Ci sono storie che difficilmente vengono narrate nei libri di storia, perché rischierebbero di commuovere troppo chi si sta applicando per comprendere le sofferenze della IIGM. Per fortuna che esistono produzioni cinematografiche indipendenti (o quasi) che possono anche apparire mosse dall’ideale di celebrare il proprio eroe nazionale, ma che alla fine ci portano sul grande schermo storie come questa di Ernest Gordon, capitano delle Argyll e Sutherland Highlanders, truppe scozzesi inviate nel Sud-Est asiatico occupato dal Giappone durante la seconda guerra mondiale.
Prigionieri di guerra dei giapponesi, sparuti e orgogliosi soldati scozzesi finiscono in uno dei tanti campi di prigionia della Valle del Kway (già tanto “osannato” dalla cinematografia kult).
Ma questo non è un film kult, questa è la storia vera...
narrata dal protagonista, così come lui stesso si racconta nel libro, scritto alla fine di tutto, “Attraverso la valle del Kwai” che poi ha voluto intitolare “Miracolo sul fiume Kwai” e alla fine edito con il titolo “To end all wars”, “Per finire tutte le guerre”.
Le scene di disumanità e le torture perpetrate dai soldati giapponesi, in nome dell’imperatore e del Bushidō (disprezzo per il militare nemico che si arrende) si accompagnano ai primi passi mossi da questi prigionieri per la costruzione della più grande ferrovia asiatica, la Burma Railway (meglio conosciuta come la “ferrovia della morte” e vi lascio immaginare perché…). Ma proprio dove l’umanità sembra essersi dimenticata dei propri fratelli, può nascere ciò che salva.
Il capitano Gordon ha visto il suo generale orrendamente trucidato dai giapponesi, il suo diretto superiore impazzire dietro un piano di fuga impossibile, l’amico “yankee” disperare e perdersi dietro la tratta di prodotti con la popolazione locale; e davanti a questo sembra lasciarsi morire. Come tutti lì.
Solo un uomo, un certo Dusty, sta cercando qualcosa anche in questo posto dimenticato da Dio, e costruisce una piccola cappella nella giungla, dove qualche soldato possa rifugiarsi a trovare un po’ di conforto. Ed è proprio Dusty che rinunciando alla propria razione quotidiana di riso (unico cibo permesso e essenziale per essere in grado di lavorare alla ferrovia, se no si è finiti) fa capire a Ernest che gli è stata concessa un’altra possibilità. Ma come andare avanti in questa disperazione? Come non impazzire davanti al pensiero di casa? Al pensiero della mancata carriera di professore di filosofia in cui sperava? Ernest sognava un futuro da insegnate; ma il suo futuro si sta giocando qui, in questo istante. E allora è qui che farà l’insegnante! Comincerà a radunare un piccolo gruppo di desiderosi di apprendere la filosofia di Platone, la notte, nell’unico luogo dove i giapponesi non vanno, la tenda dei cadaveri. Ma la notizia presto di sparge nel campo e presto gli si presentano davanti altri due soldati in fin di vita che chiedono di potere insegnare anche loro; uno è professore di arte, l’altro di letteratura inglese. Ma come fare se il solo libro che hanno a disposizione a scuola è la Repubblica di Platone? Recitare Shakesperare a memoria è ciò che ridà la dignità a quest’uomo che non sperava più nulla; e ad ogni scena dell’Otello o del Giulio Cesare che avanza la vita torna a scorrere.
E l’umanità torna anche in questo campo di morte, accompagnata dagli insegnamenti di Dusty che, come un profeta, sostiene i prigionieri con il Vangelo, insegnando loro che “non c’è amore più grande di questo: dare la vita per i propri fratelli”. E sarà proprio lui stesso a dare la vita per insegnare il perdono al Maggiore incapace di amore e compassione verso i propri fratelli. Ma chi non accetta il perdono su di sé può solo evadere nella violenza.
I giapponesi si accorgono che qualcosa nei loro prigionieri sta cambiando; sono “più uomini”. E li premiano per la costruzione rapida della ferrovia, incapaci di comprendere il sacrificio e l’amore non per se stessi, o per l’imperatore, ma solo per il proprio fratello. Cominciano i bombardamenti alleati sul campo e da lontano arrivano altri feriti su un camion; i giapponesi stessi non vogliono accogliere i loro stessi commilitoni feriti.
Ma Ernest sì; è il primo a curare il nemico in fin di vita e a lui si uniscono tanti altri.
È la sconfitta totale per i giapponesi. È la sconfitta totale della violenza, del male, della disumanità; è il perdono.
To End all Wars (tit. it Fight for Freedom)
Diretto da David L. Cunningham; Produzione Scozia 2001
Con Robert Carlyle, Ciaran McMenamin, Kiefer Sutherland, Sakae Kimura
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