Esce finalmente anche in Italia il capolavoro delmaestro dell'animazione giapponese Hayao Miyazaki; il film, datato 2002, ha dovuto "faticare molto" per arrivare nelle sale italiane.
Marco Pagot è un grande aviatore italiano che, in seguito ad un misterioso incidente durante la Prima guerra mondiale, al quale sopravvive miracolosamente, assume per magia l'aspetto di un maiale.
Wednesday, 15 December 2010
Tuesday, 14 December 2010
La città incantata (part II of the project)
A very big friend of mine asked me more details about the project on "Spirited Away", La Città Incantata, by hayao Miyazaki, and I would complete it.
Thank you very much for your collaboration
La città incantata (千と千尋の神隠し - Sen to Chihiro no kamikakushi) è un film d'animazione scritto e diretto da Hayao Miyazaki.
Il titolo originale potrebbe essere tradotto con Il rapimento spirituale di Sen e Chihiro, ma la lingua giapponese ha molteplici interpretazioni e molti concetti sono intraducibili, per questo è possibile solo una traduzione che si avvicini all'originale.
Thank you very much for your collaboration
La città incantata (千と千尋の神隠し - Sen to Chihiro no kamikakushi) è un film d'animazione scritto e diretto da Hayao Miyazaki.
Il titolo originale potrebbe essere tradotto con Il rapimento spirituale di Sen e Chihiro, ma la lingua giapponese ha molteplici interpretazioni e molti concetti sono intraducibili, per questo è possibile solo una traduzione che si avvicini all'originale.
Sunday, 12 December 2010
La Paix ou la Guerre? A. Saint-Exupéry
HOMME DE GUERRE, QUI ES-TU ?
Pour guérir un malaise, il faut l’éclairer. Et, certes, nous vivons dans le malaise. Nous avons choisi de sauver la Paix. Mais, en sauvant la paix, nous avons mutilé des amis. Et, sans doute, beaucoup parmi nous étaient disposés à risquer leur vie pour les devoirs de l’amitié. Ceux-là connaissent une sorte de honte. Mais, s’ils avaient sacrifié la paix, ils connaîtraient la même honte. Car ils auraient alors sacrifié l’homme : ils auraient accepté l’irréparable éboulement des bibliothèques, des cathédrales, des laboratoires d’Europe. Ils auraient accepté de ruiner ses traditions, ils auraient accepté de changer le monde en nuage de cendres. Et c’est pourquoi nous avons oscillé d’une opinion à l’autre. Quand la Paix nous semblait menacée, nous découvrions la honte de la guerre. Quand la guerre nous semblait épargnée, nous ressentions la honte de la Paix.
Il ne faut pas nous laisser aller à ce dégoût de nous-mêmes : aucune décision ne nous l’eût épargné. Il faut nous ressaisir et chercher le sens de ce dégoût. Quand l’homme se heurte à une contradiction si profonde, c’est qu’il a mal posé le problème. Lorsque le physicien découvre que la terre entraîne, dans son mouvement, l’éther où la lumière se meut, et quand, dans le même temps, il découvre que cet éther est immobile, il ne renonce pas à la science, il change de langage et renonce à l’éther.
Pour découvrir où loge ce malaise, il faut sans doute dominer les événements. Il faut, pour quelques heures, oublier les Sudètes. Nous sommes aveugles, si nous regardons de trop près. Il nous faut réfléchir un peu sur la guerre, puisque, à la fois, nous la refusons et l’acceptons.
Pour guérir un malaise, il faut l’éclairer. Et, certes, nous vivons dans le malaise. Nous avons choisi de sauver la Paix. Mais, en sauvant la paix, nous avons mutilé des amis. Et, sans doute, beaucoup parmi nous étaient disposés à risquer leur vie pour les devoirs de l’amitié. Ceux-là connaissent une sorte de honte. Mais, s’ils avaient sacrifié la paix, ils connaîtraient la même honte. Car ils auraient alors sacrifié l’homme : ils auraient accepté l’irréparable éboulement des bibliothèques, des cathédrales, des laboratoires d’Europe. Ils auraient accepté de ruiner ses traditions, ils auraient accepté de changer le monde en nuage de cendres. Et c’est pourquoi nous avons oscillé d’une opinion à l’autre. Quand la Paix nous semblait menacée, nous découvrions la honte de la guerre. Quand la guerre nous semblait épargnée, nous ressentions la honte de la Paix.
Il ne faut pas nous laisser aller à ce dégoût de nous-mêmes : aucune décision ne nous l’eût épargné. Il faut nous ressaisir et chercher le sens de ce dégoût. Quand l’homme se heurte à une contradiction si profonde, c’est qu’il a mal posé le problème. Lorsque le physicien découvre que la terre entraîne, dans son mouvement, l’éther où la lumière se meut, et quand, dans le même temps, il découvre que cet éther est immobile, il ne renonce pas à la science, il change de langage et renonce à l’éther.
Pour découvrir où loge ce malaise, il faut sans doute dominer les événements. Il faut, pour quelques heures, oublier les Sudètes. Nous sommes aveugles, si nous regardons de trop près. Il nous faut réfléchir un peu sur la guerre, puisque, à la fois, nous la refusons et l’acceptons.
Tuesday, 7 December 2010
千と千尋の神隠し - Sen to Chihiro no kamikakushi
LA CITTA’ INCANTATA
di H.Miyazaki, animazione, Giappone, 2001
Il viaggio nella città incantata è una favola, ma è anche un metaforico viaggio, tra la bellezza e il pericolo del mondo. Il titolo originale potrebbe essere tradotto con Il rapimento spirituale di Sen e Chihiro, ma la lingua giapponese si presta a molteplici interpretazioni e molti concetti sono intraducibili, per questo è possibile solo una traduzione che si avvicini all'originale. Kamikakushi è un concetto della tradizione giapponese: quando un bambino si perde si dice che è stato portato via spiritualmente da un dio (spesso uno dei capricciosi dèi minori) e si usa il termine kami-kakushi (nascosto dagli dei). Il bambino rapito o scomparso si risveglia poi lontano da dove è stato rapito e non ricorda nulla del tempo intercorso. Il titolo inglese Spirited Away sembra avvicinarsi maggiormente all'originale.
di H.Miyazaki, animazione, Giappone, 2001
Il viaggio nella città incantata è una favola, ma è anche un metaforico viaggio, tra la bellezza e il pericolo del mondo. Il titolo originale potrebbe essere tradotto con Il rapimento spirituale di Sen e Chihiro, ma la lingua giapponese si presta a molteplici interpretazioni e molti concetti sono intraducibili, per questo è possibile solo una traduzione che si avvicini all'originale. Kamikakushi è un concetto della tradizione giapponese: quando un bambino si perde si dice che è stato portato via spiritualmente da un dio (spesso uno dei capricciosi dèi minori) e si usa il termine kami-kakushi (nascosto dagli dei). Il bambino rapito o scomparso si risveglia poi lontano da dove è stato rapito e non ricorda nulla del tempo intercorso. Il titolo inglese Spirited Away sembra avvicinarsi maggiormente all'originale.
Thursday, 2 December 2010
Paradise Now?
“Ci sei mai stato al cinema?”
“Una volta, dieci anni fa, quando abbiamo bruciato il cinema Rivoli”
Said (Kais Nashef) vive a Nablus, incalzato da un passato da cui vuole riscattarsi e dall’idea di avere al più presto un Paradiso con cui sostituire l’inferno quotidiano.
Condivide quest’attesa con l’amico Khaled (Ali Suleiman), vivendo alla giornata in una città schiacciata dalle montagne e dall’occupazione israeliana.
Entrambi hanno una fede assoluta, incrollabile, che li sostiene fino a quando la loro attesa finisce.
E’ così che si entra nel vivo del film e nelle ultime 24 ore della vita di due kamikaze.
“Una volta, dieci anni fa, quando abbiamo bruciato il cinema Rivoli”
Said (Kais Nashef) vive a Nablus, incalzato da un passato da cui vuole riscattarsi e dall’idea di avere al più presto un Paradiso con cui sostituire l’inferno quotidiano.
Condivide quest’attesa con l’amico Khaled (Ali Suleiman), vivendo alla giornata in una città schiacciata dalle montagne e dall’occupazione israeliana.
Entrambi hanno una fede assoluta, incrollabile, che li sostiene fino a quando la loro attesa finisce.
E’ così che si entra nel vivo del film e nelle ultime 24 ore della vita di due kamikaze.
Thursday, 18 November 2010
Once
Nelle strade di Dublino un ragazzo e una ragazza si incontrano (e il regista si abbandona all’universalità di questa speranza di gratuità lasciandoci proprio conoscere the Boy and the Girl). Lui è un musicista di strada tormentato dal ricordo di un amore perduto che gli impedisce di ricominciare a vivere; e nonostante il suo grande talento continua ad aggiustare elettrodomestici nella bottega di papà e a suonare per le strade della città. Lei è una giovane immigrata della repubblica ceca, madre di una bambina e sposata con un uomo lontano, che ormai non ama più. E suona il pianoforte divinamente. Bene: la trama è già fatta. Si incontrano, sono fatti l’uno per l’altra; si innamorano, si mettono insieme e fine. E invece no.
Wednesday, 17 November 2010
No basta rezar!
a tutti gli insegnanti ed educatori, per iniziare bene la giornata...
(n.d.r. in ricordo di una giornata a Milano)
NO BASTA REZAR (Mercedes Sosa Y Silvio Rodriguez)
No, no, no Basta rezar
hacen falta muchas cosas
para conseguir la paz (Bis)
(n.d.r. in ricordo di una giornata a Milano)
NO BASTA REZAR (Mercedes Sosa Y Silvio Rodriguez)
No, no, no Basta rezar
hacen falta muchas cosas
para conseguir la paz (Bis)
Monday, 15 November 2010
Joyeux Noel
Li hanno chiamati episodi di “fraternizzazione” questi fatti inspiegabili, ma realmente accaduti nelle trincee sul fonte occidentale della IGM, tra Svizzera, Francia, Germania; in diversi punti, nella cosiddetta “no man’s land” piccoli gruppi di soldati di schieramenti diversi si sono “incontrati” la notte di Natale del 1914, concedendo una tregua alle ostilità.
Se giudichiamo i fatti con gli occhi di oggi, di chi ha visto cosa vuole dire “fare guerra” oggi ci sembra quasi impossibile; ma sono numerosissime le testimonianze, raccolte in lettere dal fronte, in qualche sparuta fotografia (alcune testimoniano anche che il fatto si è ripetuto nel 1916), in “paradossali” resoconti dal campo di battaglia, canzoni popolari e racconti tramandati dai nostri nonni.
Eppure ci sono stati. Ma perché oggi ci sorprendiamo tanto che l’uomo possa per un momento dimenticarsi della guerra e abbracciare invece quell’altro uomo che si ha di fronte, accettando la sua debolezza, la sua umanità, riconoscendosi fratelli e desiderando la stessa cosa, anche solo per una notte?
Questo film di Christian Carion sembra una “bella favola” di Natale; eppure ha tratto ispirazione da fatti realmente accaduti, il 24 dicembre 1914, nella No Man’s Land; e anche se la ricostruzione dei personaggi e dei pensieri che hanno attraversato i cuori di quelle persone in quella fatidica notte possono sembrarci irreali (troppo “belli” per crederci!) rispecchiano la realtà di fatti, di ricostruzioni storiche, di destini e di umanità.
Se giudichiamo i fatti con gli occhi di oggi, di chi ha visto cosa vuole dire “fare guerra” oggi ci sembra quasi impossibile; ma sono numerosissime le testimonianze, raccolte in lettere dal fronte, in qualche sparuta fotografia (alcune testimoniano anche che il fatto si è ripetuto nel 1916), in “paradossali” resoconti dal campo di battaglia, canzoni popolari e racconti tramandati dai nostri nonni.
Eppure ci sono stati. Ma perché oggi ci sorprendiamo tanto che l’uomo possa per un momento dimenticarsi della guerra e abbracciare invece quell’altro uomo che si ha di fronte, accettando la sua debolezza, la sua umanità, riconoscendosi fratelli e desiderando la stessa cosa, anche solo per una notte?
Questo film di Christian Carion sembra una “bella favola” di Natale; eppure ha tratto ispirazione da fatti realmente accaduti, il 24 dicembre 1914, nella No Man’s Land; e anche se la ricostruzione dei personaggi e dei pensieri che hanno attraversato i cuori di quelle persone in quella fatidica notte possono sembrarci irreali (troppo “belli” per crederci!) rispecchiano la realtà di fatti, di ricostruzioni storiche, di destini e di umanità.
Sunday, 14 November 2010
El Salvador: educando ci si educa
El Salvador: educando ci si educa
I Sant’Innocenti
Monica Lanzoni
(articolo apparso su Solidarietà Internazionale, novembre 2010)
In El Salvador, alcuni giovani volontari provenienti dall’esperienza de I Sant’Innocenti sostiene da più di dieci anni un lavoro di aiuto e sostegno ai bambini e alle famiglie più povere del paese. Ogni giorno, da 13 anni, i giovani aiutano 50 bambini a fare i compiti. Studenti salvadoregni, non molto diversi da altri loro coetanei, decidono di dedicare un po’ del loro tempo per accompagnare ed educare i bambini delle zone più misere della capitale di El Salvador. Il progetto educativo “Aula de apoyo escolar y humano Las Abejitas” (Aula di sostegno scolastico e umano Las Abejitas) è organizzato dalla Fundation Divina Providecia (FUNDIPRO), Ong salvadoregna sostenuta dall’associazione I Sant’Innocenti, Onlus italiana.
I Sant’Innocenti
Monica Lanzoni
(articolo apparso su Solidarietà Internazionale, novembre 2010)
In El Salvador, alcuni giovani volontari provenienti dall’esperienza de I Sant’Innocenti sostiene da più di dieci anni un lavoro di aiuto e sostegno ai bambini e alle famiglie più povere del paese. Ogni giorno, da 13 anni, i giovani aiutano 50 bambini a fare i compiti. Studenti salvadoregni, non molto diversi da altri loro coetanei, decidono di dedicare un po’ del loro tempo per accompagnare ed educare i bambini delle zone più misere della capitale di El Salvador. Il progetto educativo “Aula de apoyo escolar y humano Las Abejitas” (Aula di sostegno scolastico e umano Las Abejitas) è organizzato dalla Fundation Divina Providecia (FUNDIPRO), Ong salvadoregna sostenuta dall’associazione I Sant’Innocenti, Onlus italiana.
Wednesday, 10 November 2010
The Wind that shakes the barley...
IL VENTO CHE ACCAREZZA L’ERBA
Un film di Ken Loach. Titolo originale The Wind That Shakes the Barley. Drammatico, Francia, Irlanda, Gran Bretagna 2006.
Il titolo, che traduce alla lettera l'originale 'The Wind that Shakes the Barley', in italiano non vuol dire niente, ma richiama i versi di un poeta ottocentesco, Robert Dwyer Joyce, per una canzone nota in Irlanda.
E siamo proprio in Irlanda, 1920: è guerra civile. Contadini e operai delle campagne si uniscono per reagire agli uomini dell’esercito britannico sbarcati in forze sull’isola per impedire qualsiasi tentativo di rivendicazione di indipendenza. Damien, che sta per partire per Londra per consolidare la sua professione di medico, decide di restare per lottare a fianco del fratello Teddy.
Lo scontro porterà alla firma di un trattato con gli inglesi. Ma non tutto sarà finito perché la vittoria è solo apparente. Saranno le famiglie stesse a dividersi tra chi si ritiene soddisfatto del risultato conseguito e chi invece pensa che l’oppressione abbia solo mascherato la propria strategia.
Un film di Ken Loach. Titolo originale The Wind That Shakes the Barley. Drammatico, Francia, Irlanda, Gran Bretagna 2006.
Il titolo, che traduce alla lettera l'originale 'The Wind that Shakes the Barley', in italiano non vuol dire niente, ma richiama i versi di un poeta ottocentesco, Robert Dwyer Joyce, per una canzone nota in Irlanda.
E siamo proprio in Irlanda, 1920: è guerra civile. Contadini e operai delle campagne si uniscono per reagire agli uomini dell’esercito britannico sbarcati in forze sull’isola per impedire qualsiasi tentativo di rivendicazione di indipendenza. Damien, che sta per partire per Londra per consolidare la sua professione di medico, decide di restare per lottare a fianco del fratello Teddy.
Lo scontro porterà alla firma di un trattato con gli inglesi. Ma non tutto sarà finito perché la vittoria è solo apparente. Saranno le famiglie stesse a dividersi tra chi si ritiene soddisfatto del risultato conseguito e chi invece pensa che l’oppressione abbia solo mascherato la propria strategia.
Tuesday, 9 November 2010
To End all Wars
Ci sono storie che difficilmente vengono narrate nei libri di storia, perché rischierebbero di commuovere troppo chi si sta applicando per comprendere le sofferenze della IIGM. Per fortuna che esistono produzioni cinematografiche indipendenti (o quasi) che possono anche apparire mosse dall’ideale di celebrare il proprio eroe nazionale, ma che alla fine ci portano sul grande schermo storie come questa di Ernest Gordon, capitano delle Argyll e Sutherland Highlanders, truppe scozzesi inviate nel Sud-Est asiatico occupato dal Giappone durante la seconda guerra mondiale.
Prigionieri di guerra dei giapponesi, sparuti e orgogliosi soldati scozzesi finiscono in uno dei tanti campi di prigionia della Valle del Kway (già tanto “osannato” dalla cinematografia kult).
Ma questo non è un film kult, questa è la storia vera...
Monday, 8 November 2010
Murder in the cathedral (T.S.Eliot)
Assassinio nella cattedrale (nell'originale in lingua inglese: Murder in the Cathedral) è un dramma teatrale poetico scritto da T. S. Eliot.
È ispirato ad un fatto realmente accaduto: l'assassinio dell'Arcivescovo Thomas Becket avvenuto nel 1170 nella Cattedrale di Canterbury. Eliot si basò molto, per stendere la sua opera, nel 1935, sugli scritti di Edward Grim, testimone oculare dell'evento.
Il dramma - che ha forti connotazioni di opposizione ai sistemi di regime autoritario - fu scritto nell'epoca in cui il fascismo cominciava a prendere campo nell'Europa centrale. In questa luce, è stato visto come critica al regime nazista, specie in chiave di sovversione rispetto agli ideali della chiesa cattolica.
Nel 1930 Eliot si era convertito al cattolicesimo (come testimonia l’opera Wednesday Ash – Il mercoledì delle ceneri”)
Parte del materiale originale del dramma fu da Eliot rimosso su richiesta dell'editore e trasformato in un poema a sé stante, intitolato Burnt Norton.
La prima rappresentazione dell'opera teatrale andò in scena nel luogo in cui avvennero realmente i fatti narrati: la Cattedrale di Canterbury...
È ispirato ad un fatto realmente accaduto: l'assassinio dell'Arcivescovo Thomas Becket avvenuto nel 1170 nella Cattedrale di Canterbury. Eliot si basò molto, per stendere la sua opera, nel 1935, sugli scritti di Edward Grim, testimone oculare dell'evento.
Il dramma - che ha forti connotazioni di opposizione ai sistemi di regime autoritario - fu scritto nell'epoca in cui il fascismo cominciava a prendere campo nell'Europa centrale. In questa luce, è stato visto come critica al regime nazista, specie in chiave di sovversione rispetto agli ideali della chiesa cattolica.
Nel 1930 Eliot si era convertito al cattolicesimo (come testimonia l’opera Wednesday Ash – Il mercoledì delle ceneri”)
Parte del materiale originale del dramma fu da Eliot rimosso su richiesta dell'editore e trasformato in un poema a sé stante, intitolato Burnt Norton.
La prima rappresentazione dell'opera teatrale andò in scena nel luogo in cui avvennero realmente i fatti narrati: la Cattedrale di Canterbury...
Thursday, 4 November 2010
Simone Weil
Simone Weil è un personaggio molto interessante, da conoscere, perché è tra uno di questi santi definiti come “chi ha denunciato l’ingiustizia”, chi ha cercato di realizzare questo nella sua vita.
“Ella fu tutta la vita ossessionata dai mille schiavi crocifissi prima di Gesù, ossessionata da questo immenso bosco di patiboli nei quali furono inchiodai molti precursori di Gesù di cui nessun centurione fa memoria dopo aver udito l’ultimo grido come invece fece il centurione con Gesù. E io sono ossessionata per le tante croci che sono state levate dopo Gesù Cristo da parte di una cristianità cieca e sorda che nei loro poveri corpi sottometteva anche la tortura. Non ha mai riconosciuto colui i cui piedi e le cui mani furono trapassate il giorno del venerdì santo”. Diceva “così succede anche nelle nostre città e nelle nostre case”. Questo aspetto della storia che, nelle varie vicissitudini storiche che ci sono state, ha visto come tante volte ci si è dimenticati di Gesù, nel senso che l’uomo dimenticandosi di Gesù è stato capace solo di fare del male. Personaggi come Simone Weil sono interessanti perché vissero totalmente la loro storia, le circostanze che erano chiamati a vivere.
“Ella fu tutta la vita ossessionata dai mille schiavi crocifissi prima di Gesù, ossessionata da questo immenso bosco di patiboli nei quali furono inchiodai molti precursori di Gesù di cui nessun centurione fa memoria dopo aver udito l’ultimo grido come invece fece il centurione con Gesù. E io sono ossessionata per le tante croci che sono state levate dopo Gesù Cristo da parte di una cristianità cieca e sorda che nei loro poveri corpi sottometteva anche la tortura. Non ha mai riconosciuto colui i cui piedi e le cui mani furono trapassate il giorno del venerdì santo”. Diceva “così succede anche nelle nostre città e nelle nostre case”. Questo aspetto della storia che, nelle varie vicissitudini storiche che ci sono state, ha visto come tante volte ci si è dimenticati di Gesù, nel senso che l’uomo dimenticandosi di Gesù è stato capace solo di fare del male. Personaggi come Simone Weil sono interessanti perché vissero totalmente la loro storia, le circostanze che erano chiamati a vivere.
Wednesday, 3 November 2010
LA MADRE, PELAGIA VLASSOVA da Gorkij a Brecht
Bertold Brecht
Tra gli autori della “crisi” esistenzialista del 900 va sicuramente annoverato anche B.Brecht. Quando Sartre e Camus sono lucidi interpreti della crisi contemporanea nella sua dimensione esistenziale e metafisica, Brecht conduce invece una critica alla realtà contemporanea nei suoi aspetti storici, sociali ed economici, valendosi degli strumenti dell’ideologia marxista.
Nato ad Augsburg in Baviera nel 1898 da famiglia borghese (il padre cattolico, la madre protestante), ebbe una personalità schiva e, al contempo, molto critica fin da giovane.
B.Brecht e Kurt Weil |
Tra gli autori della “crisi” esistenzialista del 900 va sicuramente annoverato anche B.Brecht. Quando Sartre e Camus sono lucidi interpreti della crisi contemporanea nella sua dimensione esistenziale e metafisica, Brecht conduce invece una critica alla realtà contemporanea nei suoi aspetti storici, sociali ed economici, valendosi degli strumenti dell’ideologia marxista.
Nato ad Augsburg in Baviera nel 1898 da famiglia borghese (il padre cattolico, la madre protestante), ebbe una personalità schiva e, al contempo, molto critica fin da giovane.
Monday, 1 November 2010
Giorgio La Pira
Para introducir quién fue el personaje La Pira, quisiera leer un discurso que el dio, siendo Alcalde en Florencia después de haber intervenido, como tal, en un momento en el cual estaban cerrando varias empresas desempleando mucha gente, lo cual generó las dimisiones de tres concejales liberales de la Alcaldía.
“Señores Concejales, se murmura quizás sobre mis intervenciones para los despidos y los desalojos y por otras situaciones en las que era necesario avocar en favor de los humildes, y no sólo de ellos, con una intervención del Jefe de la Ciudad inmediata, ágil y llena de operatividad. Pues bien, señores Concejales, yo se lo digo con firmeza fraternal pero decidida: ustedes tienen hacia mí un sólo derecho: ¡el de negarme su confianza! Pero no tienen el derecho de decirme: Señor Alcalde no se interese de las criaturas sin trabajo, sin casa o sin asistencia. Es mi deber esto: deber que no admite discriminaciones y que me viene antes que de mi posición de Alcalde, de mi conciencia de cristiano: se juega aquí la misma sustancia de la gracia y del Evangelio. Si hay alguien que sufre yo tengo un deber: intervenir en todas las maneras posibles y con todas las atenciones que el amor me sugiere [...]
Friday, 29 October 2010
Edith Stein
Edith Stein ha tenido un camino muy similar al de nosotros. Ha encontrado diferentes intelectuales y tenía muchos intereses: en el centro de estos intereses había puesto al hombre.
Ya desde muy joven, de hecho, siempre buscó la verdad, comparando esta actitud (inicialmente teniendo una postura atea) a una incesante oración.
Edith Stein es una de las mujeres más eminentes y ricas de interés del siglo XX.
Por su originalidad y la complejidad de los acontecimientos existenciales que caracterizan su vida, es difícil encuadrarla con fidelidad en un breve perfil biográfico.
Edith Stein nació en 1891 en Breslau, ciudad que en aquel tiempo pertenecía a Alemania, y era la capital de la Silesia prusiana (hoy Wroclaw en Polonia). Era la última de siete hijos de una familia judía profundamente religiosa y ligada a las tradiciones. Nació el 12 de octubre, día de la fiesta religiosa del Kippur, el día de la Expiación para la religión judía. Fiesta de la conciliación y del perdón. Ya la madre vio en esta circunstancia un signo de predilección de Dios y el preludio del singular destino de su hija.
Ya desde muy joven, de hecho, siempre buscó la verdad, comparando esta actitud (inicialmente teniendo una postura atea) a una incesante oración.
Edith Stein es una de las mujeres más eminentes y ricas de interés del siglo XX.
Por su originalidad y la complejidad de los acontecimientos existenciales que caracterizan su vida, es difícil encuadrarla con fidelidad en un breve perfil biográfico.
Edith Stein nació en 1891 en Breslau, ciudad que en aquel tiempo pertenecía a Alemania, y era la capital de la Silesia prusiana (hoy Wroclaw en Polonia). Era la última de siete hijos de una familia judía profundamente religiosa y ligada a las tradiciones. Nació el 12 de octubre, día de la fiesta religiosa del Kippur, el día de la Expiación para la religión judía. Fiesta de la conciliación y del perdón. Ya la madre vio en esta circunstancia un signo de predilección de Dios y el preludio del singular destino de su hija.
Thursday, 28 October 2010
London River
Non vi è mai capitato di essere attratti da un film semplicemente per il titolo e di essere poi completamente risucchiati dalla bellezza di una poesia?
Mi è accaduto alla visione pomeridiana (al modico prezzo di 0,50 cents per gli over 65; io me la sono cavata con 3 euro) del film LONDON RIVER, di cui sapevo solo il titolo in rassegna e una voce che mi diceva che “forse” l’attore principale o il regista erano stati premiati a Berlino.
Ma del resto di questi “bei film”, proprio quei “bei film” di un tempo che ormai non si trovano più, non se ne parla molto in giro…
Mi è accaduto alla visione pomeridiana (al modico prezzo di 0,50 cents per gli over 65; io me la sono cavata con 3 euro) del film LONDON RIVER, di cui sapevo solo il titolo in rassegna e una voce che mi diceva che “forse” l’attore principale o il regista erano stati premiati a Berlino.
Ma del resto di questi “bei film”, proprio quei “bei film” di un tempo che ormai non si trovano più, non se ne parla molto in giro…
Tuesday, 26 October 2010
CHARLES DE FOUCAULD
Charles de Foucauld, conocido como el misionero del Sahara, nace en Francia, en Estrasburgo, el 15 de septiembre 1858. Huérfano a los 6 años, creció con su hermana Maria, bajo los cuidados de su abuelo, orientándose hacia la carrera militar. En el 1885 viene exonerado del servicio militar por comportamiento no reglamentario y por una vida desordenada y desarreglada.
Adolescente, pierde la fe. Conocido por su gusto de la vida fácil él revela, no obstante, una voluntad fuerte y constante en las dificultades.
Charles dirá sobre sí mismo: “Por doce años, he vivido sin ninguna fe: nada me parecía suficientemente experimentado. La idéntica fe con la cual se seguían religiones tan diferentes me parecía como la condenación de cada fe (...). Por doce años estaba sin negar nada y sin creer en nada, desesperado por la verdad, y no creyendo tampoco en Dios, toda prueba de su existencia me parecía poco evidente”
Charles, después de abandonar el ejército francés, se dedica a exploraciones geográficas y emprende una peligrosa exploración a Marruecos en 1882, ganando la medalla de oro de la Sociedad Geográfica (1883- 1884). El África y el testimonio de fe de los musulmanes despierta en él un cuestionamiento sobre Dios: “Dios mío, si existes, haz que te conozca”.
Regresando a Francia, le emociona mucho la acogida discreta y cariñosa de su familia profundamente cristiana, y comienza una búsqueda. Guiado por un sacerdote, el Padre Huvelin, él encuentra a Dios en octubre 1886. Tiene 28 años. “Enseguida que comprendí que existía un Dios, comprendí que no podía hacer otra cosa que vivir sólo para Él”.
Adolescente, pierde la fe. Conocido por su gusto de la vida fácil él revela, no obstante, una voluntad fuerte y constante en las dificultades.
Charles dirá sobre sí mismo: “Por doce años, he vivido sin ninguna fe: nada me parecía suficientemente experimentado. La idéntica fe con la cual se seguían religiones tan diferentes me parecía como la condenación de cada fe (...). Por doce años estaba sin negar nada y sin creer en nada, desesperado por la verdad, y no creyendo tampoco en Dios, toda prueba de su existencia me parecía poco evidente”
Charles, después de abandonar el ejército francés, se dedica a exploraciones geográficas y emprende una peligrosa exploración a Marruecos en 1882, ganando la medalla de oro de la Sociedad Geográfica (1883- 1884). El África y el testimonio de fe de los musulmanes despierta en él un cuestionamiento sobre Dios: “Dios mío, si existes, haz que te conozca”.
Regresando a Francia, le emociona mucho la acogida discreta y cariñosa de su familia profundamente cristiana, y comienza una búsqueda. Guiado por un sacerdote, el Padre Huvelin, él encuentra a Dios en octubre 1886. Tiene 28 años. “Enseguida que comprendí que existía un Dios, comprendí que no podía hacer otra cosa que vivir sólo para Él”.
W la libertà!
Perdonate la lunghezza di questo POST ma mi sono trovata in seria difficoltà nel dover apporre dei tagli a questo interessantissimo discorso che Romano Guardini ha pronunciato davanti a migliaia di studenti dell'università di Monaco, il 12 luglio 1958, in commemorazione di alcuni studenti, riconosciuti come appartenenti al gruppo della Weisse Rose (la Rosa Bianca), giovani che per la loro libertà hanno dato la vita. Più che un discorso politico ci richiama a quello che è il vero senso dell'essere universitari, impegnati nel mondo, decisi a fare del loro luogo di studio un luogo di speranza di realizzazione (n.d.r in questo "secolo buio" dell'università italiana)
Tuesday, 19 October 2010
Some interesting documentary about current facts and human rights
here you could find a list of some interesting documentary, proposed by the international magazine Internazionale
The Red Chapel
di Mads Brügger. Danimarca, 2009 (88') - v.o. con sottotitoli in italiano
Presentano Giovanni De Mauro (Direttore di Internazionale) e Sergio Fant (CineAgenzia). Alla presenza del regista Mads BrüggerUn giornalista senza scrupoli e una coppia di improbabili comici di origini coreane partono dalla Danimarca per andare in Corea del Nord. Autorizzati a entrare nel paese, metteranno a dura prova il senso dell'umorismo dei nordcoreani e il culto del "Caro Leader", Kim Jong-il. Una satira spietata che prende di mira il paese più chiuso del mondo.
Ministero Distruzione Università e Ricerca
Pane Pace Lavoro torna in piazza per denunciare la condanna a morte dell’istruzione in Italia .
La riforma Gelmini del sistema scolastico continua una politica di tagli che non fa ben sperare né sul piano educativo né sul piano occupazionale.
La mancanza di personale non permetterà la necessaria attenzione per tutti gli alunni e, in particolare, aumenterà la difficoltà di integrazione dei ragazzi stranieri, ai quali è chiesto di partecipare attivamente alla vita sociale italiana mentre li si ghettizza nelle aule scolastiche. La scuola elementare abbandona la compresenza degli insegnanti e accresce il numero dei bambini per classe cercando di formare sezioni per soli stranieri con il pretesto della omogeneizzazione delle competenze.
Gravissima è anche la situazione universitaria. Molti atenei rischiano di scomparire soffocati dai tagli e altri vedranno abbassarsi ulteriormente la qualità dell’insegnamento.
La riforma Gelmini del sistema scolastico continua una politica di tagli che non fa ben sperare né sul piano educativo né sul piano occupazionale.
La mancanza di personale non permetterà la necessaria attenzione per tutti gli alunni e, in particolare, aumenterà la difficoltà di integrazione dei ragazzi stranieri, ai quali è chiesto di partecipare attivamente alla vita sociale italiana mentre li si ghettizza nelle aule scolastiche. La scuola elementare abbandona la compresenza degli insegnanti e accresce il numero dei bambini per classe cercando di formare sezioni per soli stranieri con il pretesto della omogeneizzazione delle competenze.
Gravissima è anche la situazione universitaria. Molti atenei rischiano di scomparire soffocati dai tagli e altri vedranno abbassarsi ulteriormente la qualità dell’insegnamento.
Monday, 18 October 2010
La Classe - Entre les murs
La classe (Francia 2008) tit.orig. “Entre les murs”, drammatico di L.Cantet con F.Begaudeau
François insegna francese in una scuola difficile. La sua aspirazione è quella di riuscire a istruire i ragazzi senza però omologarli. Per riuscire a motivarli, quando sfuggono al controllo, è disposto anche ad andarli a cercare e a metterli davanti ai loro limiti. Pronto ad accettare talvolta il rischio di un clamoroso insuccesso.
François insegna francese in una scuola difficile. La sua aspirazione è quella di riuscire a istruire i ragazzi senza però omologarli. Per riuscire a motivarli, quando sfuggono al controllo, è disposto anche ad andarli a cercare e a metterli davanti ai loro limiti. Pronto ad accettare talvolta il rischio di un clamoroso insuccesso.
Wednesday, 13 October 2010
ricominciare dalla Fraternitè...
Il centro Culturale One Way, El Salvador, ricomincia la sua rassegna di conferenze, da questo giovedì 14 ottobre. E, per l'occasione, ha proprio scelto di cominciare da alcuni amici di vecchia data.. Azur e Asmar (e riscoprirsi fratelli...)
Grazie
Grazie
¿SOY YO UN EDUCADOR? (parte 1)
Antes de poner esta pregunta, hay que preguntarse: ¿porqué ser educador?
Y, antes aún, hay la pregunta: ¿qué es ser un educador? ¿qué significa educar?
1. ¿Qué es educar? Es transmitir una experiencia. La experiencia se transmite osmóticamente. Es transmisión de una vida.
También quien no quiera educar, de hecho educa. (Ver a los jóvenes de hoy como producto del educador - o no educador - de hoy)
Responsabilidad de quien está en contacto con los jóvenes en la edad evolutiva (estudiantes de secundaria y preparatoria); responsabilidad primaria de los profesores (de cualquier materia), siendo que es por medio de la materia (ocasión de contacto con los jóvenes) que el profesor transmite si mismo o una forma de vida (en bien o en mal, o neutralmente).
Por lo tanto: yo, profesor, no es que tengo que educar, lo hago de hecho (y, si no me doy cuenta de esto, lo hago en forma negativa).
2. La pregunta: “¿porqué ser educador?, por lo tanto, para un profesor, es una pregunta que no existe. El profesor es un educador de hecho (consecuencia del educar), desde momento en que empezó su profesión, desde el momento en que entró por primera vez en un salón de clase.
La pregunta tiene que ser: “¿tengo yo la conciencia, en frente de mi mismo, de Dios, del pueblo o de la humanidad o de la historia, que soy un educador, quizás sin quererlo?”.
recuperar esta conciencia mía personal en el hecho fundamental de mi seria posición humana: de mi depende el futuro (a través de mi relación de enseñanza a estos míos específicos jóvenes que tengo de frente).
3. Pero, entonces, como educador, porqué no me pregunto: “¿ a qué estoy educando?. Si la educación es transmisión de una experiencia de vida, la misma pregunta puede ser expresada así: “¿cuál experiencia, a través de mi enseñanza, estoy transmitiendo a los jóvenes que tengo en frente de mi?”.
Una nota importante: no se trata de una transmisión puramente técnica, sino de la transmisión de una experiencia, mía, de vida.
4. Por lo tanto, el punto es el siguiente: “¿cuál es mi experiencia de vida?”. En efecto, si por naturaleza transmito mi experiencia de vida, “¿qué experiencia de vida tengo yo?, ¿cuál es mi experiencia de vida?”.
El punto central del asunto es, por lo tanto, mi “yo”. ¿Cómo soy yo consciente del sentido de mi vida y cómo vivo?
5. Si digo que en la compañía he encontrado el sentido de mi existencia y el criterio para mis juicios y mis elecciones; si digo que en la compañía he encontrado el punto central, cultural, para todo; si la compañía es para mí un conjunto de nuevas relaciones, vividas según Cristo, que, en el encuentro con la realidad, da respuestas que “responden” a mí y a todo; si es así, ésta es la experiencia de vida que tendría que transmitir yo.
Si esta compañía no se transmite, no hay otra causa: es porque no soy verdadero conmigo mismo.
Tuesday, 12 October 2010
Un maestro unico
"Da cosa è stata caratterizzata tutta questa mia produzione,
in maniera assolutamente schematica e semplicistica?
È stata caratterizzata prima di tutto da un mio istintivo e profondo odio
contro lo stato in cui vivo.
Dico proprio "stato": E intendo dire "stato di cose"
e "Stato" nel senso proprio politico della parola.
Lo stato capitalistico piccolo-borghese
che io ho cominciato a odiare fin dall'infanzia.
Naturalmente con l'odio non si può nulla...
Infatti non son riuscito a scrivere mai una sola parola
che descrivesse, si occupasse o denunciasse
il tipo umano piccolo-borghese italiano.
Il senso di repulsione è così forte che non riesco a scriverne.
Quindi ho scritto nei miei romanzi
soltanto di personaggi appartenenti al popolo.
Io vivo cioè senza rapporti con la piccola borghesia italiana.
Ho rapporti o con il popolo o con gli intellettuali.
La piccola borghesia sì però è riuscita ad avere rapporti con me.
E li ha avuti attraverso i mezzi che ha in mano
ossia la magistratura e la polizia.
E ha intentato una serie di processi alla mia opera."
Un aspetto meno conosciuto al grande pubblico e che tuttavia è parte integrante dell’intero percorso umano e artistico di Pasolini: il suo ruolo di maestro, un esempio di strenua volontà educativa. Questa straordinaria figura di intellettuale si forma negli anni giovanili in Friuli già nell’esperienza della “scuoletta” di Versuta: ai giovani che non potevano raggiungere Udine a causa dei bombardamenti, Pasolini offriva così la possibilità di non interrompere gli studi.
La sua opera di intellettuale come educatore non si pone su un piano astratto, bensì è vocazione prima, concreta e vivente. In questa prima esperienza, ancora fuori dall’Istituzione scolastica, Pasolini sviluppa una concezione della scuola come base della società. La commistione tra scuola e vita non limita l’impegno del maestro alle ore di lezione né la sua figura alla tradizionale autorità: intende invece prolungare l’impegno nel voler conoscere gli allievi, il loro contesto, il potenziale che hanno verso loro stessi.
Proprio questo è il modello che Pasolini tenterà di importare nella scuola pubblica quando riceverà i primi incarichi istituzionali come insegnante. Si tratta per lui di «sfumature, sfumature rischiose ed emozionanti», calcolare ciò che fa parte «di una pedagogia veramente positiva, che è difficile presentare in termini di un testo scolastico, e che è la competenza vivente di chi vive nel cerchio continuamente mobile dello spirito…»….”
"Il lavoro del maestro è come quello della massaia, bisogna ogni mattina ricominciare da capo: la materia, il concreto sfuggono da tutte le parti, sono un continuo miraggio che dà illusioni di perfezione. Lascio la sera i ragazzi in piena fase di ordine e volontà di sapere - partecipi, infervorati - e li trovo il giorno dopo ricaduti nella freddezza e nell'indifferenza.
(…) per fare studiare i ragazzi volentieri, entusiasmarli, occorre ben altro che adottare un metodo più moderno e intelligente. Si tratta di sfumature, di sfumature rischiose e emozionanti…"
Bisogna tener conto "in concreto delle contraddizioni, dell'irrazionale e del puro vivente che è in noi. (..) Può educare solo chi sa cosa significa amare."
in maniera assolutamente schematica e semplicistica?
È stata caratterizzata prima di tutto da un mio istintivo e profondo odio
contro lo stato in cui vivo.
Dico proprio "stato": E intendo dire "stato di cose"
e "Stato" nel senso proprio politico della parola.
Lo stato capitalistico piccolo-borghese
che io ho cominciato a odiare fin dall'infanzia.
Naturalmente con l'odio non si può nulla...
Infatti non son riuscito a scrivere mai una sola parola
che descrivesse, si occupasse o denunciasse
il tipo umano piccolo-borghese italiano.
Il senso di repulsione è così forte che non riesco a scriverne.
Quindi ho scritto nei miei romanzi
soltanto di personaggi appartenenti al popolo.
Io vivo cioè senza rapporti con la piccola borghesia italiana.
Ho rapporti o con il popolo o con gli intellettuali.
La piccola borghesia sì però è riuscita ad avere rapporti con me.
E li ha avuti attraverso i mezzi che ha in mano
ossia la magistratura e la polizia.
E ha intentato una serie di processi alla mia opera."
Un aspetto meno conosciuto al grande pubblico e che tuttavia è parte integrante dell’intero percorso umano e artistico di Pasolini: il suo ruolo di maestro, un esempio di strenua volontà educativa. Questa straordinaria figura di intellettuale si forma negli anni giovanili in Friuli già nell’esperienza della “scuoletta” di Versuta: ai giovani che non potevano raggiungere Udine a causa dei bombardamenti, Pasolini offriva così la possibilità di non interrompere gli studi.
La sua opera di intellettuale come educatore non si pone su un piano astratto, bensì è vocazione prima, concreta e vivente. In questa prima esperienza, ancora fuori dall’Istituzione scolastica, Pasolini sviluppa una concezione della scuola come base della società. La commistione tra scuola e vita non limita l’impegno del maestro alle ore di lezione né la sua figura alla tradizionale autorità: intende invece prolungare l’impegno nel voler conoscere gli allievi, il loro contesto, il potenziale che hanno verso loro stessi.
Proprio questo è il modello che Pasolini tenterà di importare nella scuola pubblica quando riceverà i primi incarichi istituzionali come insegnante. Si tratta per lui di «sfumature, sfumature rischiose ed emozionanti», calcolare ciò che fa parte «di una pedagogia veramente positiva, che è difficile presentare in termini di un testo scolastico, e che è la competenza vivente di chi vive nel cerchio continuamente mobile dello spirito…»….”
"Il lavoro del maestro è come quello della massaia, bisogna ogni mattina ricominciare da capo: la materia, il concreto sfuggono da tutte le parti, sono un continuo miraggio che dà illusioni di perfezione. Lascio la sera i ragazzi in piena fase di ordine e volontà di sapere - partecipi, infervorati - e li trovo il giorno dopo ricaduti nella freddezza e nell'indifferenza.
(…) per fare studiare i ragazzi volentieri, entusiasmarli, occorre ben altro che adottare un metodo più moderno e intelligente. Si tratta di sfumature, di sfumature rischiose e emozionanti…"
Bisogna tener conto "in concreto delle contraddizioni, dell'irrazionale e del puro vivente che è in noi. (..) Può educare solo chi sa cosa significa amare."
Monday, 11 October 2010
Ulisse va alla scuola materna...
“Ulisse! Vieni! Ti ho preparato i tortelli!”: erano davvero speciali le sirene che tentavano Ulisse nel giardino dell’asilo Miro durante la recita di fine anno. I bimbi della sezione grandi hanno messo in scena una divertentissima versione dell’Odissea, fedele all’originale ma rivisitata con grande intelligenza e ironia dalle tate: Ulisse che entra a Troia cantando “Tutta mia la città”, i lotofagi in versione figli dei fiori, Circe che incanta i compagni di Ulisse con una conturbante danza del ventre... È per questo che gli asili di Reggio Emilia sono famosi nel mondo? Sicuramente sì, anche per questo e di certo l’asilo Miro non fa eccezione. Perché è un asilo in cui non si va semplicemente per giocare e passare bene o male il tempo, ma un luogo nel quale i bambini hanno l’occasione di crescere, di imparare, di condividere le loro scoperte con gli altri. Cose che possono succedere quando le insegnanti non si limitano a decidere “un programma” e ad imporlo, ma propongono ai bambini degli stimoli, dei percorsi e poi insieme li afforntano anche rischiando di sconvolgere del tutto i piani. È distinzione apparentemente sottile ma sostanziale: non significa lasciare i bambini allo stato brado, ma guidarli in modo che possa ognuno essere se stesso, riflettere sulle sue opinioni, sulle sue impressioni, discuterne con gli altri, scoprire che le cose se si fanno insieme si fanno prima e meglio, che la collaborazione è il segreto della felicità, e anche della libertà. Sono tante le “cose” che questi bambini imparano: adesso sanno l’Odissea, ma anche come funziona l’occhio, e come si costruisce un piccolo strumento musicale; sanno tutto dei dinosauri, ma hanno anche riflettuto sulle orme, sui segni, e sono arrivati a fare discorsi filosofici sempre continuando a giocare. Perché giocando si può fare tutto, non tutto è un gioco, ma il gioco racchiude tutto, e l’esercizio della mente è uno dei giochi più belli. Il gioco del pensiero, della propria individualità. Quello che ti apre gli orizzonti, che ti permette di affrontare serenamente e con autostima il confronto con gli amici e anche con i bambini che ti stanno antipatici. Fondamentale è in questo tipo di percorso la collaborazione di tutti, per il benessere dei bimbi. E quindi anche i genitori sono chiamati a cooperare e contribuire, per dar vita a una continuità educativa che permette al bambino di riconoscere sempre dei punti fermi, a casa e a scuola, ai quali rivolgersi nei momenti difficili e con i quali condividere i momenti esaltanti, della scoperta e del divertimento. Sulle solide fondamenta che hanno costruito grazie agli anni passati all’asilo Miro, questi bimbi affronteranno nel modo migliore la scuola primaria e i futuri anni di crescita.
(Emanuela Chiappo, 18 giugno 2010)
(Emanuela Chiappo, 18 giugno 2010)
Saturday, 9 October 2010
ABOLIAMO LA TV E LA SCUOLA DELL'OBBLIGO
Corriere della Sera, 18 ottobre 1975
di Pier Paolo Pasolini
Si lamenta in Italia la mancanza di una moderna efficienza poliziesca contro la delinquenza. Cioè che io soprattutto lamenterei è la mancanza di una coscienza informata di tutto questo, e la sopravvivenza di una retorica progressista che non ha più nulla a che fare con la realtà. Bisogna oggi essere progressisti in un altro mondo; inventare una nuova maniera di essere liberi, soprattutto nel giudicare, appunto, che ha scelto la fine della pietà. Bisogna ammettere una volta per sempre il fallimento della tolleranza. Che è stata, s'intende, una falsa tolleranza, ed è stata una delle cause più rilevanti nella degenerazione della masse dei giovani. Bisogna insomma comportarsi, nel giudicare, di conseguenza e non a priori (l'a priori progressista valido fino a una decina d'anni fa).
Quali sono le mie due modeste proposte per eliminare la criminalità? Sono due proposte swiftiane, come la loro definizione umoristica non si cura minimamente di nascondere.
1) Abolire immediatamente la scuola media dell'obbligo.
2) Abolire immediatamente la televisione. Quanto agli insegnanti e agli impiegati della televisione possono anche non essere mangiati, come suggerirebbe Swift: ma semplicemente possono essere messi sotto cassa integrazione.
La scuola d'obbligo è una scuola di iniziazione alla qualità di vita piccolo borghese: vi si insegnano delle cose inutili, stupide, false, moralistiche, anche nei casi migliori (cioè quando si invita adulatoriamente ad applicare la falsa democraticità dell'autogestione, del decentramento ecc.: tutto un imbroglio). Inoltre una nozione è dinamica solo se include la propria espansione e approfondimento: imparare un po' di storia ha senso solo se si proietta nel futuro la possibilità di una reale cultura storica. Altrimenti, le nozioni marciscono: nascono morte, non avendo futuro, e la loro funzione dunque altro non è che creare, col loro insieme, un piccolo borghese schiavo al posto di un proletario o di un sottoproletario libero (cioè appartenente a un'altra cultura, che lo lascia vergine a capire eventualmente nuove cose reali, mentre è ben chiaro che chi ha fatto la scuola d'obbligo è prigioniero del proprio infimo cerchio di sapere, e si scandalizza di fronte ad ogni novità). Una buona quinta elementare basta oggi in Italia a un operaio e a suo figlio. Illuderlo di un avanzamento che è una degradazione è delittuoso: perché lo rende: primo, presuntuoso (a causa di quelle due miserabili cose che ha imparato); secondo (e spesso contemporaneamente), angosciamente frustrato, perché quelle due cose che ha imparato altro non gli procurano che la coscienza della propria ignoranza. Certo arrivare fino all'ottava classe anziché alla quinta, o meglio, arrivare alla quindicesima classe, sarebbe, per me, come per tutti, l'optimum, suppongo. Ma poiché oggi in Italia la scuola d'obbligo è esattamente come io l'ho descritta (e mi angoscia letteralmente l'idea che vi venga aggiunta una "educazione sessuale", magari così come la intende lo stesso "Paese Sera"), è meglio abolirla in attesa di tempi migliori: cioè di un altro sviluppo. (E' questo il nodo della questione).
Quanto alla televisione non voglio spendere ulteriori parole: cioè che ho detto a proposito della scuola d'obbligo va moltiplicato all'infinito, dato che si tratta non di un insegnamento, ma di un "esempio": i "modelli" cioè, attraverso la televisione, non vengono parlati, ma rappresentati. E se i modelli son quelli, come si può pretendere che la gioventù più esposta e indifesa non sia criminaloide o criminale? E' stata la televisione che ha, praticamente (essa non è che un mezzo), concluso l'era della pietà, e iniziato l'era dell'edonè. Era in cui dei giovani insieme presuntuosi e frustrati a causa della stupidità e insieme dell'irraggiungibilità dei modelli proposti loro dalla scuola e dalla televisione, tendono inarrestabilmente ad essere o aggressivi fino alla delinquenza o passivi fino alla infelicità (che non è una colpa minore).
Ora, ogni apertura a sinistra sia della scuola che della televisione non è servita a nulla: la scuola e il video sono autoritari perché statali, e lo Stato è la nuova produzione (produzione di umanità). Se dunque i progressisti hanno veramente a cuore la condizione antropologica di un popolo, si uniscano intrepidamente a pretendere l'immediata cessazione delle lezioni alla scuola d'obbligo e delle trasmissioni televisive. Non sarebbe nulla, ma sarebbe anche molto: un Quarticciolo senza abominevoli scuolette e abbandonato alle sue sere e alle sue notti, forse sarebbe aiutato a ritrovare un proprio modello di vita. Posteriore a quello di una volta, e anteriore rispetto a quello presente. Altrimenti tutto ciò che si dice sul decentramento è scioccamente aprioristico o in pura malafede. Quanto ai collegamenti informativi del Quarticciolo - come di qualsiasi altro "luogo culturale" - col resto del mondo, sarebbero sufficienti a garantirgli i giornali murali e "l'Unità": e soprattutto il lavoro, che, in un simile contesto, assumerebbe naturalmente un altro senso, tenendo a unificare una buona volta, e per autodecisione, il tenore di vita con la vita.
di Pier Paolo Pasolini
Si lamenta in Italia la mancanza di una moderna efficienza poliziesca contro la delinquenza. Cioè che io soprattutto lamenterei è la mancanza di una coscienza informata di tutto questo, e la sopravvivenza di una retorica progressista che non ha più nulla a che fare con la realtà. Bisogna oggi essere progressisti in un altro mondo; inventare una nuova maniera di essere liberi, soprattutto nel giudicare, appunto, che ha scelto la fine della pietà. Bisogna ammettere una volta per sempre il fallimento della tolleranza. Che è stata, s'intende, una falsa tolleranza, ed è stata una delle cause più rilevanti nella degenerazione della masse dei giovani. Bisogna insomma comportarsi, nel giudicare, di conseguenza e non a priori (l'a priori progressista valido fino a una decina d'anni fa).
Quali sono le mie due modeste proposte per eliminare la criminalità? Sono due proposte swiftiane, come la loro definizione umoristica non si cura minimamente di nascondere.
1) Abolire immediatamente la scuola media dell'obbligo.
2) Abolire immediatamente la televisione. Quanto agli insegnanti e agli impiegati della televisione possono anche non essere mangiati, come suggerirebbe Swift: ma semplicemente possono essere messi sotto cassa integrazione.
La scuola d'obbligo è una scuola di iniziazione alla qualità di vita piccolo borghese: vi si insegnano delle cose inutili, stupide, false, moralistiche, anche nei casi migliori (cioè quando si invita adulatoriamente ad applicare la falsa democraticità dell'autogestione, del decentramento ecc.: tutto un imbroglio). Inoltre una nozione è dinamica solo se include la propria espansione e approfondimento: imparare un po' di storia ha senso solo se si proietta nel futuro la possibilità di una reale cultura storica. Altrimenti, le nozioni marciscono: nascono morte, non avendo futuro, e la loro funzione dunque altro non è che creare, col loro insieme, un piccolo borghese schiavo al posto di un proletario o di un sottoproletario libero (cioè appartenente a un'altra cultura, che lo lascia vergine a capire eventualmente nuove cose reali, mentre è ben chiaro che chi ha fatto la scuola d'obbligo è prigioniero del proprio infimo cerchio di sapere, e si scandalizza di fronte ad ogni novità). Una buona quinta elementare basta oggi in Italia a un operaio e a suo figlio. Illuderlo di un avanzamento che è una degradazione è delittuoso: perché lo rende: primo, presuntuoso (a causa di quelle due miserabili cose che ha imparato); secondo (e spesso contemporaneamente), angosciamente frustrato, perché quelle due cose che ha imparato altro non gli procurano che la coscienza della propria ignoranza. Certo arrivare fino all'ottava classe anziché alla quinta, o meglio, arrivare alla quindicesima classe, sarebbe, per me, come per tutti, l'optimum, suppongo. Ma poiché oggi in Italia la scuola d'obbligo è esattamente come io l'ho descritta (e mi angoscia letteralmente l'idea che vi venga aggiunta una "educazione sessuale", magari così come la intende lo stesso "Paese Sera"), è meglio abolirla in attesa di tempi migliori: cioè di un altro sviluppo. (E' questo il nodo della questione).
Quanto alla televisione non voglio spendere ulteriori parole: cioè che ho detto a proposito della scuola d'obbligo va moltiplicato all'infinito, dato che si tratta non di un insegnamento, ma di un "esempio": i "modelli" cioè, attraverso la televisione, non vengono parlati, ma rappresentati. E se i modelli son quelli, come si può pretendere che la gioventù più esposta e indifesa non sia criminaloide o criminale? E' stata la televisione che ha, praticamente (essa non è che un mezzo), concluso l'era della pietà, e iniziato l'era dell'edonè. Era in cui dei giovani insieme presuntuosi e frustrati a causa della stupidità e insieme dell'irraggiungibilità dei modelli proposti loro dalla scuola e dalla televisione, tendono inarrestabilmente ad essere o aggressivi fino alla delinquenza o passivi fino alla infelicità (che non è una colpa minore).
Ora, ogni apertura a sinistra sia della scuola che della televisione non è servita a nulla: la scuola e il video sono autoritari perché statali, e lo Stato è la nuova produzione (produzione di umanità). Se dunque i progressisti hanno veramente a cuore la condizione antropologica di un popolo, si uniscano intrepidamente a pretendere l'immediata cessazione delle lezioni alla scuola d'obbligo e delle trasmissioni televisive. Non sarebbe nulla, ma sarebbe anche molto: un Quarticciolo senza abominevoli scuolette e abbandonato alle sue sere e alle sue notti, forse sarebbe aiutato a ritrovare un proprio modello di vita. Posteriore a quello di una volta, e anteriore rispetto a quello presente. Altrimenti tutto ciò che si dice sul decentramento è scioccamente aprioristico o in pura malafede. Quanto ai collegamenti informativi del Quarticciolo - come di qualsiasi altro "luogo culturale" - col resto del mondo, sarebbero sufficienti a garantirgli i giornali murali e "l'Unità": e soprattutto il lavoro, che, in un simile contesto, assumerebbe naturalmente un altro senso, tenendo a unificare una buona volta, e per autodecisione, il tenore di vita con la vita.
Wednesday, 6 October 2010
A.A.A. supporters to Education
A little group of italian educators is supporting a solidarity activity and we are looking for sentences, contributes, poems, etc about the topic; EDUCATION
These sentences will be pubblished on a solidarity calendar of NGO I Sant'Innocenti.
We are looking forward your contribute; please send to
thegreateachers@gmail.com
Un piccolo gruppo di educatori italiani sta aiutando un'attività di solidarietà e per questo stiamocercando frasi, contributi, poesie, ecc sul tema: L'EDUCAZIONE
Queste frasi verranno pubblicate sul calendario 2011 di solidarietà per l'associzione I Sant'Innocenti.
Aspettiamo il tuo contributo; inviare, per favore a
thegreateachers@gmail.com
These sentences will be pubblished on a solidarity calendar of NGO I Sant'Innocenti.
We are looking forward your contribute; please send to
thegreateachers@gmail.com
Un piccolo gruppo di educatori italiani sta aiutando un'attività di solidarietà e per questo stiamocercando frasi, contributi, poesie, ecc sul tema: L'EDUCAZIONE
Queste frasi verranno pubblicate sul calendario 2011 di solidarietà per l'associzione I Sant'Innocenti.
Aspettiamo il tuo contributo; inviare, per favore a
thegreateachers@gmail.com
Educare gli Educatori
"Il richiamo della fraternità
non è confinato in una razza,
in una classe, in una élite,
in una nazione.
Viene da coloro che, ovunque siano,
lo sentono in se stessi,
e si indirizza a tutti e a ciascuno.
Ovunque in tutte le classi,
in tutte le nazioni,
ci sono degli esseri di "buona volontà"
per i quali il suo messaggio
è il loro messaggio.
Forse sono più numerosi fra gli inquieti,
i curiosi, gli aperti,
i teneri, i meticci, i bastardi,
e altri incroci."
Con queste parole Edgar Morin apre il suo saggio "educare gli educatori", una lunga intervista di alcuni anni fa, nata in seguito al clima di diffidenza e di "paura" nato dopo le Torri Gemelle.
"Politica di civilizzazione", "riforma del pensiero", "democrazia cognitiva", "fraternità", "antropo-etica" sono solo alcuni dei concetti su cui Morin si sofferma e che costituiscono le idee-faro, capaci di illuminare un sentiero alternativo a quello cui l'umanità si trova incamminata. Sono piccole luci, scintille, "isole di resistenza" che però possono scatenare immensi incendi e arrestare l'avanzata delle barbarie.
Sono, come egli stesso afferma, semi che vanno sparsi, "disseminati". "Non si può che seminare, non si può che fare come gli alberi che lasciano che il vento porti i semi", sostiene ad un certo punto; ed è questo il lavoro cui ogni educatore si deve sentire chiamato.
E continua: "... Bisogna disseminare e trovare luoghi di radicamento di ciò che oggi non può essere considerato che devianza".
Questo pensiero "deviante" è forse oggi la sola speranza per gli uomini, che fonda la salvezza nella perdizione, la solidarietà nella deriva, la speranza nella crisi, l'eticanell'uomo.
non è confinato in una razza,
in una classe, in una élite,
in una nazione.
Viene da coloro che, ovunque siano,
lo sentono in se stessi,
e si indirizza a tutti e a ciascuno.
Ovunque in tutte le classi,
in tutte le nazioni,
ci sono degli esseri di "buona volontà"
per i quali il suo messaggio
è il loro messaggio.
Forse sono più numerosi fra gli inquieti,
i curiosi, gli aperti,
i teneri, i meticci, i bastardi,
e altri incroci."
Con queste parole Edgar Morin apre il suo saggio "educare gli educatori", una lunga intervista di alcuni anni fa, nata in seguito al clima di diffidenza e di "paura" nato dopo le Torri Gemelle.
"Politica di civilizzazione", "riforma del pensiero", "democrazia cognitiva", "fraternità", "antropo-etica" sono solo alcuni dei concetti su cui Morin si sofferma e che costituiscono le idee-faro, capaci di illuminare un sentiero alternativo a quello cui l'umanità si trova incamminata. Sono piccole luci, scintille, "isole di resistenza" che però possono scatenare immensi incendi e arrestare l'avanzata delle barbarie.
Sono, come egli stesso afferma, semi che vanno sparsi, "disseminati". "Non si può che seminare, non si può che fare come gli alberi che lasciano che il vento porti i semi", sostiene ad un certo punto; ed è questo il lavoro cui ogni educatore si deve sentire chiamato.
E continua: "... Bisogna disseminare e trovare luoghi di radicamento di ciò che oggi non può essere considerato che devianza".
Questo pensiero "deviante" è forse oggi la sola speranza per gli uomini, che fonda la salvezza nella perdizione, la solidarietà nella deriva, la speranza nella crisi, l'eticanell'uomo.
Tuesday, 5 October 2010
Gran Torino: did I throw my life?
Walt Kowalski is a veteran of Korean war, a Ford ex-engineering, a few time widower and misanthrope; he is a old irascible man and he spend all his days on his home veranda, with a beer in one hand and a rifle in the other. He is polish, as he likes to repeat; but his district, the world around his own veranda is made by Italians, Irish, Mexican, black people. And moreover there are also the “yellow” people. They are all americans, but everyone is american for is own group, often for his own gang. And more about the old polish man; he has the awareness to have spent all his life at the assembly line; he still is too much proud of what his hands made and settled, starting from the wheel of his Ford Gran Torino of ’72.
Monday, 4 October 2010
educare istruendo, istruire educando
INTERVISTA al prof.Giovanni Riva (fondatore di "Nuovascuola")
29.10.1982
(...)
D: su quali principi si fonda il vostro lavoro?
R: Il nostro lavoro si fonda su un principio semplice, un principio nel contempo vecchio e nuovo: il bene più importante dell'umanità è la persona. Credevamo e crediamo sia utile investire soldi e fare notevoli sacrifici per un'educazione giusta dei nostri figli, perchè diventino uomini capaci di pensare, di decidere, di comportarsi avendo un'idea morale e la volontà di adeguarsi ad essa per il fatto, appunto di essere liberi. Il concetto educativo fondamentale viene da quell'esperienza cristiana che cercavamo e cerchiamo di vivere. Il cristianesimo crea una realtà diversa (tant'è vero che chi se ne intende capisce che questa è l'unica realtà che da fastidio). E a che cosa tu puoi educare se non a ciò i cui tu più credi, se non a ciò che ami con tutto il cuore? Quella che ci interessa di più è dare ai ragazzi una cultura che, pe parafrasare san Paolo, può fare loro dire: "Io ho tutti 30 e lode e poi conosco tutto benissimo: la matematica, l'insiemistica, l'informatica, la tecnica aziendale, i classici e i moderni. Però, per me tutto questo è come sterco, al confronto della conoscenza di Gesù Cristo".
D: come si struttura il lavoro di "Nuovascuola"?
R: il lavoro a "nuovascuola" è come quello di qualsiasi altra scuola: 4 o 5 ore di lezione al mattino, dal lunedì al sabato. I ragazzi vengono accolti nelle diverse zone della città e della provincia da un servizio di pullmini: è un servizio del quale le famiglie usufruiscono se ne hanno bisogno. Chi vuole rimanere a scuola anche nel pomeriggio può farlo; c'è un servizio di mensa e ci sono educatori per il pomeriggio. Col tempo, per chi lo volesse, non è escluso che si possa offrire ospitalità anche la notte. Ma l'attività di "Nuovascuola" in quanto tale è tutta al mattino: la nostra non è una scuola cosiddetta a tempo pieno. le materie e i programmi sono quelli ministeriali.
D: Come vengono scelti gli insegnanti?
R: Quando il Consiglio d'Amministrazione sceglie gli insegnanti sta particolarmente attento a due cose. La prima è indagare se ci si trova di fronte a una persona che, oltre ad avere capacità professionali, sa e vuole imparare, a una persona disposta a un grosso lavoro, che gli permetta di educare istruendo e di istruire educando. La seconda è assicurarsi, per quanto possibile, che la persona sia, diciamo, libera di fronte al cristianesimo, disponibile ad averlo come strada sulla quale camminare.
D: Quel'è la vostra utenza scolastica?
R: Attualmente, nei quattro livelli scolastici, abbiamo più di 150 iscritti. Abbiamo due sedi: una per la scuola materna "Arca di Noè" e una per le elementari, le medie e il liceo ginnasio (...)
D: Quali sono state le maggiori difficoltà incontrate nel lavoro di questi anni?
R: La difficoltà maggiore che abbiamo incontrato è quella, diciamo, politica. Noi siamo obbligati, di fronte all'ente pubblico, ad "essere perfetti"; riceviamo continuamente ispezioni e controlli. Da qualche parte, probabilmente, si spera di trovare un cavillo per farci chiudere. Altra difficoltà, anch'essa credo politica, è quella dei locali. Man mano che il numero degli iscritti cresce, si fa urgente avere strutture e sedi adeguate. Ora, siamo in affitto in via ****; abbiamo avuto i locali dalle suore...(...)
Non sono poi mai mancati i problemi economici, visto che i genitori, pur mandando i figli alle nostre scuole e pagando questo servizio, devono continuare a pagare le tasse e visto che gli aiuti economici del comune, della regione e anche dello stato arrivano come misere briciole.
D: Quali maggiroi soddisfazioni?
R: Parlare di soddisfazioni è quasi impossibile: cioè non saprei immediatamente raccontare "fatti" che ci hanno dato soddisfazione. E' tutto il lavoro, declinato nei vari momenti della vita, in tutte le faccende quotidiane in cui siamo affacendati, che dà speranza e gioia. Credo sia così per me, per gli insegnanti e anche per i ragazzi.
D: Quali sono i vostri rapporti con l'ente locale-giunta e la minoranza?
R: La nostra è un scuola scomoda. E' scomodo il fatto che essa "esista", perchè è nata senza che alcun potere ce ne desse l'idea e perchè nessuno può sfruttarla a proprio vantaggio. E lei sa meglio di me che cosa si fa, normalmente, verso ciò che è scomodo: o si cerca di eliminarlo o si finge (si cerca di fingere) che non esista. In ogni caso, non lo si aiuta a svilupparsi nè a continuare.
Siamo, in un certo senso, senza patria, perchè siamo irriducibili al potere, di qualsiasi tipo. Abbiamo un'identità.
La gente, invece, si fida delle nostre scuole e noi speriamo di non deluderla.
29.10.1982
(...)
D: su quali principi si fonda il vostro lavoro?
R: Il nostro lavoro si fonda su un principio semplice, un principio nel contempo vecchio e nuovo: il bene più importante dell'umanità è la persona. Credevamo e crediamo sia utile investire soldi e fare notevoli sacrifici per un'educazione giusta dei nostri figli, perchè diventino uomini capaci di pensare, di decidere, di comportarsi avendo un'idea morale e la volontà di adeguarsi ad essa per il fatto, appunto di essere liberi. Il concetto educativo fondamentale viene da quell'esperienza cristiana che cercavamo e cerchiamo di vivere. Il cristianesimo crea una realtà diversa (tant'è vero che chi se ne intende capisce che questa è l'unica realtà che da fastidio). E a che cosa tu puoi educare se non a ciò i cui tu più credi, se non a ciò che ami con tutto il cuore? Quella che ci interessa di più è dare ai ragazzi una cultura che, pe parafrasare san Paolo, può fare loro dire: "Io ho tutti 30 e lode e poi conosco tutto benissimo: la matematica, l'insiemistica, l'informatica, la tecnica aziendale, i classici e i moderni. Però, per me tutto questo è come sterco, al confronto della conoscenza di Gesù Cristo".
D: come si struttura il lavoro di "Nuovascuola"?
R: il lavoro a "nuovascuola" è come quello di qualsiasi altra scuola: 4 o 5 ore di lezione al mattino, dal lunedì al sabato. I ragazzi vengono accolti nelle diverse zone della città e della provincia da un servizio di pullmini: è un servizio del quale le famiglie usufruiscono se ne hanno bisogno. Chi vuole rimanere a scuola anche nel pomeriggio può farlo; c'è un servizio di mensa e ci sono educatori per il pomeriggio. Col tempo, per chi lo volesse, non è escluso che si possa offrire ospitalità anche la notte. Ma l'attività di "Nuovascuola" in quanto tale è tutta al mattino: la nostra non è una scuola cosiddetta a tempo pieno. le materie e i programmi sono quelli ministeriali.
D: Come vengono scelti gli insegnanti?
R: Quando il Consiglio d'Amministrazione sceglie gli insegnanti sta particolarmente attento a due cose. La prima è indagare se ci si trova di fronte a una persona che, oltre ad avere capacità professionali, sa e vuole imparare, a una persona disposta a un grosso lavoro, che gli permetta di educare istruendo e di istruire educando. La seconda è assicurarsi, per quanto possibile, che la persona sia, diciamo, libera di fronte al cristianesimo, disponibile ad averlo come strada sulla quale camminare.
D: Quel'è la vostra utenza scolastica?
R: Attualmente, nei quattro livelli scolastici, abbiamo più di 150 iscritti. Abbiamo due sedi: una per la scuola materna "Arca di Noè" e una per le elementari, le medie e il liceo ginnasio (...)
D: Quali sono state le maggiori difficoltà incontrate nel lavoro di questi anni?
R: La difficoltà maggiore che abbiamo incontrato è quella, diciamo, politica. Noi siamo obbligati, di fronte all'ente pubblico, ad "essere perfetti"; riceviamo continuamente ispezioni e controlli. Da qualche parte, probabilmente, si spera di trovare un cavillo per farci chiudere. Altra difficoltà, anch'essa credo politica, è quella dei locali. Man mano che il numero degli iscritti cresce, si fa urgente avere strutture e sedi adeguate. Ora, siamo in affitto in via ****; abbiamo avuto i locali dalle suore...(...)
Non sono poi mai mancati i problemi economici, visto che i genitori, pur mandando i figli alle nostre scuole e pagando questo servizio, devono continuare a pagare le tasse e visto che gli aiuti economici del comune, della regione e anche dello stato arrivano come misere briciole.
D: Quali maggiroi soddisfazioni?
R: Parlare di soddisfazioni è quasi impossibile: cioè non saprei immediatamente raccontare "fatti" che ci hanno dato soddisfazione. E' tutto il lavoro, declinato nei vari momenti della vita, in tutte le faccende quotidiane in cui siamo affacendati, che dà speranza e gioia. Credo sia così per me, per gli insegnanti e anche per i ragazzi.
D: Quali sono i vostri rapporti con l'ente locale-giunta e la minoranza?
R: La nostra è un scuola scomoda. E' scomodo il fatto che essa "esista", perchè è nata senza che alcun potere ce ne desse l'idea e perchè nessuno può sfruttarla a proprio vantaggio. E lei sa meglio di me che cosa si fa, normalmente, verso ciò che è scomodo: o si cerca di eliminarlo o si finge (si cerca di fingere) che non esista. In ogni caso, non lo si aiuta a svilupparsi nè a continuare.
Siamo, in un certo senso, senza patria, perchè siamo irriducibili al potere, di qualsiasi tipo. Abbiamo un'identità.
La gente, invece, si fida delle nostre scuole e noi speriamo di non deluderla.
poster vs power
Poster vs power
VLADIMIR SABILLON ANSWERED and SPEAKS ABOUT THE EXHIBITION FOR POSTER FOR TOMORROW FOR THE ABOLITION OF DEATH PENALTY, CENSORED BY BELFAST COUNCIL .
Why to be shocked by these imagines? Why red colour recalls a political part more than somebody’s dying warm heartbeats? Why would a poster to frighten more than human being’s death? It is more violent to close the eyes than don’t have an opinion anymore, isn’t it? I had all these questions while I was reading the article on Irish News, from Belfast.
When some imagines come against this kind of human and social injustice, they will surely become inconvenient to those who commit certain human and social injustices; these imagines could horrify the petty and full of false morality mind; but why they (Du Party councillors) debate about the “ nature of the imagine” but not about the right roots from where the imagines came from? And moreover this kind of imagines cause a serious problem, because they have something concerning with the lives of many people who died under the hand of State hangman and many people who will know the same destiny (ironically, of course; but through the established legal system).
Anyway, this exhibition has the objective (I guess) of awareness in all countries that still apply the death penalty, Japan, United States and others, and not only; I think it is for everybody, in order to give to everybody a deeper feedback about justice and human beings, even if he acted like an animal.
And therefore I can say: “poster vs power”. The social graph will always act like a slap in power, to those who work in economic, politics, media and legal system, because, while they present themselves like democratic and morally “right”, they don’t accept and they will never accept to be contradicted, deleted, to change their political thought (unless it is for their own interests).
This exhibition it had to be showed to everybody, in each corner of the world, to all schools and universities; not for artist’s glory, for organizers glory, but in order to educate the current generations, young and old, to develop a more human and less moral feedback.
AFFICHES CONTRE LE POUVOIR
Vladimir Sabillon parle de l’exposition “Poster for tomorrow” :
Pourquoi se scandalisent-ils de ces images? Pourquoi le rouge rappelle davantage une position politique plutôt que les chaudes pulsations du cœur de quelqu’un qui sera mort d’ici peu ? Pourquoi une affiche effraie-t-elle, plus que la mort d’un être humain ? N’est-ce pas une attitude bien plus violente, celle qui se laisse fermer les yeux pour plus jamais avoir à juger ? Toutes ces questions jaillissent dans l’esprit, en lisant l’article paru sur le Irisch New, de la ville de Belfast.
Si des images dressées contre une injustice humaine et sociale naissent, il s’agira sans aucun doute d’images dérangeantes pour ceux qui soutiennent certaines injustices humaines et sociales, il s’agira d’images capables de gêner un esprit mesquin et plein d’une fausse moralité. On ne comprend pas, en fait, pourquoi ces messieurs ( DU Party councillor) s’arrêtent pour causer de la « nature de l’image », mais ils ne parlent pas du tout de la juste racine sur laquelle ces images sont nées.
Ces images posent sérieusement problème, car elles concernent la vie des nombreuses personnes tuées par les mains des bourreaux d’état, et de la vie des personnes qui subiront bien tôt le même sort (nous utilisons ce mot dans son acception ironique, mais cela se produira par un système juridique bien établi).
Quoi qu’il en soit, cette manifestation a aussi le but, du moins je le crois, d’une prise de conscience de la part des pays qui encore pratiquent la peine de mort : Japon, Etats-Unis et d’autres encore. J’estime qu’elle servira à tout le monde pour développer un jugement profond sur la justice et sur l’homme, même dans le cas où ce dernier se conduise en animal.
J’affirme donc « Posters vs Power / Affiches contre le pouvoir ». La graphique sociale restera à jamais une gifle au pouvoir, à ceux qui opèrent dans les systèmes économiques, politiques, médiatiques et judiciaires parce que, tout en se présentant comme démocratiques et moralement irréprochables, ils n’acceptent pas et ils n’accepterons jamais de se contredire, de s’anéantir, de changer politiquement d’avis (sauf, bien sûr, dans le cas où cela serait dans leurs propres intérêts).
Cette exposition devrait être vue par le plus grand nombre de personnes, vue dans toutes les écoles et universités, non pas pour la gloire des artistes, mais pour éduquer les générations d’aujourd’hui, les jeunes comme les vieux, et pouvoir ainsi développer un jugement plus humain et moins « moral ».
Poster vs potere
VLADIMIR SABILLON RISPONDE ALLA CENSURA DEL CONSIGLIERE DI BELFAST PER LA MOSTRA Poster for Tomorrow, in supporto alla campagna di abolizione della pena di morte
Perché si scandalizzano per queste immagini? Perché il rosso ricorda più una posizione politica e non i caldi battiti del cuore di uno che sta per morire? Perché un manifesto spaventa più che la morte di un essere umano? Forse non è più violento farsi chiudere gli occhi e non avere più un giudizio? Tutte queste domande vengono in mente, leggendo l’articolo apparso sull’Irish News, della città di Belfast.
Se nascono immagini contro un’ingiustizia umana e sociale, sicuramente saranno immagini scomode a chi promuove certe ingiustizie umane e sociali, saranno immagini capaci di inorridire l’animo meschino e pieno di una falsa moralità. Perché non si capisce, come mai, questi (Democratic Unionist Party councillor) discutano sulla “natura dell’immagine” e non sulla radice giusta per cui sono nate queste immagini? Infatti, queste immagini mettono un problema molto serio, perché hanno a che vedere con la vita di molte persone, che sono morte sotto la mano del boia di stato, e persone che avranno la stessa “sorte” (ironicamente, diciamo cosi; ma sarà attraverso un sistema giuridico stabilito). Comunque sia, questa manifestazione ha anche come obiettivo (intuisco), la presa di coscienza dei paesi che ancora applicano la pena di morte, Giappone, Stati Uniti, e altri. Ma non solo: credo, da parte mia, che sia per tutti, in modo che tutti possano avere un giudizio profondo sulla giustizia e l’uomo, anche se questo, si e comportato da animale.
Io dico perciò: “Poster vs potere”, la grafica sociale sarà sempre uno schiaffo al potere, cioè a chi opera nei sistemi economici, politici, mediatici e giudiziari, perché, pur presentandoci democratici e moralmente “giusti”, non accettano e non accetteranno mai contraddirsi, annullarsi, cambiare pensiero politico (ameno che non sia per i propri interessi). Questa mostra dovrebbe essere vista da tutti, in ogni parte del mondo, vista da tutte le scuole e università, ma non per la gloria degli artisti o degli organizzatori ma bensì, per educare le generazioni presenti, giovani e vecchi, e cosi, sviluppare un giudizio più umano e meno “morale”.
www.posterfortomorrow.org
And also see: http://www.youtube.com/watch?v=f72S_KfB_cE
Contact: vladimirsabillon.press@gmail.com
VLADIMIR SABILLON ANSWERED and SPEAKS ABOUT THE EXHIBITION FOR POSTER FOR TOMORROW FOR THE ABOLITION OF DEATH PENALTY, CENSORED BY BELFAST COUNCIL .
Why to be shocked by these imagines? Why red colour recalls a political part more than somebody’s dying warm heartbeats? Why would a poster to frighten more than human being’s death? It is more violent to close the eyes than don’t have an opinion anymore, isn’t it? I had all these questions while I was reading the article on Irish News, from Belfast.
When some imagines come against this kind of human and social injustice, they will surely become inconvenient to those who commit certain human and social injustices; these imagines could horrify the petty and full of false morality mind; but why they (Du Party councillors) debate about the “ nature of the imagine” but not about the right roots from where the imagines came from? And moreover this kind of imagines cause a serious problem, because they have something concerning with the lives of many people who died under the hand of State hangman and many people who will know the same destiny (ironically, of course; but through the established legal system).
Anyway, this exhibition has the objective (I guess) of awareness in all countries that still apply the death penalty, Japan, United States and others, and not only; I think it is for everybody, in order to give to everybody a deeper feedback about justice and human beings, even if he acted like an animal.
And therefore I can say: “poster vs power”. The social graph will always act like a slap in power, to those who work in economic, politics, media and legal system, because, while they present themselves like democratic and morally “right”, they don’t accept and they will never accept to be contradicted, deleted, to change their political thought (unless it is for their own interests).
This exhibition it had to be showed to everybody, in each corner of the world, to all schools and universities; not for artist’s glory, for organizers glory, but in order to educate the current generations, young and old, to develop a more human and less moral feedback.
AFFICHES CONTRE LE POUVOIR
Vladimir Sabillon parle de l’exposition “Poster for tomorrow” :
Pourquoi se scandalisent-ils de ces images? Pourquoi le rouge rappelle davantage une position politique plutôt que les chaudes pulsations du cœur de quelqu’un qui sera mort d’ici peu ? Pourquoi une affiche effraie-t-elle, plus que la mort d’un être humain ? N’est-ce pas une attitude bien plus violente, celle qui se laisse fermer les yeux pour plus jamais avoir à juger ? Toutes ces questions jaillissent dans l’esprit, en lisant l’article paru sur le Irisch New, de la ville de Belfast.
Si des images dressées contre une injustice humaine et sociale naissent, il s’agira sans aucun doute d’images dérangeantes pour ceux qui soutiennent certaines injustices humaines et sociales, il s’agira d’images capables de gêner un esprit mesquin et plein d’une fausse moralité. On ne comprend pas, en fait, pourquoi ces messieurs ( DU Party councillor) s’arrêtent pour causer de la « nature de l’image », mais ils ne parlent pas du tout de la juste racine sur laquelle ces images sont nées.
Ces images posent sérieusement problème, car elles concernent la vie des nombreuses personnes tuées par les mains des bourreaux d’état, et de la vie des personnes qui subiront bien tôt le même sort (nous utilisons ce mot dans son acception ironique, mais cela se produira par un système juridique bien établi).
Quoi qu’il en soit, cette manifestation a aussi le but, du moins je le crois, d’une prise de conscience de la part des pays qui encore pratiquent la peine de mort : Japon, Etats-Unis et d’autres encore. J’estime qu’elle servira à tout le monde pour développer un jugement profond sur la justice et sur l’homme, même dans le cas où ce dernier se conduise en animal.
J’affirme donc « Posters vs Power / Affiches contre le pouvoir ». La graphique sociale restera à jamais une gifle au pouvoir, à ceux qui opèrent dans les systèmes économiques, politiques, médiatiques et judiciaires parce que, tout en se présentant comme démocratiques et moralement irréprochables, ils n’acceptent pas et ils n’accepterons jamais de se contredire, de s’anéantir, de changer politiquement d’avis (sauf, bien sûr, dans le cas où cela serait dans leurs propres intérêts).
Cette exposition devrait être vue par le plus grand nombre de personnes, vue dans toutes les écoles et universités, non pas pour la gloire des artistes, mais pour éduquer les générations d’aujourd’hui, les jeunes comme les vieux, et pouvoir ainsi développer un jugement plus humain et moins « moral ».
Poster vs potere
VLADIMIR SABILLON RISPONDE ALLA CENSURA DEL CONSIGLIERE DI BELFAST PER LA MOSTRA Poster for Tomorrow, in supporto alla campagna di abolizione della pena di morte
Perché si scandalizzano per queste immagini? Perché il rosso ricorda più una posizione politica e non i caldi battiti del cuore di uno che sta per morire? Perché un manifesto spaventa più che la morte di un essere umano? Forse non è più violento farsi chiudere gli occhi e non avere più un giudizio? Tutte queste domande vengono in mente, leggendo l’articolo apparso sull’Irish News, della città di Belfast.
Se nascono immagini contro un’ingiustizia umana e sociale, sicuramente saranno immagini scomode a chi promuove certe ingiustizie umane e sociali, saranno immagini capaci di inorridire l’animo meschino e pieno di una falsa moralità. Perché non si capisce, come mai, questi (Democratic Unionist Party councillor) discutano sulla “natura dell’immagine” e non sulla radice giusta per cui sono nate queste immagini? Infatti, queste immagini mettono un problema molto serio, perché hanno a che vedere con la vita di molte persone, che sono morte sotto la mano del boia di stato, e persone che avranno la stessa “sorte” (ironicamente, diciamo cosi; ma sarà attraverso un sistema giuridico stabilito). Comunque sia, questa manifestazione ha anche come obiettivo (intuisco), la presa di coscienza dei paesi che ancora applicano la pena di morte, Giappone, Stati Uniti, e altri. Ma non solo: credo, da parte mia, che sia per tutti, in modo che tutti possano avere un giudizio profondo sulla giustizia e l’uomo, anche se questo, si e comportato da animale.
Io dico perciò: “Poster vs potere”, la grafica sociale sarà sempre uno schiaffo al potere, cioè a chi opera nei sistemi economici, politici, mediatici e giudiziari, perché, pur presentandoci democratici e moralmente “giusti”, non accettano e non accetteranno mai contraddirsi, annullarsi, cambiare pensiero politico (ameno che non sia per i propri interessi). Questa mostra dovrebbe essere vista da tutti, in ogni parte del mondo, vista da tutte le scuole e università, ma non per la gloria degli artisti o degli organizzatori ma bensì, per educare le generazioni presenti, giovani e vecchi, e cosi, sviluppare un giudizio più umano e meno “morale”.
www.posterfortomorrow.org
And also see: http://www.youtube.com/watch?v=f72S_KfB_cE
Contact: vladimirsabillon.press@gmail.com
Friday, 1 October 2010
Giorni di tempesta...
Oggi non ce l’ho con la Gelmini. Sarebbe troppo facile. O almeno: ormai questa nuova linea meschina di pensiero si è troppo infiltrata tra i banchi delle nostre scuole da rendere biechi esseri anche certi professori che fino a poco tempo fa avresti stimato e con i quali avresti volentieri lavorato.
Oggi è davanti a voi che mi trovo profondamente impotente, triste… tanto che verrebbe la voglia di essere come loro vogliono, entrare a scuola con l’unico scopo di timbrare il cartellino e di fare il minimo indispensabile (e nemmeno quel tanto che basta per tenere insieme un gruppo di ansiosi e tumultuosi liceali).
La più grande colpa di cui forse questa riforma si è macchiata è quella di averci messo l’uno contro l’altro.
Anche la scuola è diventata una società che ti accusa, che insegna ai suoi insegnanti a puntare il dito l’uno contro l’altro, semplicemente perché l’altro rappresenta un quid che va a tuo discapito, che va a ledere il tuo benessere e il benestare di tutti. E soprattutto avviene che il tentativo di realizzare qualcosa qui, nella tua scuola, provoca la reazione immediata del pensiero dominante: “e tu cosa ci perdi?”.
Tu, educatore(?) che pensi ora solo al portafoglio (che da sacrosanto diritto al proprio sostentamento è diventato il vero "principio superiore" del tuo insegnare) con che coraggio ti presenterai domani mattina in classe a spiegare ai tuoi studenti gli alti ideali della letteratura e della filosofia, delle antiche società degli uomini e delle vicessitudini della storia?
Oggi desiderare il bene della scuola è diventato agli occhi di tutti (anche dei migliori docenti) una sorta di ipocrisia.
Ma domani no. Quando mi troverò davanti ai miei ragazzi a rileggere pagine di letteratura e a spiegare il monito di chi aveva il coraggio di dire “A quelle parole io m’infiammava di un sovrumano furore, e sorgeva gridando. Ché non si tenta? Morremo?“ io no, non proverò quel senso di vergogna.
Lord Tennison scrisse; “Venite amici, perché non è mai tardi per scoprire un nuovo mondo. Io vi propongo di andare al di là dell’orizzonte. E se anche non abbiamo l’energia che in tempi lontani mosse la terra e il cielo, siamo ancora gli stessi, unica eguale tempra di eroici cuori. Indeboliti forse dal fato, ma con ancora la voglia di combattere, di cercare, di trovare e di non cedere.”
Oggi è davanti a voi che mi trovo profondamente impotente, triste… tanto che verrebbe la voglia di essere come loro vogliono, entrare a scuola con l’unico scopo di timbrare il cartellino e di fare il minimo indispensabile (e nemmeno quel tanto che basta per tenere insieme un gruppo di ansiosi e tumultuosi liceali).
La più grande colpa di cui forse questa riforma si è macchiata è quella di averci messo l’uno contro l’altro.
Anche la scuola è diventata una società che ti accusa, che insegna ai suoi insegnanti a puntare il dito l’uno contro l’altro, semplicemente perché l’altro rappresenta un quid che va a tuo discapito, che va a ledere il tuo benessere e il benestare di tutti. E soprattutto avviene che il tentativo di realizzare qualcosa qui, nella tua scuola, provoca la reazione immediata del pensiero dominante: “e tu cosa ci perdi?”.
Tu, educatore(?) che pensi ora solo al portafoglio (che da sacrosanto diritto al proprio sostentamento è diventato il vero "principio superiore" del tuo insegnare) con che coraggio ti presenterai domani mattina in classe a spiegare ai tuoi studenti gli alti ideali della letteratura e della filosofia, delle antiche società degli uomini e delle vicessitudini della storia?
Oggi desiderare il bene della scuola è diventato agli occhi di tutti (anche dei migliori docenti) una sorta di ipocrisia.
Ma domani no. Quando mi troverò davanti ai miei ragazzi a rileggere pagine di letteratura e a spiegare il monito di chi aveva il coraggio di dire “A quelle parole io m’infiammava di un sovrumano furore, e sorgeva gridando. Ché non si tenta? Morremo?“ io no, non proverò quel senso di vergogna.
Lord Tennison scrisse; “Venite amici, perché non è mai tardi per scoprire un nuovo mondo. Io vi propongo di andare al di là dell’orizzonte. E se anche non abbiamo l’energia che in tempi lontani mosse la terra e il cielo, siamo ancora gli stessi, unica eguale tempra di eroici cuori. Indeboliti forse dal fato, ma con ancora la voglia di combattere, di cercare, di trovare e di non cedere.”
Wednesday, 29 September 2010
Dell'educazione disastrosa: Noam Chomsky interviene
L’EDUCAZIONE ALLA LIBERTA’
L’istruzione è, chiaramente, in parte una questione di scuole ed università. ciò è vero sia che il suo fine sia l’educazione alla libertà e alla democrazia, come sosteneva Dewey, sia l’educazione all’obbedienza, alla subordinazione ed alla marginalizzazione, come vogliono le istituzioni dominanti. James Coleman, sociologo dell’università di Chicago, uno dei maggiori studiosi dell’istruzione e degli effetti dell’esperienza sulla vita dei bambini, conclude dopo molti studi che “l’effetto complessivo del contesto famigliare è considerevolmente maggiore dell’effetto totale di tutte le variabili scolastiche nel determinare i risultati degli studenti”. In realtà, circa due volte più forte, conclude. Perciò è importante dare uno sguardo a come le politiche sociali e la cultura dominante stanno plasmando questi fattori, le influenze famigliari e così via.
È un argomento molto interessante. L’indagine è facilitata da uno studio dell’UNICEF pubblicato un anno fa dal titolo: “la negligenza verso i bambini nei paesi ricchi”, scritto da una nota economista americana, Sylvia Ann Hewlett, che studia gli ultimi 15 anni, dai tardi anni 70 ai primi anni 90, nelle nazioni ricche. Non parla dei paesi del terzo mondo ma delle nazioni ricche e trova una divisione netta tra le società angloamericane da un lato, e l’Europa continentale ed il Giappone dall’altro. Il modello angloamericano, affinato dai reaganiani e dalla Thatcher, è stato un disastro per bambini e famiglie, dice. Il modello europeo, in contrasto, ha migliorato le loro condizioni in maniera considerevole, a partire da un livello iniziale già considerevolmente più in alto, nonostante il fatto che le società europee non hanno i vantaggi immensi di quelle angloamericane. Gli USA possiedono una ricchezza e vantaggi senza precedenti, e mentre la Gran Bretagna ha subito un netto declino, in particolare sotto la Thatcher, gode almeno del vantaggio di essere un buon cliente degli USA oltre che uno dei maggior esportatori di petrolio negli anni della Thatcher. Ciò fa apparire il fallimento economico del thatcherismo finanche più drammatico, come hanno mostrato alcuni autentici conservatori britannici, tra cui Lord Ian Gilmour.
Hewlett descrive il disastro angloamericano per i bambini e per le famiglie come “attribuibili” alla preferenza ideologica per i libri mercati. Li propugnava per i poveri ma andò ben oltre il suo predecessore nel domandare ed ottenere un livello altissimo di sussidio pubblico e protezione statale per i ricchi. Comunque si decida di chiamare questa ideologia, è ingiusto macchiare il buon nome del conservatorismo attribuendogli questa forma particolare di statalismo violento, senza legge e reazionario. Chiamatelo come volete, ma non è conservatorismo. Non è il libero mercato.
Comunque Hewlett ha del tutto ragione nell’identificare nel mercato per i poveri, la ragione del disastro per le famiglie ed i loro bambini. E non c’è molto dubbio degli effetti di ciò che Hewlett chiama “lo spirito anti-bambini ed anti-famiglie che scorrazza in queste terre”, nelle terre angloamericane, più drammaticamente negli USA, ma anche in gran Bretagna. Questo modello angloamericano pieno di negligenza, che si basa sulla disciplina di mercato per i poveri, ha privatizzato in gran parte l’allevamento dei figli rendendo allo stesso tempo impossibile per la gran parte della popolazione allevare i propri figli. Questo è stato l’obiettivo combinato e la politica del conservatorismo reaganiano e del suo omologo Thatcheriano. Il risultato è, chiaramente, un disastro per bambini e famiglie.
Noam Chomsky
da "Democrazia e istruzione", conferenza tenuta il 19 ottobre 1994 alla Loyola University di Chicago
L’istruzione è, chiaramente, in parte una questione di scuole ed università. ciò è vero sia che il suo fine sia l’educazione alla libertà e alla democrazia, come sosteneva Dewey, sia l’educazione all’obbedienza, alla subordinazione ed alla marginalizzazione, come vogliono le istituzioni dominanti. James Coleman, sociologo dell’università di Chicago, uno dei maggiori studiosi dell’istruzione e degli effetti dell’esperienza sulla vita dei bambini, conclude dopo molti studi che “l’effetto complessivo del contesto famigliare è considerevolmente maggiore dell’effetto totale di tutte le variabili scolastiche nel determinare i risultati degli studenti”. In realtà, circa due volte più forte, conclude. Perciò è importante dare uno sguardo a come le politiche sociali e la cultura dominante stanno plasmando questi fattori, le influenze famigliari e così via.
È un argomento molto interessante. L’indagine è facilitata da uno studio dell’UNICEF pubblicato un anno fa dal titolo: “la negligenza verso i bambini nei paesi ricchi”, scritto da una nota economista americana, Sylvia Ann Hewlett, che studia gli ultimi 15 anni, dai tardi anni 70 ai primi anni 90, nelle nazioni ricche. Non parla dei paesi del terzo mondo ma delle nazioni ricche e trova una divisione netta tra le società angloamericane da un lato, e l’Europa continentale ed il Giappone dall’altro. Il modello angloamericano, affinato dai reaganiani e dalla Thatcher, è stato un disastro per bambini e famiglie, dice. Il modello europeo, in contrasto, ha migliorato le loro condizioni in maniera considerevole, a partire da un livello iniziale già considerevolmente più in alto, nonostante il fatto che le società europee non hanno i vantaggi immensi di quelle angloamericane. Gli USA possiedono una ricchezza e vantaggi senza precedenti, e mentre la Gran Bretagna ha subito un netto declino, in particolare sotto la Thatcher, gode almeno del vantaggio di essere un buon cliente degli USA oltre che uno dei maggior esportatori di petrolio negli anni della Thatcher. Ciò fa apparire il fallimento economico del thatcherismo finanche più drammatico, come hanno mostrato alcuni autentici conservatori britannici, tra cui Lord Ian Gilmour.
Hewlett descrive il disastro angloamericano per i bambini e per le famiglie come “attribuibili” alla preferenza ideologica per i libri mercati. Li propugnava per i poveri ma andò ben oltre il suo predecessore nel domandare ed ottenere un livello altissimo di sussidio pubblico e protezione statale per i ricchi. Comunque si decida di chiamare questa ideologia, è ingiusto macchiare il buon nome del conservatorismo attribuendogli questa forma particolare di statalismo violento, senza legge e reazionario. Chiamatelo come volete, ma non è conservatorismo. Non è il libero mercato.
Comunque Hewlett ha del tutto ragione nell’identificare nel mercato per i poveri, la ragione del disastro per le famiglie ed i loro bambini. E non c’è molto dubbio degli effetti di ciò che Hewlett chiama “lo spirito anti-bambini ed anti-famiglie che scorrazza in queste terre”, nelle terre angloamericane, più drammaticamente negli USA, ma anche in gran Bretagna. Questo modello angloamericano pieno di negligenza, che si basa sulla disciplina di mercato per i poveri, ha privatizzato in gran parte l’allevamento dei figli rendendo allo stesso tempo impossibile per la gran parte della popolazione allevare i propri figli. Questo è stato l’obiettivo combinato e la politica del conservatorismo reaganiano e del suo omologo Thatcheriano. Il risultato è, chiaramente, un disastro per bambini e famiglie.
Noam Chomsky
da "Democrazia e istruzione", conferenza tenuta il 19 ottobre 1994 alla Loyola University di Chicago
Pasolini about don Milani; a Daseyn suggestion
I would like to signal an interesting interview to P.P.Pasolini about our beloved don Milani's school book, "Lettere a una professoressa"(1967), pubblished by our friend of Daseyn blog.
Read it and meditate...
Vorrei segnalare un interessante intervista a P.P.Pasolini a proposito del nostro caro libro della scuola di don Milani, Lettere a una professoressa" (1967), pubblicato dai nostri amici del blog Daseyn.
Leggete e meditate....
http://daseyn.blogspot.com/2010/09/pasolini-su-lettere-una-professoressa.html
Read it and meditate...
Vorrei segnalare un interessante intervista a P.P.Pasolini a proposito del nostro caro libro della scuola di don Milani, Lettere a una professoressa" (1967), pubblicato dai nostri amici del blog Daseyn.
Leggete e meditate....
http://daseyn.blogspot.com/2010/09/pasolini-su-lettere-una-professoressa.html
Tuesday, 28 September 2010
“If poetry comes not as naturally as leaves to a tree it had better not come at all." notes about poetry (from John Keats)
It’s very easy to understand why John Keats had this imagine of poetry while you are looking to the recent Jane Champion’s movie Bright Star, dedicated to the last years of the poet living at Wentworth Place; there in the spring-summer of 1818 he met Fanny Browne, the girl who inspired him Bright Star poem and many others.
The film not only reveals the evolution of their young love, but traces Brawne's introduction and immersion into Keats's world of poetry, beginning with apathy and ending with passionate involvement.
Though at the time the lovers meet, in 1818, Keats has already established himself in the literary world, his career does not afford him the financial means to marry. Knowing this, Brawne's interaction with Keats is limited, so she injects herself into his life by feigning an interest in poetry.
One of the most intimate early scenes of the relationship takes place over an impromptu poetry lesson, though Keats is suspicious of Brawne. When she asks for an introduction concerning "the craft of poetry," Keats dismisses the notion: "Poetic craft is a carcass, a sham. If poetry doesn't come as naturally as leaves to a tree, then it better not come at all."
As the conversation continues, however, Fanny earns Keats's trust, and he offers a more useful explanation: "A poem needs understanding through the senses. The point of diving in a lake is not immediately to swim to the shore; it's to be in the lake, to luxuriate in the sensation of water. You do not work the lake out. It is an experience beyond thought. Poetry soothes and emboldens the soul to accept mystery."
From that point on, Fanny develops an obsession with poetry—mostly Keats's own poems—and occasionally recites favorite verses from memory. It is through Brawne that much of the poetry of the film reveals itself, either from her memory, or read to her by Keats.
Poems excerpted in the film include the book-length sequence Endymion, "When I Have Fears that I May Cease to Be," "The Eve of St. Agnes”, "Ode to a Nightingale," "La Belle Dame Sans Merci," and the title poem, "Bright Star," which has probably written for Brawne as Keats's muse.
“Se la poesia non arriva naturalmente come le foglie su un albero è meglio che non nasca nemmeno”
Appunti di poesia (da John Keats)
E’ molto facile comprendere perché John Keats ebbe questa immagine della poesia, guardando al recente film di Jane Ch’ampio, Bright Star, dedicato agli ultimi anni della vita del poeta a wentworth; qui, nell’estate del 1818 incontrò Fanny Browne, che è diventata la Bright Star che ha ispirato al poeta il sublime.
Il film non rivle asolo l’evoluzione del loro giovane amore, ma traccia un’introduzione e una immersione della Browne nel mondo della poesia di Keats, iniziando nell’apatia e terminando in un appassionato coinvolgimento.
A quel tempo in cui i due innamorati si incontrarono, nel 1818, Keats aveva già trovato posto nel mondo della poesia, ma la sua carriera non lo aveva ancora messo in condizioni economiche per potere sposarsi. Ben cosciente di questo, il rapporto della Browne con keats aveva dei limiti, quindi lei aveva tentato di buttarsi in una finta ammirazione per la poesia.
Una delle più belle scene tra i due avviene in una improvvisata lezione di poesia, mentre Keats è sospettoso della Browne. Quando lei domanda una spiegazione introduttiva sul “mestiere della poesia”, Keats respinge il concetto “Il mestiere poetico è una carcassa, una farsa. Se la poesia non arriva naturalemente come le foglie ad un albero, allora è meglio che non venga affatto”.
Continuando la conversazione comunque, Fanny guadagna la fiducia di Keats e lui le offre una migliore spiegazione: “La poesia va compresa tramite i sensi. Arrivati al punto di immersione in un lago non si pensa subito a nuotare fino alla riva; bisogna restare nel lago, provare la sensazione dell’acqua. Non devi uscire dal lago. Si tratta di una esperienza al di là del pensiero. La poesia lenisce e incoraggia l'anima ad accettare il mistero ".
Da questo momento Fanny sviluppa una ossessione per la poesia – e soprattutto per i poemi di Keats- e occasionalmente recita a memoria i suoi versi. E’ attraverso Fanny che molto della poesia del film rivela se stessa, sia dalla sua memoria, che letta a lei da Keats stesso.
Tra le poesie citate nel film alcuni passi di Endymione, “Quando temo che io possa cessare di essere”, L’occhio di santa Agnese, Ode a Nightingale”, “La belle dame sans merci” e la breve poesia Bright Star, probabilmente scritta per la sua musa,
The film not only reveals the evolution of their young love, but traces Brawne's introduction and immersion into Keats's world of poetry, beginning with apathy and ending with passionate involvement.
Though at the time the lovers meet, in 1818, Keats has already established himself in the literary world, his career does not afford him the financial means to marry. Knowing this, Brawne's interaction with Keats is limited, so she injects herself into his life by feigning an interest in poetry.
One of the most intimate early scenes of the relationship takes place over an impromptu poetry lesson, though Keats is suspicious of Brawne. When she asks for an introduction concerning "the craft of poetry," Keats dismisses the notion: "Poetic craft is a carcass, a sham. If poetry doesn't come as naturally as leaves to a tree, then it better not come at all."
As the conversation continues, however, Fanny earns Keats's trust, and he offers a more useful explanation: "A poem needs understanding through the senses. The point of diving in a lake is not immediately to swim to the shore; it's to be in the lake, to luxuriate in the sensation of water. You do not work the lake out. It is an experience beyond thought. Poetry soothes and emboldens the soul to accept mystery."
From that point on, Fanny develops an obsession with poetry—mostly Keats's own poems—and occasionally recites favorite verses from memory. It is through Brawne that much of the poetry of the film reveals itself, either from her memory, or read to her by Keats.
Poems excerpted in the film include the book-length sequence Endymion, "When I Have Fears that I May Cease to Be," "The Eve of St. Agnes”, "Ode to a Nightingale," "La Belle Dame Sans Merci," and the title poem, "Bright Star," which has probably written for Brawne as Keats's muse.
“Se la poesia non arriva naturalmente come le foglie su un albero è meglio che non nasca nemmeno”
Appunti di poesia (da John Keats)
E’ molto facile comprendere perché John Keats ebbe questa immagine della poesia, guardando al recente film di Jane Ch’ampio, Bright Star, dedicato agli ultimi anni della vita del poeta a wentworth; qui, nell’estate del 1818 incontrò Fanny Browne, che è diventata la Bright Star che ha ispirato al poeta il sublime.
Il film non rivle asolo l’evoluzione del loro giovane amore, ma traccia un’introduzione e una immersione della Browne nel mondo della poesia di Keats, iniziando nell’apatia e terminando in un appassionato coinvolgimento.
A quel tempo in cui i due innamorati si incontrarono, nel 1818, Keats aveva già trovato posto nel mondo della poesia, ma la sua carriera non lo aveva ancora messo in condizioni economiche per potere sposarsi. Ben cosciente di questo, il rapporto della Browne con keats aveva dei limiti, quindi lei aveva tentato di buttarsi in una finta ammirazione per la poesia.
Una delle più belle scene tra i due avviene in una improvvisata lezione di poesia, mentre Keats è sospettoso della Browne. Quando lei domanda una spiegazione introduttiva sul “mestiere della poesia”, Keats respinge il concetto “Il mestiere poetico è una carcassa, una farsa. Se la poesia non arriva naturalemente come le foglie ad un albero, allora è meglio che non venga affatto”.
Continuando la conversazione comunque, Fanny guadagna la fiducia di Keats e lui le offre una migliore spiegazione: “La poesia va compresa tramite i sensi. Arrivati al punto di immersione in un lago non si pensa subito a nuotare fino alla riva; bisogna restare nel lago, provare la sensazione dell’acqua. Non devi uscire dal lago. Si tratta di una esperienza al di là del pensiero. La poesia lenisce e incoraggia l'anima ad accettare il mistero ".
Da questo momento Fanny sviluppa una ossessione per la poesia – e soprattutto per i poemi di Keats- e occasionalmente recita a memoria i suoi versi. E’ attraverso Fanny che molto della poesia del film rivela se stessa, sia dalla sua memoria, che letta a lei da Keats stesso.
Tra le poesie citate nel film alcuni passi di Endymione, “Quando temo che io possa cessare di essere”, L’occhio di santa Agnese, Ode a Nightingale”, “La belle dame sans merci” e la breve poesia Bright Star, probabilmente scritta per la sua musa,
Saturday, 25 September 2010
Welcome (on this Earth)
Welcome: we can find this expression on various mat door in Calais, the french city-port, where thousands of clandestine immigrated are crowed together, looking for the way to arrive in England. This looking for a possibility will soon reveal a good utopia; french police controls are cruel and if you want to get England through the English Channel you have to put on your head a plastic bag to breathe. “Sans-papier” (Paperless) life is impossible; Bilal, a seventeen years old boy, coming from Kurdish-Iraq, understand it very soon; he is determinate to get his girlfriend in London, but he is stopped in Calais (and he was one week, during the journey form Iraq to France, bounded with the head in a black plastic bag).
Friday, 24 September 2010
Arna's children
Arna’s children (Palestine 2003) is a documentary by Juliano Mer Khamis. Yussef had a suicide attack in 2001. Israeli army killed Ashraf in 2002. Alla, the leader of a resistance group, was dead in 2003. The filmmaker realized a documentary of them when they were children, young actors, in the theatre group founded by his mother Arna. In April 2002 he came back to the refugee camp of Jenin, in order to know what’s happened to these boys he knew and loved. Juliano Mer Khamis, Arna’s (she is israeli-hebrew) and Saliba Khamis (Palestinian) son, currently is one of the most popular actors in Palestine. During the first Intifada his mom, Arna, realized an alternative educational project in the refugee camp of Jenin. While Israeli occupation destroyed the official educative program Arna would like t give back to Palestinian people what they’ve loose. Part of the theatre laboratory is the “stone theatre” the program by Juliano. Eight years after Arna’s death, five years after the end of the program, Juliano came back to Jenin camp and found the tragic story of “Arna’s children”. This documentary breaks, with tender brutality, every false contradiction. After he saw growing up, dreaming, and in some case, dying, “Arna’s childen” (just like documentary title) the spectators of this work, longer to give something to expectations, including a sort of reassuring pacifism, are forced to look in it, with wide eyes, an evidence that media would like to make dull.
Behind the dark side story of terrorism there are flesh and blood people, faces, names, family stories, hopes and fears. If there will be a recomposition or a reconciliation, it must happen looking human and humanizing on the others.
Arna’s Children (Palestina 2003) è un documentario di J.Mer Khamis. Yussef compie un attacco suicida nel 2001. Ashraf viene ucciso dall'esercito israeliano nel 2002. Alla, a capo di un gruppo di resistenti, trova la morte nel 2003. Il regista, che li ha filmati quando erano promettenti attori bambini nel gruppo teatrale fondato insieme alla madre Arna, nell'aprile del 2002 torna al campo profughi di Jenin, per capire che cosa ne è stato dei ragazzi che ha conosciuto e amato. Juliano Mer Khamis, figlio dell'ebrea israeliana Arna Mer e del palestinese Saliba Khamis, è oggi uno degli attori più famosi di Palestina-Israele. Durante la prima Intifada sua madre Arna dà vita a un programma educativo alternativo all'interno del campo profughi di Jenin.L'occupazione israeliana ha infatti distrutto il programma ufficiale e Arna intende risarcire i palestinesi del danno subito. Tra le varie attività del centro vi è lo "Stone Theatre", un laboratorio teatrale diretto da Juliano. A otto anni dalla morte della madre, cinque anni dopo la conclusione del progetto teatrale, Juliano torna nel campo di Jenin e scopre la tragica storia dei "ragazzi di Arna".Arna's Children è un documentario che spezza con tenera brutalità ogni falsa contrapposizione. Dopo aver visto crescere, sognare, e in alcuni casi morire, i "ragazzi di Arna" cui fa riferimento il titolo, spettatrici e spettatori di quest'opera che poco concede alle idee ricevute, incluse quelle veicolate da certo rassicurante pacifismo, si trovano costretti a guardare a occhi ben aperti un'evidenza che i media si accaniscono a rendere opaca: dietro la favola cupa del terrorismo suicida ci sono persone in carne e ossa, volti, nomi, storie familiari, speranze, paure. Se ricomposizione o riconciliazione ci sarà, dovrà passare da questo sguardo umano e umanizzante sull'Altro.
here you can find the whole documentary: please play it!
Behind the dark side story of terrorism there are flesh and blood people, faces, names, family stories, hopes and fears. If there will be a recomposition or a reconciliation, it must happen looking human and humanizing on the others.
Arna’s Children (Palestina 2003) è un documentario di J.Mer Khamis. Yussef compie un attacco suicida nel 2001. Ashraf viene ucciso dall'esercito israeliano nel 2002. Alla, a capo di un gruppo di resistenti, trova la morte nel 2003. Il regista, che li ha filmati quando erano promettenti attori bambini nel gruppo teatrale fondato insieme alla madre Arna, nell'aprile del 2002 torna al campo profughi di Jenin, per capire che cosa ne è stato dei ragazzi che ha conosciuto e amato. Juliano Mer Khamis, figlio dell'ebrea israeliana Arna Mer e del palestinese Saliba Khamis, è oggi uno degli attori più famosi di Palestina-Israele. Durante la prima Intifada sua madre Arna dà vita a un programma educativo alternativo all'interno del campo profughi di Jenin.L'occupazione israeliana ha infatti distrutto il programma ufficiale e Arna intende risarcire i palestinesi del danno subito. Tra le varie attività del centro vi è lo "Stone Theatre", un laboratorio teatrale diretto da Juliano. A otto anni dalla morte della madre, cinque anni dopo la conclusione del progetto teatrale, Juliano torna nel campo di Jenin e scopre la tragica storia dei "ragazzi di Arna".Arna's Children è un documentario che spezza con tenera brutalità ogni falsa contrapposizione. Dopo aver visto crescere, sognare, e in alcuni casi morire, i "ragazzi di Arna" cui fa riferimento il titolo, spettatrici e spettatori di quest'opera che poco concede alle idee ricevute, incluse quelle veicolate da certo rassicurante pacifismo, si trovano costretti a guardare a occhi ben aperti un'evidenza che i media si accaniscono a rendere opaca: dietro la favola cupa del terrorismo suicida ci sono persone in carne e ossa, volti, nomi, storie familiari, speranze, paure. Se ricomposizione o riconciliazione ci sarà, dovrà passare da questo sguardo umano e umanizzante sull'Altro.
here you can find the whole documentary: please play it!
Thursday, 23 September 2010
...about poetry and school
there are some exemple of teaching your own subject that helps you a lot to take the courage to trasmitt your passion for life through the subject you are involving with...
The movie "dead poet society" gave me some ideas...
"No matter what anybody tells you, words and ideas can change the world"
(qualunque cosa si dica in giro, parole e idee possono cambiare il mondo)
"we don't read and write poetry because it's cute. We read and write poetry because we are member of the human race. And the human race is filled with passion. And medicine, law, business, engineering, these are noble pursuits and necessary to sustain life. But poetry, beauty, romance, love these are what we stay alive for."
(Non leggiamo e scriviamo poesie perchè è carino. Noi leggiamo e scriviamo poesie perchè siamo membri della razza umana; e la razza umana è piena di passione. Medicina, legge, economia, ingegneria, sono nobili professioni, necessarie al nostro sostentamento; ma la poesia, la bellezza, il romanticismo, l'amore, sono queste le cose che ci tengono in vita)
"But if you listen real close, you can hear them whisper their legacy to you. Go on, lean in. Listen, you hear it? - Carpe - hear it? - Carpe, carpe diem, seize the day boys, make your lives extraordinary."
(Ma se ascoltate con attenzione, li sentirete sussurrare il loro monito. Avanti, avvicinatevi. Ascoltate, lo sentite? - Carpe - lo sentite? - Carpe, carpe diem, cogliete l'attimo ragazzi, rendete straordinaria la vostra vita)
"Todd: Truth... truth is lke a blanket that always leaves your feet cold.
Keating: To hell with them, more about the blanket!
Todd: Stretch it, pull it, it will never cover any of us. Kick at it, beat at it, it will never be enough...
keating: Don't stop!
Todd: From the moment we enter crying to the moment we leave dying, it will cover just your head as you wail and cry and scream!"
(Todd: La verità è una coperta che ti lascia scoperti i piedi -risate-
Keating: No, non ci faccia caso, continui con la coperta, mi parli della coperta!
Todd: Tu la spingi, la tiri e lei non basta mai, anche se ti dibatti, non riesci a coprirti tutto...
Keating: Non si fermi
Todd: Dal momento in cui nasci piangendo al momento in cui esci morendo, ti copre solo la faccia e tu piangi e gridi e gemi)
il vecchio zio Walt |
"It sound my barbaric YAWP over the rooftops of the world"
(E risuona il mio barbarico YAWP sopra i tetti del mondo)
"... that the powerful paly goes on and you may contribute a verse. What will your verse be?"
(... che il potente spettacolo continua e che tu puoi contribuire con un verso. Quale sarà il tuo verso?)
Tuesday, 21 September 2010
GRAZIE, Signora Tea(t)cher!
ottobre 2010-ottobre 2011
Lo scorso anno mi sono ritrovata, come tanti insegnanti precari, in una “strana” situazione; qualche anno prima tra il 1 settembre e metà ottobre ricevevo una media di 10 chiamate al giorno per supplenze da scuole di ogni ordine e grado. Il mio telefonino sembrava un centralino; un anno fa, come oggi, nulla.
Nel mio diario avevo annotato alcune righe agitate, lo scorso ottobre, che oggi ho ritrovato. E rileggendole mi sono allarmata ancora di più: in un anno, dopo tante proteste e tante promesse, non è cambiato nulla!!
“Si passa dal semplice sapere, al sapere insegnare” ha detto. Questi slogan ad effetto che la Ministra-di ferro-Gelmini sta spargendo ai quattro venti per tranquillizzare gli animi vedono solo la risposta indignata e, giustamente, arrabbiata di 42.500 docenti e 15.000 personale ATA che si sono ritrovati, oggi, senza posto di lavoro. Non ci sono scuse per tale ingiustizia. I tagli dei provvedimenti Gemini-Tremonti gettano sul lastrico intere famiglie, costringono tanti docenti, già pluri-decennalmente precari, a cambiare lavoro e a creare disoccupazione altrove, ma, soprattutto, sono la sforbiciata finale alla scuola italiana, già da anni in crisi.
“Sapere insegnare”, già; ma vogliamo parlare davvero di EDUCAZIONE?
Crede, lei, professoressa Gelmini, che sia educativo abbandonare a se stessi qualcosa come un 40% di alunni stranieri (in media, ma ci sono scuole in cui la percentuale sale anche al 70-80%) presenti, oggi, nelle scuole italiane, negando loro il diritto allo studio (che è diritto per TUTTI i giovani di questo mondo), sopprimendo le ore a disposizione per l’alfabetizzazione ed eliminando le compresenze di insegnanti sulla stessa classe? Crede sia educativo eliminare il tempo pieno nella primaria e il tempo prolungato nella secondaria? D’altra parte le famiglie, nell’anno più nero di questa crisi economica, possono permettersi altro personale a pagamento per seguire i propri figli e, se non possono, i ragazzi riempiranno i loro pomeriggi con altre attività, come giocare alla play station, guardare la tv o girovagare con gli amici! Crede che sia educativo stipare 30 (anche 33!!) ragazzi di scuola media in una stessa classe, senza tenere conto dei problemi disciplinari, degli effetti del bullismo, dei conflitti interculturali - ragazzi che peraltro vivono, ragionano e si comportano come i modelli che vedono nelle VOSTRE televisioni, quindi da ri-educare daccapo- privandoli anche del diritto al recupero riservato, da sempre, ai ragazzi in difficoltà? E i ragazzi disabili, che vedono ridursi drasticamente le ore di presenza di un insegnante di sostegno? Crede sia da considerarsi un atto educativo all’integrazione eliminare il diritto all’ora alternativa alla religione cattolica, facendo scomparire le ore dei docenti destinate a questo scopo? Crede sia educativa la riforma dell’orario scolastico? Mettiamo al centro la “I” di Inglese; per alcuni ragazzi l’italiano è già una seconda lingua da imparare, figuriamoci se si trovano a dovere imparare, da zero, anche un’altra lingua! In questo modo le classi che prevedono l’insegnamento di una seconda lingua comunitaria (francese o altro) diventano classi d’élite, mentre tutti i ragazzi stranieri e figli di immigrati si ritroveranno a scegliere il modulo più semplice; e non c’è nulla di meglio che promuovere la solidarietà tra i compagni di classe; finalmente potranno imparare l’italiano dai compagni albanesi, cinesi, nigeriani e ucraini!
Forse ha ragione, cara professoressa; gli insegnanti devono essere più preparati, adeguatamente formati. E, allora, perché da due anni non esiste nessuna struttura di formazione per i docenti, dopo la chiusura dell’ultimo ciclo di SISS!? Tante promesse, ma ancora nulla di fatto. E, di nuovo, chi ci rimette sono quegli stessi giovani insegnanti che oggi si vedono preclusa la strada verso l’insegnamento e che non vedono proposte per il futuro; quegli stessi che, con la riduzione degli organici, oggi sono mandati a casa, pur avendo contribuito in questi anni, con la loro professionalità e con l’esperienza sul campo, a “svecchiare” e a dare nuove linee educative e didattiche a questa scuola italiana.
Ma niente paura; agli insegnanti lasciati per strada verrà data la possibilità di accedere alle supplenze brevi. Aprendo una parentesi su quest’ultimo argomento: questi insegnanti sono proprio dei cretini! Accettano supplenze e sostituzioni che le scuole (cui lo stato deve oltre un miliardo di euro, mentre i fondi ora stanziati si riducono a poche migliaia di euro) pagano a distanza di mesi (o anche di anni!); ho visto persone, venute da un giorno all’altro dalla Calabria, che hanno avuto la “fortuna” di vedersi offrire una supplenza di un mese che gli è stata pagata 6, 8 mesi dopo! E questo è il meno peggio; le scuole stesse si vedono costrette a non prendere supplenti perché non sanno come pagarli! E si rimedia con sostituzioni interne, anche per 30 o 40 giorni!
E mentre si distrugge la scuola, si cerca di adeguarla ai ben più alti parametri europei introducendo l’obbligatorio insegnamento di Cittadinanza e Costituzione e contravvenendo alla nostra stessa Costituzione con leggi razziste che auspicano a un insegnamento dei dialetti nelle scuole e al reclutamento degli insegnanti su base regionale. Come si possono insegnare i valori della Costituzione quando, di fatto, si nega il diritto all’istruzione, togliendo le possibilità di un’offerta formativa qualificata e privando la scuola stessa, che di per sé dovrebbe essere gratuita (mentre oggi diventa un peso finanziario in capo alle famiglie) di fondi e risorse?
Uno studente, poi maestro, di Barbiana, ha scritto, e forse scriverebbe anche oggi: “Parlava senza guardarci. Chi insegna pedagogia all’Università, i ragazzi non ha bisogno di guardarli. Li sa tutti a mente come noi si sa le tabelline. Finalmente andò via e Lucio che aveva 36 mucche nella stalla disse: <<La scuola sarà sempre meglio della merda>>. Questa frase va scolpita sulla porta delle vostre scuole. Milioni di ragazzi sono pronti a sottoscriverla. (…) L’anno dopo ero maestro. Cioè lo ero tre mezze giornate a settimana. Insegnavo geografia matematica e francese a prima media. Per scorrere un atlante o spiegare le frazioni non occorre la laurea. Se sbagliavo qualcosa poco male. Era un sollievo per i ragazzi. Si cercava insieme. Le ore passavano serene senza paura e senza soggezione. Lei non sa fare scuola come me.”
Grazie signora Teatcher è una commedia-dark inglese del 1996, con Ewan McGregor, Pete Postlethwaite, ambientata nella cittadina di minatori di Grimley; una commedia proletaria ambientata in una inghilterra del 1989, umiliata e offesa dalla politica conservatrice e antisindacale della Lady di Ferro. In seguito alla politica di tagli della Thatcher, metà degli abitanti della piccola cittadina dello Yorkshire perdono il lavoro e con esso, quasi, la dignità. Malgrado tutto nessuno riuscirà ad impedire loro di continuare a far suonare la loro banda di ottoni. Coraggio e indignazione di chi non accetta di arrendersi.
Lo scorso anno mi sono ritrovata, come tanti insegnanti precari, in una “strana” situazione; qualche anno prima tra il 1 settembre e metà ottobre ricevevo una media di 10 chiamate al giorno per supplenze da scuole di ogni ordine e grado. Il mio telefonino sembrava un centralino; un anno fa, come oggi, nulla.
Nel mio diario avevo annotato alcune righe agitate, lo scorso ottobre, che oggi ho ritrovato. E rileggendole mi sono allarmata ancora di più: in un anno, dopo tante proteste e tante promesse, non è cambiato nulla!!
“Si passa dal semplice sapere, al sapere insegnare” ha detto. Questi slogan ad effetto che la Ministra-di ferro-Gelmini sta spargendo ai quattro venti per tranquillizzare gli animi vedono solo la risposta indignata e, giustamente, arrabbiata di 42.500 docenti e 15.000 personale ATA che si sono ritrovati, oggi, senza posto di lavoro. Non ci sono scuse per tale ingiustizia. I tagli dei provvedimenti Gemini-Tremonti gettano sul lastrico intere famiglie, costringono tanti docenti, già pluri-decennalmente precari, a cambiare lavoro e a creare disoccupazione altrove, ma, soprattutto, sono la sforbiciata finale alla scuola italiana, già da anni in crisi.
“Sapere insegnare”, già; ma vogliamo parlare davvero di EDUCAZIONE?
Crede, lei, professoressa Gelmini, che sia educativo abbandonare a se stessi qualcosa come un 40% di alunni stranieri (in media, ma ci sono scuole in cui la percentuale sale anche al 70-80%) presenti, oggi, nelle scuole italiane, negando loro il diritto allo studio (che è diritto per TUTTI i giovani di questo mondo), sopprimendo le ore a disposizione per l’alfabetizzazione ed eliminando le compresenze di insegnanti sulla stessa classe? Crede sia educativo eliminare il tempo pieno nella primaria e il tempo prolungato nella secondaria? D’altra parte le famiglie, nell’anno più nero di questa crisi economica, possono permettersi altro personale a pagamento per seguire i propri figli e, se non possono, i ragazzi riempiranno i loro pomeriggi con altre attività, come giocare alla play station, guardare la tv o girovagare con gli amici! Crede che sia educativo stipare 30 (anche 33!!) ragazzi di scuola media in una stessa classe, senza tenere conto dei problemi disciplinari, degli effetti del bullismo, dei conflitti interculturali - ragazzi che peraltro vivono, ragionano e si comportano come i modelli che vedono nelle VOSTRE televisioni, quindi da ri-educare daccapo- privandoli anche del diritto al recupero riservato, da sempre, ai ragazzi in difficoltà? E i ragazzi disabili, che vedono ridursi drasticamente le ore di presenza di un insegnante di sostegno? Crede sia da considerarsi un atto educativo all’integrazione eliminare il diritto all’ora alternativa alla religione cattolica, facendo scomparire le ore dei docenti destinate a questo scopo? Crede sia educativa la riforma dell’orario scolastico? Mettiamo al centro la “I” di Inglese; per alcuni ragazzi l’italiano è già una seconda lingua da imparare, figuriamoci se si trovano a dovere imparare, da zero, anche un’altra lingua! In questo modo le classi che prevedono l’insegnamento di una seconda lingua comunitaria (francese o altro) diventano classi d’élite, mentre tutti i ragazzi stranieri e figli di immigrati si ritroveranno a scegliere il modulo più semplice; e non c’è nulla di meglio che promuovere la solidarietà tra i compagni di classe; finalmente potranno imparare l’italiano dai compagni albanesi, cinesi, nigeriani e ucraini!
Forse ha ragione, cara professoressa; gli insegnanti devono essere più preparati, adeguatamente formati. E, allora, perché da due anni non esiste nessuna struttura di formazione per i docenti, dopo la chiusura dell’ultimo ciclo di SISS!? Tante promesse, ma ancora nulla di fatto. E, di nuovo, chi ci rimette sono quegli stessi giovani insegnanti che oggi si vedono preclusa la strada verso l’insegnamento e che non vedono proposte per il futuro; quegli stessi che, con la riduzione degli organici, oggi sono mandati a casa, pur avendo contribuito in questi anni, con la loro professionalità e con l’esperienza sul campo, a “svecchiare” e a dare nuove linee educative e didattiche a questa scuola italiana.
Ma niente paura; agli insegnanti lasciati per strada verrà data la possibilità di accedere alle supplenze brevi. Aprendo una parentesi su quest’ultimo argomento: questi insegnanti sono proprio dei cretini! Accettano supplenze e sostituzioni che le scuole (cui lo stato deve oltre un miliardo di euro, mentre i fondi ora stanziati si riducono a poche migliaia di euro) pagano a distanza di mesi (o anche di anni!); ho visto persone, venute da un giorno all’altro dalla Calabria, che hanno avuto la “fortuna” di vedersi offrire una supplenza di un mese che gli è stata pagata 6, 8 mesi dopo! E questo è il meno peggio; le scuole stesse si vedono costrette a non prendere supplenti perché non sanno come pagarli! E si rimedia con sostituzioni interne, anche per 30 o 40 giorni!
E mentre si distrugge la scuola, si cerca di adeguarla ai ben più alti parametri europei introducendo l’obbligatorio insegnamento di Cittadinanza e Costituzione e contravvenendo alla nostra stessa Costituzione con leggi razziste che auspicano a un insegnamento dei dialetti nelle scuole e al reclutamento degli insegnanti su base regionale. Come si possono insegnare i valori della Costituzione quando, di fatto, si nega il diritto all’istruzione, togliendo le possibilità di un’offerta formativa qualificata e privando la scuola stessa, che di per sé dovrebbe essere gratuita (mentre oggi diventa un peso finanziario in capo alle famiglie) di fondi e risorse?
Uno studente, poi maestro, di Barbiana, ha scritto, e forse scriverebbe anche oggi: “Parlava senza guardarci. Chi insegna pedagogia all’Università, i ragazzi non ha bisogno di guardarli. Li sa tutti a mente come noi si sa le tabelline. Finalmente andò via e Lucio che aveva 36 mucche nella stalla disse: <<La scuola sarà sempre meglio della merda>>. Questa frase va scolpita sulla porta delle vostre scuole. Milioni di ragazzi sono pronti a sottoscriverla. (…) L’anno dopo ero maestro. Cioè lo ero tre mezze giornate a settimana. Insegnavo geografia matematica e francese a prima media. Per scorrere un atlante o spiegare le frazioni non occorre la laurea. Se sbagliavo qualcosa poco male. Era un sollievo per i ragazzi. Si cercava insieme. Le ore passavano serene senza paura e senza soggezione. Lei non sa fare scuola come me.”
Grazie signora Teatcher è una commedia-dark inglese del 1996, con Ewan McGregor, Pete Postlethwaite, ambientata nella cittadina di minatori di Grimley; una commedia proletaria ambientata in una inghilterra del 1989, umiliata e offesa dalla politica conservatrice e antisindacale della Lady di Ferro. In seguito alla politica di tagli della Thatcher, metà degli abitanti della piccola cittadina dello Yorkshire perdono il lavoro e con esso, quasi, la dignità. Malgrado tutto nessuno riuscirà ad impedire loro di continuare a far suonare la loro banda di ottoni. Coraggio e indignazione di chi non accetta di arrendersi.
Subscribe to:
Posts (Atom)