"Da cosa è stata caratterizzata tutta questa mia produzione,
in maniera assolutamente schematica e semplicistica?
È stata caratterizzata prima di tutto da un mio istintivo e profondo odio
contro lo stato in cui vivo.
Dico proprio "stato": E intendo dire "stato di cose"
e "Stato" nel senso proprio politico della parola.
Lo stato capitalistico piccolo-borghese
che io ho cominciato a odiare fin dall'infanzia.
Naturalmente con l'odio non si può nulla...
Infatti non son riuscito a scrivere mai una sola parola
che descrivesse, si occupasse o denunciasse
il tipo umano piccolo-borghese italiano.
Il senso di repulsione è così forte che non riesco a scriverne.
Quindi ho scritto nei miei romanzi
soltanto di personaggi appartenenti al popolo.
Io vivo cioè senza rapporti con la piccola borghesia italiana.
Ho rapporti o con il popolo o con gli intellettuali.
La piccola borghesia sì però è riuscita ad avere rapporti con me.
E li ha avuti attraverso i mezzi che ha in mano
ossia la magistratura e la polizia.
E ha intentato una serie di processi alla mia opera."
Un aspetto meno conosciuto al grande pubblico e che tuttavia è parte integrante dell’intero percorso umano e artistico di Pasolini: il suo ruolo di maestro, un esempio di strenua volontà educativa. Questa straordinaria figura di intellettuale si forma negli anni giovanili in Friuli già nell’esperienza della “scuoletta” di Versuta: ai giovani che non potevano raggiungere Udine a causa dei bombardamenti, Pasolini offriva così la possibilità di non interrompere gli studi.
La sua opera di intellettuale come educatore non si pone su un piano astratto, bensì è vocazione prima, concreta e vivente. In questa prima esperienza, ancora fuori dall’Istituzione scolastica, Pasolini sviluppa una concezione della scuola come base della società. La commistione tra scuola e vita non limita l’impegno del maestro alle ore di lezione né la sua figura alla tradizionale autorità: intende invece prolungare l’impegno nel voler conoscere gli allievi, il loro contesto, il potenziale che hanno verso loro stessi.
Proprio questo è il modello che Pasolini tenterà di importare nella scuola pubblica quando riceverà i primi incarichi istituzionali come insegnante. Si tratta per lui di «sfumature, sfumature rischiose ed emozionanti», calcolare ciò che fa parte «di una pedagogia veramente positiva, che è difficile presentare in termini di un testo scolastico, e che è la competenza vivente di chi vive nel cerchio continuamente mobile dello spirito…»….”
"Il lavoro del maestro è come quello della massaia, bisogna ogni mattina ricominciare da capo: la materia, il concreto sfuggono da tutte le parti, sono un continuo miraggio che dà illusioni di perfezione. Lascio la sera i ragazzi in piena fase di ordine e volontà di sapere - partecipi, infervorati - e li trovo il giorno dopo ricaduti nella freddezza e nell'indifferenza.
(…) per fare studiare i ragazzi volentieri, entusiasmarli, occorre ben altro che adottare un metodo più moderno e intelligente. Si tratta di sfumature, di sfumature rischiose e emozionanti…"
Bisogna tener conto "in concreto delle contraddizioni, dell'irrazionale e del puro vivente che è in noi. (..) Può educare solo chi sa cosa significa amare."
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