aveva senso l’incarnazione di Gesù. Per questo cerca sempre di rimanere attaccata all’impegno pratico e nonostante l’attività di giornalista, scrive due articoli molto belli “Tra di noi” e “Rivoluzione proletaria”, e poi arriva la nuova scintilla che fa nascere in lei una possibilità nuova: la guerra civile spagnola del ’36. Furiosa contro Franco che usava il cristianesimo come baluardo dell’occupazione dittatoriale, parte per arruolarsi nelle truppe anarchiche. Nel ‘36 entra in Spagna con il cartellino di giornalista, ma andrà poi subito ad arruolarsi.

Doveva combattere sull’Ebro, da insegnate a sindacalista a operaia e ora guerrigliera.

Rimane lì dieci giorni, perché poi si ustiona una gamba con un fucile e lascia il campo per poter essere curata. Volontà di condividere tutto. Al ritorno dalla guerra comincia un periodo di profonda crisi dopo i fallimenti e non trova un qualcosa nel quale possa esprimersi questa sua vera dedizione agli schiavi e ai poveri e comincia questo suo avvicinamento alla fede.

Lei scriverà: “A Dio (e scritto una volta lo scrivo per sempre) aspetta di occuparsi di me e a me spetta di occuparmi di Dio” lei sceglie un esilio dalla vita normale perché non vuole vivere come una giovane ebrea di buona famiglia parigina, in questo momento di crisi decide di fare un viaggio e va in Italia a Roma e Firenze e il viaggio ad Assisi, lei va la per le opere di Giotto, la contemplazione dell’arte per lei è fatta per dare all’uomo la possibilità di condividere ciò che tutte le creature possono condividere.

Ma poi ciò che la colpisce di più è la Porziuncola, la cappella data a S Francesco, e l’avvicinamento alla sua figura. Tutti gli raccontano le sue storie e da tutti viene definito il “pazzo” e lei si identifica con questa figura perché anche lei non viene mai compresa: “Mentre ero sola nella piccola cappella romanica del secolo XII di Santa Maria degli Angeli, incomparabile di purezza, in cui S. Francesco ha pregato tante volte qualcosa di più forte di me mi ha obbligato per la prima volta nella mia vita ad inginocchiarmi” comincia a pregare senza accorgersene e senza sapere come si fa, ma prega S. Francesco che ha vissuto in mezzo ai lebbrosi e ha scoperto Dio negli sventurati e nei deboli, che aveva visto Cristo come servo ed era stato piccolo e idiota. Schiavitù, minorità e ancora più povertà sono le parole che iniziano ad entrare nel cervello di questa donna e dal quale non si stacca più. Capisce che soltanto - lei scriverà un’opera di teologia “L’attesa di Dio”, dedicandosi a qualcosa di totale e allora si riceverà un sovrappiù.

Che cosa mai ha in mente questa donna? Capisce che qualcosa in lei deve cambiare: “Quello che occorre non è un nuovo ordine francescano, un nuovo ordine un nuovo abito monacale, un convento sono solo un separazione dal mondo occorre che una classe privilegiata faccia risplendere tra le classi miserevoli le virtù della povertà spirituale per questo è necessario che i membri di questa classe privilegiata siano innanzitutto poveri non solo in spirito ma anche affettivamente”. Degli uomini che si dedichino a Dio, ma che non si ritirino dal mondo. “Un ordine religioso senza abito né insegna composto da uomini e donne che hanno assunto l’impegno implicito piuttosto che esplicito di osservare la povertà, la castità e di obbedire nel limite del compatibile agli ordine ricevuti per il tramite della coscienza, un ordine al quale si impartisse la più elevata cultura estetica, filosofica e teologica e i cui membri fossero disposti per poco che le circostanze lo esigano ad astenersi per anni a qualsiasi pratica religiosa a discendere come criminali nelle prigioni come operai nelle fabbriche come contadini nei campi di lavoro”.

Non è l’unica perché vi ricordo che a quel tempo c’erano i preti operai e Madleine Delbrel, Charles de Foucauld e poi c’è questo momento di conoscenza di intellettuali come Bernanos con il quale inizierà una corrispondenza di fuoco -perché lui inizialmente appoggia il regime di Franco- e poi però si avvicinano e diventano amici: con lui condivide l’idea che il vero cristiano, quello che vuole vivere con gli schiavi, non è quello che sta nelle retrovie, ma è questione di stare al fronte, qualsiasi fronte sia.

E poi la sua grande delusione politica al ritorno della guerra di Spagna; anche lì la buona volontà dei partiti comunisti viene distrutta dalla frammentazione interna: non c’era l’ideale di aiutare gli uomini. Quello che ora è più importante sono i fatti storici che andranno a incominciare. lei dice: “Esistono degli sfruttati, esistono dei rivoltosi. Questi rivoltosi hanno ucciso, si sono fatti uccidere, non hanno distrutto né espresso nemmeno attenuto lo sfruttamento non basta sollevarsi con il disordine sociale bisogna cambiarlo e non si può cambiarlo senza conoscerlo” Questo è quello che lei vede di tutte le lotte a cui ha partecipato. L’unica cosa che si può fare per lottare spem contra spem è la gratuità, cioè l’amore gratuito verso l’altro che può portare anche il sacrificio totale di sé. Ora la cosa che le sta più a cuore sono gli operai, ma soprattutto la classe operaia tedesca, perché sono quelli che vede essere le più grandi vittime della terra. In questo senso sono interessanti le analisi di filosofia politica che lei fa, lei ha l’idea di prestigio del successo che deve dominare su tutto che è il male assoluto che entra nell’uomo. Questo è il centro della sua idea e anche nella cristianità. Quando avanza questo prestigio, cade tutto, perché si diventa come gli altri. Questo lo pensa guardando a Franco e alla scritta che hanno sui cinturoni i militari tedeschi “Got mitt uns” cioè “Dio con noi” Quindi anche personaggi come Giovanna d’Arco o Carlo Magno sono da stroncare perché si sono lasciati prendere dal potere che poteva derivare dalla loro lotta.

Scoppia la seconda guerra mondiale in concomitanza con l’incontro più importante della sua vita che è con il prete Padre Perren; egli conosce la sua formazione e comprendere perché lei non ha chiesto il battesimo, perché per lei entrare nella chiesa non vuol dire entrare dentro a una gerarchia stabilità, ma vivere con i poveri e quindi non avendo trovato nulla che si avvicinasse, non è entrata nella chiesa. C’è questo grande problema in lei perché non era né carne né pesce.

Allo stesso tempo con questa corrispondenza c’è un periodo di tranquillità spirituale: “Ho sentito senza esservi affatto preparata, poiché non avevo mai letto i mistici, una presenza più personale più certa più reale di quella di un essere umano inaccessibile ai sensi e all’immaginazione analoga all’amore che traspare al più tenero essere umano. Da questo momento il nome di dio e quello di Cristo si sono mischiati in modo sempre più irresistibile nei miei pensieri”. Ha visto la praticità, cosa voglia dire l’incarnazione di Dio, perché sia possibile per l’uomo condividere con l’altro.


Allo scoppio della seconda guerra mondiale il suo scopo è quello di voler arrestare con qualsiasi mezzo possibile l’avanzata di Hitler; il problema è che lei è ebrea ed è francese e quindi era pericoloso stare lì. Si deve spostare da Parigi e va a Vichy e poi da lì va a Marsiglia, ma aveva l’idea di spostarsi in Algeria dove si stavano organizzando le brigate della Resistenza con Camus. Qui viene fuori la sua propensione a sostenere la causa della resistenza contro Hitler. Ma alla fine pensa di andare in Inghilterra dove c’era un altro gruppo di Resistenza: ma da Marsiglia non c’è possibilità.

Quindi l’unica cosa che può fare è quello di scappare in America, lei accetta solo con l’idea di fare poi da là i documenti per andare in Inghilterra. Lei, insieme alla sua famiglia, parte nel ’42 e ci arriva. Vi leggo un altro pezzo che scrive prima di partire a Padre Perren: “Lei parla di questo incontro con Dio come incontro con questo amore divino che lo definisce Qualcuno”, qualcuno che la seduce e la plasma e ricrea la sua anima e la sua intelligenza; non sa identificare che Dio sia, perché, da quello che ha sentito in giro, non è quello cristiano: sa solo che è Qualcuno.

“È entrata nella mia camera e disse: - miserabile che non comprendi nulla, che non sai nulla, vieni con me e ti insegnerò cose che neppure sospetti-. Io lo seguii e mi portò in una chiesa era nuova e brutta mi condusse di fronte all’altare e mi disse: - inginocchiati- Io le dissi: -non sono battezzata-. Disse: -cadi in ginocchio davanti a questo luogo con amore davanti al luogo in cui esiste la verità- Io obbedii. Mi fece uscire e salire fino a una mansarda da dove si vedeva attraverso la finestra aperta tutta a città, qualche impalcatura di legno il fiume, dove alcune imbarcazioni venivano scaricate nella stanza c’erano solo un tavolo e due sedie mi fece sedere eravamo soli parlò talvolta qualcuno entrava si univa alla conversazione e poi se ne andava. Non era più inverno e non era ancora primavera: i rami degli alberi erano nudi e senza gemme in un’aria fredda e piena di sole la luce sorgeva splendeva diminuiva poi la luna e le stelle entravano dalla finestra e di nuovo sorgeva l’aurora talvolta taceva prendeva dall’armadio un pane. Lo dividevamo quel pane. Aveva davvero il gusto del pane: non ho mai più ritrovato quel gusto. Mi versava e si versava del vino che aveva il gusto del sole della terra dove era costruita quella città. Talvolta ci stendevamo sui pavimenti della mansarda e la dolcezza del sonno scendeva su di me poi mi svegliavo e bevevo la luce del sole. Mi aveva promesso un insegnamento, ma non mi insegnò nulla. Discutevamo di tutto senza ordine alcuno come vecchi amici. Un giorno mi disse: -Ora vattene-. Caddi in ginocchio abbracciai le sue gambe per supplicare di non scacciarmi ma lui mi gettò per le scale. Ne discesi senza rendermi conto di nulla, il cuore come in pezzi. Poi mi accorsi che non aveva affatto idea di dove si trovasse quella casa, ma non ho mai più tentato di ritrovarla. Capii che era venuto a cercarmi per errore. Il mio posto non è in quella mansarda: esso è dovunque. Nella segreta di una prigione e in uno di quei salotti borghesi pieno di ninnoli e di peluche rosso, in una sala di attesa della stazione ovunque ma non in quella mansarda. Qualche volta non posso impedirmi con un po’ di rimorso un po’ di ciò che egli mi ha detto come sapeva se mi ricordo esattamente egli non è qui per dirmelo. So bene che non mi ama come potrebbe amarmi e tuttavia in fondo a me qualcosa, un punto di me, non può impedirmi di pensare tremando di paura che forse malgrado tutto mi ama”: questa presenza, ovviamente, è quella di cristo. A padre Perren lascia anche tutti i suoi scritti che lui pubblica con il testo “Attesa di Dio” e parte per gli Stati Uniti. Arrivata lì comincia a dedicarsi ai poveri e va ad Harlem e comincia ad occuparsi della gente povera di colore frequenta le chiese e la prendono in giro dicendo che si sarebbe fatta negra. Questo risponde all’idea che si fa parte del popolo che egli incontra. Lei, ovviamente, visti i tormentati della gente va con la gente più emarginata. Nel frattempo è un occuparsi il tempo, nel mentre che cerca di avere i visti per tornare in Inghilterra, che sono difficili di avere e qui conosce altri due personaggi Schumann, filosofo e politologo, e Maritain, in fuga anche lui. Lui però cerca di bloccarla, ma lei risponde che lei lo fa soprattutto per i suoi francesi. Il suo unico chiodo fisso è prendere parte della resistenza anche se non può provare il dolore di quella gente sul suo corpo. Intuisce che il tempo che le rimane da vivere è poco per via del suo fisico malandato. Unica cosa che poteva fare era dare la vita fino in fondo. Il tempo che le rimane è la croce, assumendo su di se la sofferenza del popolo intero.

Prima di partire per l’America ha alcuni colloqui per poter avere il battesimo ma non ci riesce. Un sacerdote le dice “un’anima tormentata e infelice di assoluta sincerità il cui pensiero ricava traccia di un conflitto interiore!” ma che non è ancora pronta per il battesimo. Un gesuita che incontra le dice che finché non accetterà tutti i mali del vecchio testamento in nome di Dio non potrà prendere il battesimo.

Unica soddisfazione è che nasce una bimba a suo fratello e suggerisce a suo fratello di farla battezzare. Durante il viaggio verso l’Inghilterra manda una nota a Charles de Gaulle in cui gli descrive il suo progetto di ritorno al fronte con le crocerossine. Questo per l’idea di missione che lei aveva. De Gaulle risponde che lei è pazza.

Riesce poi a partire grazie all’intervento di Andrè Philppe, che è il commissario per il comitato nazionale per la francia libera. Inizialmente lui la accusa di essere una simpatizzante nazista. Il 10 novembre del ‘42 arriva a New York, ma di fatto rimane otto mesi in ospedale; lei aveva intuito che la sua vita era verso la fine, aveva già iniziato il digiuno durante il viaggio in nave. Un suo compagno di viaggio le intimava di non lasciarsi sfinire dal digiuno, ma lei rispondeva che non poteva permettersi di nutrirsi più di quanto possano fare i francesi occupati da Hitler.

Morirà di inedia, rifiuta il cibo, e in uno dei suoi ultimi scritti che lascia alla sua dottoressa dice “sono ebrea ma desidero farmi cattolica, benché esista un ultimo punto in sospeso, la mia vocazione mi impone di restare fuori dalla chiesa e questo per il servizio di dio e della fede nel campo dell’intelligenza. Il grado di onestà intellettuale che mi è obbligatorio in ragione della mia vocazione particolare esige che il mio pensiero sia indifferente a tutte le idee senza eccezion comprese il materialismo e l’ateismo”.

E sceglie di morire, e sembra strano come appare questa donna, deperita al massimo; compare esattamente uguale a quegli ebrei morti nei campi di concentramento, come se f0sse martire tanto quanto loro.

La dottoressa dice “quando è arrivata qui la professoressa Weil era del tutto sicura che saremmo riusciti a guarirla. Giudicammo che la tubercolosi non si trovasse in fase avanzata, quindi, nutrendola bene, la malata aveva buone possibilità di guarigione. La professoressa Weil si lasciava morire di fame e ripeteva che si dovesse mandare il suo cibo ai prigionieri di guerra francesi. Ritengo che la sua morte sia dovuta a collasso cardiaco dovuto ad indebolimento da privazioni e non da tubercolosi. Suicidio o caso di turbamento mentale. La defunta si è condannata e uccisa rifiutando di mangiare in situaione di turbamento mentale.
La seppelliscono nel cimitero cattolico. La sua lapide reca un errore, c’è scritto “Siom” invece di Simon, che per coincidenza era anche il nome di sua madre in ebraico.
Se vi interessa c’è una lunga bibliografia, interessante soprattutto per quanto riguarda il suo lavoro sugli schiavi, di tutti i tipi: schiavi politici, militari, del sociale, nelle loro condizioni mentali finora d assumerselo come croce e dolore personale.

Pensiamo al perché questa figura, una santa anche se non era battezzata o convertita, santa perché lotta per la giustizia, non meno di quelli ufficiali riconosciuti dalla chiesa.

No comments:

Post a Comment