Wednesday, 10 November 2010

The Wind that shakes the barley...

IL VENTO CHE ACCAREZZA L’ERBA
Un film di Ken Loach. Titolo originale The Wind That Shakes the Barley. Drammatico, Francia, Irlanda, Gran Bretagna 2006.

Il titolo, che traduce alla lettera l'originale 'The Wind that Shakes the Barley', in italiano non vuol dire niente, ma richiama i versi di un poeta ottocentesco, Robert Dwyer Joyce, per una canzone nota in Irlanda.
E siamo proprio in Irlanda, 1920: è guerra civile. Contadini e operai delle campagne si uniscono per reagire agli uomini dell’esercito britannico sbarcati in forze sull’isola per impedire qualsiasi tentativo di rivendicazione di indipendenza. Damien, che sta per partire per Londra per consolidare la sua professione di medico, decide di restare per lottare a fianco del fratello Teddy.
 Lo scontro porterà alla firma di un trattato con gli inglesi. Ma non tutto sarà finito perché la vittoria è solo apparente. Saranno le famiglie stesse a dividersi tra chi si ritiene soddisfatto del risultato conseguito e chi invece pensa che l’oppressione abbia solo mascherato la propria strategia.



In un’epoca in cui il terrorismo domina le news del mondo e in cui l’Irlanda del Nord sembra definitivamente uscita, almeno ufficialmente, dalla spirale di odio che l’aveva avviluppata sino a pochi anni fa, può suonare strano che un regista come Ken Loach vada a riaprire una ferita apparentemente ormai suturata. Usiamo questo termine chirurgico perché non è sicuramente casuale il fatto che il protagonista sia un medico. Un giovane che sta per lasciare il Paese ma che non può non reagire dinanzi a episodi di brutale sopraffazione. Questa volta non è il ‘comunista’ Loach che narra ma il ‘britannico’ Ken nato nel Warwickshire che va ad indagare le dinamiche che conducono una persona dotata di cultura e di valori ad impugnare le armi per difendere i deboli contro le prevaricazioni di un Impero.
Michael Collins di Neil Jordan ci aveva mostrato il percorso inverso: da terrorista a firmatario di un accordo ‘politico’ non universalmente condiviso in Irlanda (esito soddisfacente per la neonata Repubblica d’Irlanda, ma atto di vendita al banco dei pegni per l’Ulster). Il Damien di Loach, invece, potrebbe diventare un tranquillo borghese, vita agiata, ben inserito nella società britannica; si troverà invece a confrontarsi su sponde opposte con il proprio stesso sangue. Damien e Teddy due fratelli che ci richiamano, ancor più sofferenti, ma rassegnati, i Caino e Abele di tutto il mondo; e soprattutto il popolo irlandese che vede i suoi figli spartirsi l’eredità data dal miglior offerente, i proprietari terrieri che vendono le loro terre e quello che ci sta sopra per”un piatto di lenticchie”. Ma soprattutto un’ondata di violenze, ingiustizie, odi fratricidi che sembra non avere fine. E non solo qui. “È facile sapere contro cosa si combatte. Più difficile è sapere in cosa davvero si crede” scriverà. Loach ne è consapevole e in questo film più che mai finisce con l’interrogarsi sulle ragioni degli uni e degli altri, non però certamente su quelle degli occupanti inglesi. Su quelle ha idee ben chiare.

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