Wednesday, 14 January 2015

Chomsky sui fatti di Parigi

NOI SIAMO TUTTI - RIEMPIRE IL VUOTO
10 January 2015

di Noam Chomsky

(segue il testo originale in inglese)
Il terrorismo non è terrorismo quando un molto più grave attacco terroristico è compiuto da quelli che sono i Giusti della virtù del loro potere.

Il mondo ha reagito con orrore all’attacco omicida al giornale satirico francese Charlie Hebdo. Sul New York Times, il veterano corrispondente dall’Europa Steven Erlanger, ha descritto graficamente l’immediata conseguenza, che molti chiamano l’11/9 francese, come “un giorno di sirene, elicotteri nell’aria, frenetici bollettini di notizie; di cordoni di polizia e folle ansiose; di bambini portati via dalle scuole per la sicurezza. E’ stato un giorno, come i due precedenti, di sangue e orrore a e intorno a Parigi”. L’enorme clamore in tutto il mondo è stato accompagnato dalla riflessione sulle profonde radici dell’atrocità. "Molti percepiscono uno scontro di civiltà", dice un titolo del New York Times.

La reazione di orrore e repulsione del crimine è giustificata, come lo è la ricerca di radici profonde, finché manteniamo certi principi saldi nella mente. 

La reazione dovrebbe essere completamente indipendente da quello che si pensa di questo giornale e di quello che esso produce. L’appassionato e onnipresente slogan “je suis charlie” e simili, non dovrebbe essere inteso per indicare, nemmeno come suggerimento, ogni associazione con la rivista, per lo meno nel contesto della difesa della libertà di parola.

Piuttosto dovrebbero esprimere la difesa al diritto alla libertà di espressione, qualunque cosa si pensi dei contenuti, anche se sono considerati odiosi e depravati. 

E gli slogans dovrebbero inoltre esprimere condanna della violenza e del terrore.

Il capo del Partito Labourista israeliano e il principale sfidante per le prossime elezioni in Israele, Isaac Herzog, ha quasi ragione quando dice che “il terrorismo è il terrorismo. Non ci sono due vie per farlo”. Egli ha anche ragione nel dire che “tutte le nazioni che cercano pace e libertà, affrontano una enorme sfida” dal terrorismo omicida - mettendo da parte la sua interpretazione prevedibile selettiva della sfida.

Erlanger descrive vividamente la scena di orrore. Cita uno dei giornalisti sopravvissuti che dice “tutto si è schiantato. Non c’era via di fuga. C’era fumo dappertutto. E’ stato terribile. La gente urlava. E’ stato come un incubo.” Un altro giornalista sopravvissuto ha raccontato una “enorme detonazione, e tutto si è fatto buio”. La scena, ha riportato Erlanger, “era una di quelle sempre più familiari di vetro fracassato, muri rotti, legni contorti, vernice bruciata e devastazione emotiva.” Almeno 10 persone sono state segnalate morte in un colpo, nell'esplosione, con 20 dispersi, "presumibilmente sepolti tra le macerie."

Queste citazioni, come ci ricorda l’infaticabile David Peterson, non sono, comunque, del gennaio 2015. Piuttosto, sono prese da un racconti di Erlanger del 24 aprile 1999, che hanno meritato solo pagina 6 del New York Times, non raggiungendo il significato dell'attacco Charlie Hebdo.

Erlanger stava raccontando dell’”attacco missilistico sui quartieri generali della televisione serba” da parte della NATO (cioè degli Stai Uniti) che “mise Radio Televiosion Serbia” fuori onda.

Ci fu una giustificazione ufficiale. “La NATO e gli ufficiali americani hanno difeso l’attacco” racconta Erlanger “in quanto sforzo per minare il regime del Presidente Yugoslavo Slobodan Milosevic”. Il portavoce del Pentagono Kenneth Bacon, disse in un o spaccio a Washington che “la TV serba è tanto parte della macchina assassina di Milosevic quanto lo è la sua milizia” quindi una legittimazione dell’obiettivo dell’attacco.

Il governo yugoslavo disse che “l’intera nazione è con il nostro presidente Slobodan Milosevic” dice Erlanger, aggiungendo che “come il governo sia a conoscenza di ciò con tanta precisione non è chiaro”

Nessuno di tali commenti sarcastici è in ordine, quando leggiamo che la Francia piange i morti e il mondo è indignato per le atrocità. E’ inoltre necessario che non ci siano indagini nelle radici più profonde, che non ci siano profonde domande su chi si schiera per la civiltà, e chi per la barbarie.

Quindi, Isaac Herzog, si è sbagliato quando ha detto che “il terrorismo è terrorismo. Non ci sono due vie diverse per farlo”. Ci sono quasi sicuramente due vie per esso: il terrorismo non è terrorismo quando un molto piu grave attacco terroristico è compiuto da quelli che sono Giusti della virtù del loro potere. Similmente non c’è assalto contro la liberta di parola quando I Retti distruggono un canale TV che supporta un governo che loro stanno attaccando.

Per lo stesso motivo, possiamo subito comprendere il commento sul New York Times dell’avvocato per i diritti umani Floyd Adrams, famoso per la sua forte difesa della libertà di espressione, che dice che l’attacco al Charlie Hebdo è “il più minaccioso assalto al giornalismo a memoria d’uomo” che assegna attentamente assalti al giornalismo e atti di terrore alle loro categorie proprie: le Loro, che sono orrende: e le Nostre, che sono virtuose e facilmente dimenticate a memoria d’uomo.

Potremmo ricordare anche che questo è solo uno dei tanti assalti da parte dei Giusti sulla libertà di espressione. Per ricordare solo un esempio che è stata facilmente cancellato dalla memoria d’uomo, l’assalto di Fallujah da parte delle forze US nel novembre 2004, uno dei peggiori crimini dell’invasione in Iraq, iniziato con l’occupazione dell’Ospedale Generale di Fallujah. L’occupazione militare di un ospedale è, certamente, un grave crimine di guerra in se stesso, anche a prescindere dal modo in cui è stato effettuato, blandamente riportato nella storia di prima pagina del New York Times, accompagnato da una fotografia raffigurante il crimine. Il racconto riportava che “i pazienti e gli impiegati dell’ospedale furono sbattuti fuori dalle stanze da soldati armati e obbligati a sedere o a sdraiarsi sul pavimento mentre le truppe legavano loro le mani dietro la schiena. I crimini vennero riportati come altamente meritevoli e giustificati: “l’offensiva ha anche messo a tacere quello che gli ufficiali hanno detto essere un’arma di propaganda dei militanti: l’Ospedale Generale di Fallujah, con il suo flusso di notizie di vittime civili”.
Evidentemente a una tale agenzia di propaganda non può essere consentito di vomitare avanti le sue oscenità volgari. 

We Are All - Fill in the Blank

by Noam Chomsky

Terrorism is not terrorism when a much more severe terrorist attack is carried out by those who are Righteous by virtue of their power 

The world reacted with horror to the murderous attack on the French satirical journal Charlie Hebdo. In the New York Times, veteran Europe correspondent Steven Erlanger graphically described the immediate aftermath, what many call France’s 9/11, as “a day of sirens, helicopters in the air, frantic news bulletins; of police cordons and anxious crowds; of young children led away from schools to safety. It was a day, like the previous two, of blood and horror in and around Paris.” The enormous outcry worldwide was accompanied by reflection about the deeper roots of the atrocity. “Many Perceive a Clash of Civilizations,” a New York Times headline read. 

The reaction of horror and revulsion about the crime is justified, as is the search for deeper roots, as long as we keep some principles firmly in mind. The reaction should be completely independent of what thinks about this journal and what it produces. The passionate and ubiquitous chants “I am Charlie,” and the like, should not be meant to indicate, even hint at, any association with the journal, at least in the context of defense of freedom of speech. Rather, they should express defense of the right of free expression whatever one thinks of the contents, even if they are regarded as hateful and depraved. 

And the chants should also express condemnation for violence and terror. The head of Israel’s Labor Party and the main challenger for the upcoming elections in Israel, Isaac Herzog, is quite right when he says that “Terrorism is terrorism. There’s no two ways about it.” He is also right to say that “All the nations that seek peace and freedom [face] an enormous challenge” from murderous terrorism – putting aside his predictably selective interpretation of the challenge. 

Erlanger vividly describes the scene of horror. He quotes one surviving journalist as saying that “Everything crashed. There was no way out. There was smoke everywhere. It was terrible. People were screaming. It was like a nightmare.” Another surviving journalist reported a “huge detonation, and everything went completely dark.” The scene, Erlanger reported, “was an increasingly familiar one of smashed glass, broken walls, twisted timbers, scorched paint and emotional devastation.” At least 10 people were reported at once to have died in the explosion, with 20 missing, “presumably buried in the rubble.” 

These quotes, as the indefatigable David Peterson reminds us, are not, however, from January 2015. Rather, they are from a story of Erlanger’s on April 24 1999, which made it only to page 6 of the New York Times, not reaching the significance of the Charlie Hebdo attack. Erlanger was reporting on the NATO (meaning US) “missile attack on Serbian state television headquarters” that “knocked Radio Television Serbia off the air.” 

There was an official justification. “NATO and American officials defended the attack,” Erlanger reports, “as an effort to undermine the regime of President Slobodan Milosevic of Yugoslavia.” Pentagon spokesman Kenneth Bacon told a briefing in Washington that “Serb TV is as much a part of Milosevic's murder machine as his military is,” hence a legitimate target of attack. 

The Yugoslavian government said that “The entire nation is with our President, Slobodan Milosevic,” Erlanger reports, adding that “How the Government knows that with such precision was not clear.” 

No such sardonic comments are in order when we read that France mourns the dead and the world is outraged by the atrocity. There need also be no inquiry into the deeper roots, no profound questions about who stands for civilization, and who for barbarism. 

Isaac Herzog, then, is mistaken when he says that “Terrorism is terrorism. There’s no two ways about it.” There are quite definitely two ways about it: terrorism is not terrorism when a much more severe terrorist attack is carried out by those who are Righteous by virtue of their power. Similarly, there is no assault against freedom of speech when the Righteous destroy a TV channel supportive of a government that they are attacking. 

By the same token, we can readily comprehend the comment in the New York Times of civil rights lawyer Floyd Abrams, noted for his forceful defense of freedom of expression, that the Charlie Hebdo attack is “the most threatening assault on journalism in living memory.” He is quite correct about “living memory,” which carefully assigns assaults on journalism and acts of terror to their proper categories: Theirs, which are horrendous; and Ours, which are virtuous and easily dismissed from living memory. 

We might recall as well that this is only one of many assaults by the Righteous on free expression. To mention only one example that is easily erased from “living memory,” the assault on Fallujah by US forces in November 2004, one of the worst crimes of the invasion of Iraq, opened with occupation of Fallujah General Hospital. Military occupation of a hospital is, of course, a serious war crime in itself, even apart from the manner in which it was carried out, blandly reported in a front-page story in the New York Times, accompanied with a photograph depicting the crime. The story reported that “Patients and hospital employees were rushed out of rooms by armed soldiers and ordered to sit or lie on the floor while troops tied their hands behind their backs.” The crimes were reported as highly meritorious, and justified: “The offensive also shut down what officers said was a propaganda weapon for the militants: Fallujah General Hospital, with its stream of reports of civilian casualties.” 

Evidently such a propaganda agency cannot be permitted to spew forth its vulgar obscenities. 



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