Lettera a un’insegnante
La buona scuola. Questo è il nome
che il nostro autoreferenziale Premier ha dato alla “sua” nuova riforma della
scuola. E’ la “sua” riforma, perché a un proclamato confronto con il mondo
della scuola, non ha corrisposto un reale dialogo con chi nella scuola lavora,
docenti e non docenti, e con le parti sociali. Inoltre il percorso legislativo
di approvazione di questa riforma, da tanti ritenuto democratico, è avvenuto
con una consultazione tramite un questionario on-line, del quale nessuno sapeva
nulla e nella quale nessuna delle parti in causa è stata ascoltata. Eppure, le
consultazioni si sono chiuse il 15 novembre, e anche grazie alla spinta data
dai recenti provvedimenti della Corte di Giustizia europea, la riforma inizierà
il suo iter di approvazione.
Questa riforma non può passare
inosservata. Una legge governativa, in un ambito così importante come la scuola
è un insulto, è demagogia, è una soluzione di facciata.
Non c’è stata informazione, non
c’è stato dialogo con chi lavora nella scuola e con le parti sociali: la
problematica educativa, per sua natura ampia e complessa, deve essere discussa
in un confronto aperto tra chi la vive ed ha come sua preoccupazione lo
sviluppo dell’uomo nella sua totalità.
La scuola italiana ha, indubbiamente,
bisogno di essere migliorata, ma il documento proposto delega agli insegnanti
il compito di ricostruire il degrado di cui vengono accusati, senza prevedere
un investimento economico da parte dello Stato in strutture, in corsi di
formazione, in progetti di accoglienza e sostegno contro la dispersione
scolastica, nell’alfabetizzazione e integrazione degli alunni stranieri,
nell’inserimento di alunni disabili, in percorsi di scuola/lavoro e molto altro
ancora.
In che modo sarebbe “una buona
scuola” per tutti, dal momento che la riforma prevede l’assunzione, sì, di 150
mila docenti precari, presi dalla prima e dalla seconda fascia, ma elimina
totalmente la terza fascia e non accenna minimamente al personale ausiliario?
Tutti questi malcapitati che fine faranno? E’ ora chiaro a tutti il vero motivo
di queste assunzioni, così come l’Europa ha reso evidente: sistemare i precari
per evitare al Governo italiano di essere sanzionato dalla Unione Europea per
ciò che da anni si rifiuta di fare. La normativa sul lavoro ha obbligato i
privati ad assumere a tempo indeterminato tutti dopo tre anni di precariato: ma
il precariato nello Stato non finisce mai?
La scuola diventerà il campo di
battaglia di chi cercherà di fare le scarpe all’altro, il palcoscenico di chi
avrà come obiettivo il proprio progetto meritevole, perché il valore non sarà
più l’esperienza, ma la strategia. La carriera punterà sui cosiddetti “scatti
di competenza”, il cui metro di giudizio sono le conoscenze tecniche e le
funzionalità, tralasciando la passione del rapporto umano. Ci sono cose
nell’accompagnamento del bambino e del ragazzo, che non sono valutabili in
scatti di competenza: non puoi valutare, monetizzare, un incontro umano
riuscito.
Vogliamo riportare l’attenzione
sul compito dell’educatore e non ridurre tutto ai 60 euro mensili, che sono
solo il “contentino” per chi da anni lamenta la crisi dell’istituzione
scolastica.
Noi insegnanti vogliamo che sia
ribadito che la nostra preoccupazione è quella di educare all’interno di un
luogo di apprendimento, crescita e relazioni e non quella di fare carriera.
Invece con questa riforma si guarda all’individuo-insegnante, non al suo essere
parte di una comunità educante.
Impegniamoci a creare momenti di
incontro, di dialogo, di confronto e informazione tra chi lavora nelle scuole
su queste nuova, ma ennesima, legge ingiusta!
Chiediamo a tutti di
aderire allo sciopero generale del 12 dicembre 2014,
e di ritrovarci in
piazza a manifestare!
ADERIAMO ALLO SCIOPERO DEL 12 DICEMBRE 2014
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