L’EDUCAZIONE ALLA LIBERTA’
L’istruzione è, chiaramente, in parte una questione di scuole ed università. ciò è vero sia che il suo fine sia l’educazione alla libertà e alla democrazia, come sosteneva Dewey, sia l’educazione all’obbedienza, alla subordinazione ed alla marginalizzazione, come vogliono le istituzioni dominanti. James Coleman, sociologo dell’università di Chicago, uno dei maggiori studiosi dell’istruzione e degli effetti dell’esperienza sulla vita dei bambini, conclude dopo molti studi che “l’effetto complessivo del contesto famigliare è considerevolmente maggiore dell’effetto totale di tutte le variabili scolastiche nel determinare i risultati degli studenti”. In realtà, circa due volte più forte, conclude. Perciò è importante dare uno sguardo a come le politiche sociali e la cultura dominante stanno plasmando questi fattori, le influenze famigliari e così via.
È un argomento molto interessante. L’indagine è facilitata da uno studio dell’UNICEF pubblicato un anno fa dal titolo: “la negligenza verso i bambini nei paesi ricchi”, scritto da una nota economista americana, Sylvia Ann Hewlett, che studia gli ultimi 15 anni, dai tardi anni 70 ai primi anni 90, nelle nazioni ricche. Non parla dei paesi del terzo mondo ma delle nazioni ricche e trova una divisione netta tra le società angloamericane da un lato, e l’Europa continentale ed il Giappone dall’altro. Il modello angloamericano, affinato dai reaganiani e dalla Thatcher, è stato un disastro per bambini e famiglie, dice. Il modello europeo, in contrasto, ha migliorato le loro condizioni in maniera considerevole, a partire da un livello iniziale già considerevolmente più in alto, nonostante il fatto che le società europee non hanno i vantaggi immensi di quelle angloamericane. Gli USA possiedono una ricchezza e vantaggi senza precedenti, e mentre la Gran Bretagna ha subito un netto declino, in particolare sotto la Thatcher, gode almeno del vantaggio di essere un buon cliente degli USA oltre che uno dei maggior esportatori di petrolio negli anni della Thatcher. Ciò fa apparire il fallimento economico del thatcherismo finanche più drammatico, come hanno mostrato alcuni autentici conservatori britannici, tra cui Lord Ian Gilmour.
Hewlett descrive il disastro angloamericano per i bambini e per le famiglie come “attribuibili” alla preferenza ideologica per i libri mercati. Li propugnava per i poveri ma andò ben oltre il suo predecessore nel domandare ed ottenere un livello altissimo di sussidio pubblico e protezione statale per i ricchi. Comunque si decida di chiamare questa ideologia, è ingiusto macchiare il buon nome del conservatorismo attribuendogli questa forma particolare di statalismo violento, senza legge e reazionario. Chiamatelo come volete, ma non è conservatorismo. Non è il libero mercato.
Comunque Hewlett ha del tutto ragione nell’identificare nel mercato per i poveri, la ragione del disastro per le famiglie ed i loro bambini. E non c’è molto dubbio degli effetti di ciò che Hewlett chiama “lo spirito anti-bambini ed anti-famiglie che scorrazza in queste terre”, nelle terre angloamericane, più drammaticamente negli USA, ma anche in gran Bretagna. Questo modello angloamericano pieno di negligenza, che si basa sulla disciplina di mercato per i poveri, ha privatizzato in gran parte l’allevamento dei figli rendendo allo stesso tempo impossibile per la gran parte della popolazione allevare i propri figli. Questo è stato l’obiettivo combinato e la politica del conservatorismo reaganiano e del suo omologo Thatcheriano. Il risultato è, chiaramente, un disastro per bambini e famiglie.
Noam Chomsky
da "Democrazia e istruzione", conferenza tenuta il 19 ottobre 1994 alla Loyola University di Chicago
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