Walt Kowalski is a veteran of Korean war, a Ford ex-engineering, a few time widower and misanthrope; he is a old irascible man and he spend all his days on his home veranda, with a beer in one hand and a rifle in the other. He is polish, as he likes to repeat; but his district, the world around his own veranda is made by Italians, Irish, Mexican, black people. And moreover there are also the “yellow” people. They are all americans, but everyone is american for is own group, often for his own gang. And more about the old polish man; he has the awareness to have spent all his life at the assembly line; he still is too much proud of what his hands made and settled, starting from the wheel of his Ford Gran Torino of ’72.
But he also is old, and beaten; all round everything is changed, from the meadows in front of the houses to the people’s faces. In this time, without his wife, everything seems to say he is forced to defend the borders between “the old good world” and a new barbaric world that speaks languages he couldn’t understand and who eat inedible foods. He is racist, and he is full of grudge; but inside him there is also the deeper wisdom and an ever-told pain of war memories. And there is something more in Walt’s story; he is also a father's failure to two sons who are just waiting his disappearing to grab his house, furnishings and, of course, the Gran Torino.
Anyway, as in many Clint Eastwood’s movies, the topic is the fatherhood.
And there are also Thao (or “Tardy”, as he calls him), the gook, and his sister Sue, two new sons for the old, cynical, Walt. And Thao awakes something in Walt; after he went over the initial distrust, he decide to teach him what’s the life and the death is, what’s mean commit himself and save himself from the violence (done and suffered). The world is not a better world, but the relationship between Walt and the two guys give a new sense to everything; meeting the other the life is full of meaning and Walt is no longer the man who just could ask himself: “did I throw my life?”
Walt Kowalski è un veterano della guerra di Corea, ex metalmeccanico alla Ford, vedovo da poco e misantropo; un vecchio stizzoso che passa le sue giornate sulla veranda di casa, con una birra in mano e un fucile nell’altra. E’ un polacco, come gli piace ripetere; ma il suo quartiere, il mondo intorno alla sua veranda è fatto di italiani, irlandesi, messicani, neri. E ci sono anche i gialli. Sono tutti americani, ma ognuno lo è per il gruppo, e troppo spesso per la sua banda. Quanto al vecchio polacco, c’è poi la consapevolezza di aver passato decenni alla catena di montaggio; è ancora orgoglioso di quello che le sue mani hanno fatto e montato, a partire dal volante della sua Ford Gran Torino del ’72. Ma è anche vecchio, ed è sconfitto; intorno a lui tutto è cambiato, dai prati di fronte alle case alle facce di chi le abita. Ora che sua moglie non c’è più gli sembra quasi d’essere ogni giorno costretto a difendere la frontiera tra il “buon vecchio mondo” e un nuovo mondo barbarico che parla lingue incomprensibili e che mangia cibi immangiabili. È razzista, ed è pieno di astio; ma in lui c’è anche una sapienza profonda e un dolore mai raccontato nei ricordi di guerra. Poi c’è qualcos’altro nella storia di Walt; è anche un padre mancato di due figli che attendono solo che lui se ne vada per accaparrarsi casa, mobili, e la Gran Torino. In ogni caso; come in molti film di Eastwood, la paternità è il tema al centro del racconto.
E ci sono anche Thao (o “Tardo” come lo chiama lui), il “muso giallo” e sua sorella Sue, due nuovi figli per il vecchio cinico Walt. È Thao, soprattutto, che risveglia in Walt qualcosa; superata l’iniziale diffidenza decide di insegnargli cosa sia la vita e la morte, a darsi da fare nella vita e a salvarsi dalla violenza (sia da quella che potrebbe fare che da quella subita). Il mondo non è migliore, ma il rapporto che si viene a creare tra Walt e i due ragazzi dà un nuovo senso alle cose; nell’incontro con l’altro la vita si riempie di significato e Walt non sarà più quel vecchio capace solo di domandarsi: “ho buttato la mia vita?”
GRAN TORINO
USA, 2008, di e con Clint Eastwood.
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